Ansa
Il dibattito
“E' giusto che la Difesa abbia la sua intelligence”. Parlano i generali Tricarico e Bertolini
L'ex comandante del Covi Bertolini: "Rinunciare all'intelligence militare è stato un grave errore. Ora andiamo nella giusta direzione, anche sulla leva". E l'ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica aggiunge: "Crosetto ha ragione quando chiede maggiore autonomia. Anche sul cyber. Ma il coordinamento è un tema fondamentale"
“C’è un forma di intelligence che non può che essere gestita e controllata dal ministero. L’intelligence serve alla Difesa”, dice al Foglio il generale Marco Bertolini, ex comandante del Comitato operativo di vertice interforze (Covi). “Nulla di nuovo sotto il sole. Credo che Guido Crosetto abbia ragione quando chiede maggiore autonomia. E non solo da questo punto di vista, penso anche al cyber”, aggiunge Leonardo Tricarico, già capo di stato maggiore dell’Aeronautica. Entrambi si riferiscono alla proposta che il ministro della Difesa intende presentare nei prossimi giorni in Parlamento: una riorganizzazione delle Forze armate, necessaria secondo il ministro, per far fronte alle sfide di questi tempi. Oltre a rivedere i meccanismi della leva militare, Crosetto vorrebbe dotare il suo ministero di un proprio servizio informativo, che non dipenda più dalla presidenza del Consiglio. “La direzione – dice Bertolini – è quella giusta”. Ma il generale Tricarico precisa: “Perché sia uno strumento efficace, è fondamentale il tema del coordinamento tra i vari servizi di intelligence”.
Dal 2007, anno della riforma dell’intelligence, i servizi per la sicurezza interna ed esterna sono stati posti sotto la responsabilità di Palazzo Chigi, archiviando così il Sismi e il Sisde, agenzie che fino ad allora facevano rispettivamente riferimento al ministero dell’Interno e della Difesa. “Escludere le Forze armate dalla gestione dei servizi è stato un grave errore. Sono stati fatti passi in avanti che in realtà non lo erano. Così come l’idea di ridurre l’esercito a 90 mila uomini era sbagliata”, dice Marco Bertolini. In carriera ha ricoperto numerosi incarichi operativi ed è stato anche a capo della Brigata Folgore. “Adesso – continua – finalmente ce ne rendiamo conto e facciamo un giusto passo indietro. Certo, abbiamo perso del tempo, forse per pregiudizi ideologici o chiusura nei confronti dei militari, come dimostra la sceneggiata dell’Università di Bologna, che vuole negare l’attivazione di un percorso di studi per i giovani ufficiali delle esercito”, prosegue Bertolini. Il generale ritiene che un intervento sulle Forze armate sia insomma necessario ed è una necessità – spiega – che va anche oltre la Russia e l’attuale scenario internazionale. “Ciò non toglie che proprio da un punto di vista tecnico deve essersi un intelligence controllata direttamente dalla Difesa, non può che essere così. Questa è la realtà”.
Anche il generale Leonardo Tricarico trova sensato il modello che Crosetto vuole rilanciare. “E’ stata anche l’idea di altri ministri negli ultimi 20 anni”, ricorda l’aviatore affidandosi a una metafora: “Credo che la Difesa, ed è questa a mio parere la ratio che guida l’iniziativa del ministro, non voglia procedere con un vagone che viaggia più lento del treno. E in Italia di vagoni lenti ce ne sono molti. L’intelligence militare è solo una parte, c’è anche quella economica, quella interna e così via. Crosetto sente su di sé la grande responsabilità della difesa del paese, non vuole assoggettarsi a questa lentezza e vorrebbe quindi una maggiore autonomia. Personalmente credo abbia ragione e non solo dal punto di vista dell’intelligence militare. Penso anche al mondo cyber e al crimine informatico”. D’altra parte negli scorsi giorni il ministro ha lanciato un allarme, e un documento, sui rischi e sulle crescenti minacce della guerra ibrida. “E’ giusto che Crosetto prenda il largo”, dice ancora Tricarico, sottolineando la necessità di dotare la difesa di strumenti idonei. E tuttavia, al di là delle intenzioni è importante soprattutto la ricaduta pratica. “Per questo, affinché il risultato sia il migliore possibile, raccomanderei in ogni caso un’attività di coordinamento molto stretta tra i vari servizi”. Come mai? “In Italia il coordinamento raramente funziona, solitamente si lascia coordinare solo chi lo vuole, magari perché ottiene lustro, onori e visibilità”. Ma non ci sono solo criticità. Tricarico indica quindi quello che definisce “un modello virtuoso”, al quale ispirarsi. “Il Comitato di analisi strategica antiterrorismo – Casa – istituito dal ministero dell’Interno è uno di questi: forze di polizia e intelligence si riuniscono con regolarità e collaborano a meraviglia a seconda delle contingenze specifiche. E’ forse una delle chiavi del successo del modello italiano nella guerra al terrorismo”.
La riforma dei servizi comunque non è l’unica questione messa in campo da Crosetto – che ieri a Bruxelles ha partecipato al Consiglio Affari esteri per parlare anche di Difesa europea. Per il ministro, che ha escluso l’obbligatorietà, è necessario anche rivedere l’organizzazione delle intere Forze armate introducendo un nuovo modello italiano per il servizio militare. “Bisognerà capire cosa si intende per leva volontaria. Ma anche in questo caso – dice infine il generale Bertolini – la scelta mi sembra giusta. Dopodiché dobbiamo fare i conti con la realtà. Quando abbiamo sospeso la leva obbligatoria abbiamo per esempio rinunciato a un patrimonio immobiliare enorme in termini di caserme, abbiamo smantellato un sistema, un expertise, che non sarà affatto facile recuperare. Non si tratta soltanto di arruolare persone, ma di costruire un percorso nel suo complesso. Non è un problema da poco, toccherà rimboccarsi le maniche”.
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