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lo scenario

L'inconsistenza della sinistra in un mondo in cui la democrazia è in pericolo

Sergio Belardinelli

Elly Schlein continua ad affermare il pericolo che sta correndo la democrazia italiana rappresentato dal governo di destra, ma forse sarebbe il caso di guardare ai reali pericoli che corre l'Europa: dalla guerra in Ucraina al non poter più contare sull'ombrello difensivo offerto per decenni dagli Usa

L’improvvida uscita del segretario del Pd Elly Schlein sul pericolo per la democrazia italiana rappresentato dal governo di centrodestra non incoraggia certo pensieri alti. Il fatto poi che certe parole siano state dette all’estero le rende ancora più deprimenti. Tuttavia, trattandosi pur sempre del segretario del principale partito d’opposizione, le sue parole potrebbero suscitare anche qualche domanda seria sul passato che non vuole passare e l’inadeguatezza delle attuali classi politiche, “di sinistra” ma non solo, rispetto ai problemi che Italia ed Europa si trovano oggi a fronteggiare. 
Non si tratta più di comunismo contro nazifascismo. Sta piuttosto crollando il mondo che sembrava delinearsi subito dopo la caduta del muro di Berlino: la pax americana, la globalizzazione, l’introduzione dell’euro e un’Europa che si accontentava di essere forte economicamente, senza esserlo politicamente, mentre la Cina approfittava più di ogni altro del mercato globale. Poi, nel 2008 arrivò la famosa crisi finanziaria. Qualcuno ricorderà le parole che il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz incominciò a ripetere come un mantra a seguito di quella crisi: “Il neoliberalismo è morto”. In Italia abbiamo tradotto con “neoliberismo” e da allora a tutte le latitudini politiche abbiamo sentito parlare ossessivamente di liberismo o neoliberismo selvaggio come causa di tutti i mali del momento storico che stiamo attraversando. Se però ci guardiamo intorno, contrariamente a quanto denunciano i nemici del mercato capitalistico, non mi pare di vedere prosperare tutta quella libertà economica che piace ai liberali. E’ arrivata piuttosto una sempre maggiore concentrazione di potere economico nelle mani degli stati e di certe oligarchie tecnologiche; sono arrivati i populismi, le spinte antieuropee; è arrivato Trump sulla scena politica americana e infine è ritornata persino la guerra nel cuore dell’Europa.  


Con la guerra in Ucraina si delinea uno scenario nuovo con pericoli nuovi che richiederebbero anche una consapevolezza nuova da parte di tutti i protagonisti della scena politica europea. In primo luogo perché il pericolo russo non è un’allucinazione ma una tremenda realtà; in secondo luogo perché per fronteggiare questo pericolo non si può più contare sull’ombrello difensivo offerto per decenni dagli Stati Uniti; infine perché si sta verificando una inaudita convergenza tra Putin e l’Amministrazione americana sul giudizio che essi danno sull’Europa, considerata da entrambi un continente ancora ricco ma ormai alla deriva spirituale. 
In questo contesto che senso ha gridare contro i pericoli che corre la democrazia in Italia per via del “governo delle destre”? Non sarebbe forse il caso di concentrarsi con più determinazione su quanto sta succedendo in Ucraina? Lì sì, se vincono i russi, viene attaccata la democrazia europea e quindi anche la nostra. Ma evidentemente a sinistra, e non solo a sinistra, faticano a rendersene conto. Crollato il Muro di Berlino, finita la Guerra fredda con il regime sovietico, per molti sembra che sia finita anche la forza propulsiva del sistema liberale. Ignari della nuova guerra che si sta instaurando tra società aperte e regimi autocratici e totalitari, per costoro sembra che non ci sia altro da fare che riprendere i vecchi arnesi ideologici per scaldare il cuore dei propri sostenitori e riprendere un po’ di consenso senza curarsi troppo della realtà. E allora ecco le accuse di “fascismo”, alle quali fanno eco spesso quelle di “comunismo”, ecco la democrazia in pericolo, ecco il pacifismo delle “flottiglie” (a proposito, dove sono finite? Evidentemente a costoro l’Ucraina non interessa); ecco l’evidente distanza dalla realtà di un pensiero politico legato per lo più a individualismo radicale, relativismo etico e cultura woke, che, per fortuna, almeno in Italia, non sembra ancora aver generato come reazione la cancel culture di destra che vediamo all’opera negli Stati Uniti. 


Su questa strada dubito assai che la sinistra italiana possa costruire una proposta credibile in vista di un suo possibile ritorno al governo. Lo ha capito benissimo Carlo Calenda, sempre più smarcato dalle altre forze d’opposizione. In ogni caso, premesso che a me il governo Meloni, specialmente per quanto riguarda la politica estera, non dispiace affatto, ciò che mi colpisce, e che a maggior ragione dovrebbe colpire i dirigenti della sinistra italiana, è il fatto che, un po’ come ai tempi dei governi democristiani, anche il governo Meloni sembra avere uno dei suoi puntelli più robusti nella particolare natura dell’opposizione. Ai tempi della Dc ci si difendeva da un partito, il Pci, che incuteva timore per la sua forza; oggi sembra che gli italiani debbano difendersi da una sinistra che incute timore per la sua inconsistenza.  

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