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il partito della gondola

Il vento non è cambiato. In Veneto vince Stefani ma stravince Zaia “ferito” da Meloni

Carmelo Caruso e Gianluca De Rosa

La destra teme le politiche. Da oggi inizierà a vedere ancora più fantasmi (più Garofani) a ragionare, e sul serio, sulla nuova legge elettorale, a corteggiare Calenda, con più rose. Salvini intanto archivia Vannacci

Il Piave di Meloni si chiama Zaia. La Lega resiste in Veneto. Meloni non passa e Zaia umilia FdI. Il candidato di centrodestra, il leghista, Alberto Stefani, viene eletto presidente, ma FdI si lascia doppiare dalla Lega di cuore. Salvini è vivo, Zaia è eterno. Si colora di rosso la Campania, vince Roberto Fico, e la Puglia si trasforma in masseria Antonio Decaro. La chiamano in Lega “una legnata a FdI”, “una risposta alla prepotenza”. Aveva ragione Zaia: dopo Zaia, il Veneto ha scelto lui (e Stefani). Dice l’ex presidente che questo è “il conto a chi ha provato in tutti i modi a fermarmi”. Giovanni Donzelli, il vero segretario di FdI, sta già spiegando che “serve una nuova legge elettorale per assicurare stabilità”. Con l’attuale legge si perde al sud. Si apre un nuovo scenario. La bilancia del potere, al governo, si raddrizza.

 

L’affluenza resta bassa, bassissima – in Veneto è del 44,6 per cento e racconta Giovanni Diamanti di Youtrend: “E’ il peggiore dato della storia veneta” – e penalizza FdI. In Campania, il partito di Meloni, con il suo candidato Edmondo Cirielli, non va oltre il 12 per cento mentre in Puglia si aggira al 17 per cento. La Lega, anche in Puglia, riesce, grazie alle alchimie di Claudio Durigon, il “mago” (vale più di Vannacci) a duellare alla pari con Forza Italia. La prima a congratularsi con Stefani è Meloni, impegnata in Angola a discutere sul piano di pace Trump per l’Ucraina. Non ci sono ancora le preferenze finali, ma, quando lo scrutinio è quasi all'80 per cento, Zaia è già andato oltre le 120 mila. Doveva essere la fine degli “eterni”, ma è la loro rinascita. La lista di Vincenzo De Luca, in Campania, tallona quella del M5s che, a dirla tutta, va male sia in Puglia sia in Veneto. Zaia senza la sua lista, come capogruppo Lega, malgrado le polemiche interne – l’adagio: “Non c’è bisogno di votarlo, tanto Zaia i voti li avrà” – riesce a ribaltare e trascinare un partito che era sceso all’otto per cento. Si parla già della presidenza del consiglio regionale da dare a Zaia, e in primavera la corsa come sindaco di Venezia. Domenica, il segretario veneto di FdI, Luca De Carlo, il migliore di Meloni (che sarebbe stato senza dubbio un buon governatore) ha postato una foto con le acque della Laguna colorata di verde da Greta Thumberg e ha annunciato: “Tranquilli, cambierà colore a breve”. Non è cambiato. Resta verde. Verde Zaia. Dicono in Lega “che era chiaramente una provocazione contro di noi”. Zaia si è sentito “ferito” da Meloni.

 

 

All’ultimo comizio dei leader, Meloni è salita sul palco ma non lo avrebbe ringraziato. Per evitare lo scippo dei voti della lista Zaia, si è vietato a Zaia di formare la sua lista ma il risultato è che ne ha beneficiato Salvini. Neppure Salvini si attendeva questo risultato e prenota di fatto la Lombardia: “Il risultato raggiunto dalla Lega in Veneto, sopra il 35 per cento, fa bene a tutti, anche alla mia Lombardia”. Zaia inizia a dire che la “questione settentrionale va risolta”, a rilanciare il modello dei due partiti Cdu/Csu. Ha stretto in questi giorni un patto con Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana, che lo propone, simpaticamente (solo simpaticamente?) presidente della Lombardia. In Campania è in bilico Sangiuliano (che già si vede sindaco di Napoli, ma se non passa torna a Parigi o a Rai Afragola?). In Veneto potrebbe restare fuori la beniamina di Elly Schlein, la segretaria dei Gd, Virginia Libero, mentre esplode Szumski il Vannacci della siringa, il candidato irregolare, scettico sui vaccini. Da oggi la destra di Meloni inizierà a vedere ancora più fantasmi (più Garofani) a ragionare, e sul serio, sulla nuova legge elettorale, a corteggiare Calenda, con più rose. Salvini archivia Vannacci ma al suo posto trova Zaia, uno Zaia liberato che può andare per mare aperto. L’unica destra che vince non somiglia alla destra e la sinistra che avanza, quella di Decaro, è molto simile alla destra di Zaia. E’ un già un nuovo soggetto: il partito della gondola.

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