(foto Ansa)

la nuova strategia

Spaesati dalla tregua. Ok la pace, ma dal Parlamento al calcio (fino al cinema) Israele resta il nemico: “Criminali”

Luca Roberto

I movimenti pro Pal dopo il cessate il fuoco a Gaza rilanciano la protesta puntando sulla Cisgiordania. E ricevono sponde dal campo largo. Il caso della partita Italia-Israele, con una città militarizzata

Dicono che quello  sottoscritto da Israele e Hamas “è tutt’altro che un accordo di pace”. E comunque non sono disposti ad abbassare l’intensità delle loro rivendicazioni, perché “non c’è niente da festeggiare”. Così mentre il medio oriente viveva una delle giornate più significative degli ultimi decenni, con il ritorno degli ostaggi israeliani catturati da Hamas dalle loro famiglie, mentre a Sharm el Sheik venivano poste le basi per consolidare la tregua, politici, associazioni e movimenti italiani vicini alla causa palestinese erano già pronti a rilanciare. Quasi che, spaesati dalla tregua, abbiano escluso dal loro orizzonte la possibilità di considerare la fine delle ostilità un nuovo inizio, anche per il popolo palestinese. “E allora buttiamoci sulla Cisgiordania”. Anche perché, come ripetono in molti nel campo largo (vedi Laura Boldrini), “nonostante la tregua, i crimini di Israele restano”. Se ne è avuta un’evidenza concreta in una serie di accadimenti degli ultimi due giorni.

Ieri mattina alla Camera le ong Oxfam, Amnesty International e Cospe, in rappresentanza di altre associazioni, hanno chiesto ufficialmente al governo di sospendere l’accordo di collaborazione con Israele in discussione anche al prossimo Consiglio europeo. Chiedendo un intervento di legge per bloccare il commercio con le aziende israeliane che operano nei territori palestinesi occupati in Cisgiordania. All’evento, organizzato dall’intergruppo parlamentare per la pace tra Palestina e Israele, presieduto dalla deputata del M5s Stefania Ascari, ha partecipato anche Basel Adra, regista e sceneggiatore premio Oscar per il documentario “No other Land” che racconta proprio l’occupazione israeliana in Cisgiordania. E secondo cui, come detto ieri, “se l’Italia, che finge di rispettare il diritto internazionale, vuole fare qualcosa per i palestinesi, allora riconosca lo stato di Palestina”. Per capire il tipo di accoglienza che hanno riscontrato le sue parole, basta dar conto dell’intervento di Laura Boldrini, deputata del Pd: “A Gaza si è aperto uno spiraglio di tregua, che non è pace. La pace non può significare oblio e impunità. Nessuno pensi che con questo accordo ci sia una chiusura dei conti”, ha detto l’ex presidente della Camera. Sulla stessa linea si sono espressi Riccardo Ricciardi del M5s e Marco Grimaldi di Avs (che nel corso della conferenza stampa ci ha tenuto a lodare il lavoro di Francesca Albanese, la quale ancora ieri ha dato l’ordine: continuare a boicottare fino a quando “l’apartheid andrà avanti”). 

 

Un altro fronte di chi ha ignorato la sopraggiunta esistenza di un accordo di pace è stata la partita giocata ieri sera a Udine tra Italia e Israele. Nonostante il cambio di scenario dovuto alle mutate condizioni sul campo, visto che l’Idf si è ritirato dalla Striscia e i gazawi stanno rientrando a Gaza city, per il terrore di scontri la capienza dello stadio Friuli è stata limitata a poche migliaia di persone. E soprattutto, prima della partita, per le strade del centro c’è stata un’altra manifestazione organizzata dal Comitato per la Palestina, che ha chiamato a raccolta circa 10 mila persone (3 mila secondo le forze dell’ordine). Con una città quasi militarizzata (sono state chiuse anche le sedi locali di Lega e FdI, temendo ritorsioni), gli spostamenti della delegazione israeliana sono stati secretati e gestiti da un ampio cordone di sicurezza. E, anche qui, un’ulteriore polemica politica alimentata dal centrosinistra: il responsabile sport del Pd, il deputato Mauro Berruto, per esempio ha ricordato come secondo lui la partita non si sarebbe dovuta giocare. E anche il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, sostenuto dal centrosinistra, ha definito inopportuna la scelta di giocare.

Ma passando dallo sport al cinema, anche sul maxi schermo le richieste di boicottaggio di Israele proseguono. Ne è prova l’appello firmato da 45 associazioni dello spettacolo (e non solo, c’è anche l’Anpi di Roma) per chiedere “il boicottaggio di film, autori, registi, produttori e rappresentanze coinvolti con le istituzioni israeliane che non denuncino l’apartheid e le politiche criminali del governo israeliano”. E anche la collaborazione con le città israeliane viene messa in discussione: come nel caso della mozione per interrompere il gemellaggio tra Milano e Tel Aviv bocciata lunedì in Consiglio comunale a Milano. Dopo la discussione ci sono stati scontri e tensioni di fronte a Palazzo Marino. Insomma se in medio oriente c’è stata una svolta forse epocale, qui da noi chi si era abituato a scendere in piazza “contro il genocidio” non ci sta a fare un passo indietro. Tanto, alla fine, chi vuole mettere Israele nel mirino trova sempre il modo di farlo.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.