Ansa

il colloquio

"Sui servizi Crosetto ha ragione", dice Camporini

Ruggiero Montenegro

L'ex capo di stato maggiore della Difesa e dell'Aeronautica: “La tranquillità a cui sembravamo avviati quando si è deciso di ridurre il numero del personale ormai si è definitivamente rotta”. E sul no al corso di laurea per gli ufficiali dell'esercito è netto: "Visione faziosa"

Crosetto “è ragionevole”. Cavo Dragone? “Ha posto un tema di sicurezza, le sue parole sono state fraintese”. E dell’Università di Bologna che dice no ai militari che idea si è fatto? “Faziosa. Un episodio grave”, risponde Vincenzo Camporini, già capo di stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica. Il generale si muove tra l’attualità, le polemiche, e le necessità delle Forze armate, quelle che hanno spinto Crosetto ad annunciare una serie di proposte. Tra queste l’intenzione di dotare il ministero della Difesa di un proprio servizio di intelligence. “E’ un’esigenza reale, una proposta assolutamente ragionevole”, dice Camporini ricordando come in passato esistesse per esempio il Sios (servizio informazioni operative e situazione), “che dipendeva organicamente dalla Difesa, per quanto concerneva le attività all’estero. Dai Balcani all’Afghanistan, i militari operavano in teatri molto impegnativi e avevano bisogno di un rapporto diretto con chi cercava ed elaborava le informazioni”. Poi c’è stata la riforma del 2007: i servizi sono stati posti sotto la responsabilità di Palazzo Chigi. “Fu Cossiga, soprattutto, a volerla. All’inizio non ci sono stati grossi problemi, ma solo per il fatto che ad operare erano gli stessi agenti. Si conoscevano tra loro per cui le informazioni fluivano in modo adeguato. Col passare del tempo, con il ricambio generazionale, quel legame si è però affievolito. Così è sorta nuovamente l’esigenza di avere un più stretto rapporto per tutelare meglio la sicurezza dei militari sul campo. Per questo credo che la proposta di Crosetto sia assolutamente ragionevole. Ma certo una nuova agenzia, eventualmente, dovrà essere ben coordinata in modo da evitare duplicazioni, sovrapposizioni o conflitti”.

 

Nel frattempo il ministro vuole ampliare il numero dei militari (oggi circa 160 mila) e pensa a nuove modalità per la leva. “La tranquillità a cui sembravamo avviati quando si è deciso di ridurre il numero del personale ormai si è definitivamente rotta”, dice Camporini. “Questi numeri ridotti rappresentano oggi un fattore critico, anche perché le Forze armate hanno tra i loro compiti quello di supportare le autorità civili in caso di emergenze, sottraendo personale specializzato al suo compito principale”. Anche in questo caso siamo di fronte, secondo il generale, a una necessità obiettiva. Come soddisfarla? “Non sarà facile, anche perché il ripristino della leva, così come concepito un tempo, mi sembra abbastanza irrealistico. Ma la campagna di arruolamento a cui sta pensando Crosetto, stando a quello che si legge, mi sembra in linea con le esigenze”. Il ministro ha detto che sarà “un modello italiano”, basato sulla volontarietà. Parallelamente ha sottolineato come serva prepararsi anche sul fronte cyber. “In questo caso non solo è necessario un personale altamente specializzato e non è uno scoglio minore. Parliamo di professionalità altamente ricercate per cui se le forze armate vogliono essere attrattive devono essere in grado di fornire adeguati incentivi, e non solo di tipo economico ma anche di altra natura. Questo comporta dei problemi organizzativi non da poco, che andranno affrontati”.

 

A proposito di cyber e guerra ibrida: lunedì Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare Nato a Bruxelles, ha parlato della possibilità di un attacco ibrido preventivo nei confronti della Russia, provocando la reazione del Cremlino e polemiche anche in Italia. “Le sue parole – dice Camporini – sono state interpretate in maniera fin troppo estensiva. L’ammiraglio ha posto un problema di sicurezza, un dilemma che non è nuovo. Dobbiamo limitarci a difendere le nostre infrastrutture dagli hacker o possiamo anche avviare attività per neutralizzare chi compie questi attacchi? Parliamo di azioni che possono essere esiziali per noi”.

Torniamo all’Italia: a Bologna l’università ha detto no al corso di laurea per ufficiali dell’esercito. Lei che idea si è fatto? “Chi ha preso questa decisione ha dimostrato di avere una visione faziosa. Mi ha stupito in negativo”, risponde Camporini. “Mi sembra abbastanza grave che un’università, che è un istituzione dello stato, si rifiuti di collaborare con un’altra istituzione. E le motivazioni addotte dal preside della facoltà di Filosofia sono fragili. La prossima volta cosa facciamo? Rifiutiamo l’accesso ai neri?”, attacca il generale. “Si è trattato forse dell’espressione di alcuni gruppuscoli, che condizionano l’attività didattica. Ma per fortuna è un atteggiamento solo locale. Infatti a Roma altri docenti hanno dato la disponibilità per fornire quello stesso servizio ai nostri militari”.