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il comunicato

Il surreale comunicato dei collettivi che rivendica l'attacco alla Stampa e promette altre azioni

Il collettivo universitario autonomo, con un comunicato diffuso sui social, torna a parlare dell'irruzione al quotidiano torinese. Nessun passo indietro: "Chi ha preso la strada della contestazione non sembra avere intenzione di fermarsi tanto presto”

“La musica è cambiata da qualche mese a questa parte e, da parte nostra, speriamo proprio che continui così”, scrive in un post sui social il Cua, collettivo universitario autonomo di Torino, rivendicando l’assalto alla redazione della Stampa, nel pomeriggio di venerdì 28 novembre, promettendo altre azioni violente.

 

Il comunicato fa pensare che forse non si ha contezza di quanto accaduto: “La spontaneità della rabbia – scrive il collettivo – accumulata in due anni di bugie, si sfoga nella redazione, senza che nessuno si faccia male o che avvengano azioni eclatanti”. Come se gettare letame all’ingresso della redazione, vandalizzare con scritte le pareti, gettare a terra qualsiasi cosa capiti tra le mani e intonare cori di minaccia di morte contro i giornalisti, fossero bazzecole. Certo, nessuno si è fatto male, ma non non perché le intenzioni fossero pacifiche ma perché la redazione era vuota, i giornalisti in sciopero. Il Cua si compiace dell'azione e ne anticipa altre.  

 

"Saremmo curiosi di sapere in che modo ciò che è stato fatto impedisca alla Stampa o alla Repubblica di compiere il loro lavoro giornalistico”, continua il comunicato. I giornalisti, ovviamente e fortunatamente, continueranno a svolgere il proprio lavoro. Ma il problema non sta qui. Il problema è sentirsi legittimati a distruggere un luogo – che sia di lavoro o meno - in nome della propria ragione, della propria idea. Tra l’altro, come ampiamente ricordato da tutti, il giornale in questione è stato uno dei più attivi nel raccontare la vicenda palestinese negli ultimi anni, segnale inequivocabile che forse i “manifestanti” La Stampa non l'hanno neanche mai letta. E’ la furia ceca che non ammette sfumature di pensiero. Tutti devono aderire al blocco di pensiero inscalfibile, immutabile e incontestabile.

  

Se si parla di attacco alla libertà di stampa è solo per “distogliere l’attenzione” con una “coreografia discorsiva che ribalta responsabilità e potere. Un manicheismo facile, costruito per dissolvere ogni valutazione più profonda”, sostengono gli autonomi. Perché allora i collettivi sono famosi per non concedere spazio a chi la pensa diversamente all’interno delle università? Attaccare la sede di un giornale come une squadraccia o intimare a qualcuno di uscire da un’aula è di aiuto per una “valutazione più profonda”? Infine, l’avvertimento ai “vari sinistri compatti che si indignano” e ai “vari destri e post-fascisti": “Fanno bene a preoccuparsi perché a chi ha preso la strada della contestazione non sembra avere intenzione di fermarsi tanto presto”.  

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