Il pacifismo facile che non vede i veri nemici della pace

Claudio Cerasa

Vale in Ucraina, vale a Gaza. Il pacifismo difficile si attiva quando si riconosce che in una guerra gli aggrediti non vanno confusi con gli aggressori. L’altro pacifismo si attiva solo se può trovare una giusta causa per demonizzare l’occidente

C’è un pacifismo facile, che funziona bene nei talk-show, e c’è un pacifismo difficile, che non si intercetta quasi mai nella realtà. Il pacifismo facile è quello che scende in piazza, che manifesta, che si imbarca, che occupa le scuole, che organizza gli scioperi e che si trova perfettamente a suo agio quando al centro della proposta vi è uno schema consolidato: l’occidente che sbaglia, l’occidente che provoca, l’occidente che uccide, l’occidente che spara. Il pacifismo facile, per capirci, è quello che si trova a suo agio solo quando trasforma in nemici della pace i simboli dell’occidente e il pacifismo facile, negli ultimi mesi, negli ultimi anni, lo abbiamo visto concentrarsi molto su due fronti. In Ucraina, contro l’Europa. In medio oriente, contro Israele. Il pacifismo facile è quello che considera la difesa dell’Ucraina come un’escalation inaccettabile, è quello che considera il riarmo dell’Europa come una corsa alla guerra, è quello che considera la denuncia degli sconfinamenti russi nei paesi Nato come un’inutile isteria guerrafondaia.

   

D’altronde, il pacifista facile è lo stesso che nel 2014 fischiettò di fronte all’invasione della Crimea ed è lo stesso che nel 2022 teorizzava l’impossibilità da parte della Russia di invadere l’Ucraina, perché in fondo Putin la guerra non la vuole e se la vuole davvero la colpa è dell’occidente. Il pacifismo facile, poi, è quello che in medio oriente si trova a suo agio, nel chiedere la pace, solo quando al centro delle discussioni vi è Israele, solo quando le violenze di cui vale la pena parlare sono quelle di Netanyahu, e l’istinto del pacifista facilone, e irresponsabile, quello cioè che osserva il mondo con un occhio bendato, è sempre quello: considerare i simboli dell’occidente, quando vi è una guerra, come i veri aggressori, anche quando sono stati essi stessi aggrediti, e considerare sotto sotto chiunque si difenda dagli aggrediti diventati aggressori quasi come dei martiri della libertà, come prevede il vangelo secondo Albanese.

 

Il pacifismo facile, in buone parole, è quello che, in nome della pace, chiude gli occhi su quelli che sono i veri ostacoli della pace, specie quando i veri ostacoli della pace, quando si manifestano, sono lì a dimostrare la fallacia delle proprie teorie. Il pacifismo facile, al contrario di quello difficile, meno adatto ai talk-show ma più aderente alla realtà, in Ucraina si preoccupa solo quando le armi di cui si discute sono quelle che servono a proteggere l’occidente, non quando le armi che si svelano sono quelle puntate contro l’occidente, e sarebbe interessante chiedere ai campioni del riarmo contro l’Europa quante volte hanno manifestato contro l’Europa che si difende (molte) e quante volte hanno manifestato contro la Russia che si riarma, che si muove sui cieli della Nato, che provoca l’occidente (nessuna).

 

Al pacifismo facile si potrebbe chiedere perché la difesa di Gaza, legittima, sacrosanta, stia più a cuore della difesa dell’Ucraina, e la risposta, che non arriverà, purtroppo è scontata: le istanze pro Ucraina richiedono lo sforzo titanico di dover ammettere che quando le democrazie vengono aggredite l’occidente deve difendersi, non deve arretrare e il pacifismo facile non ammette algoritmi complessi. Al pacifismo facile, poi, si potrebbe chiedere perché, quando si parla di Gaza, quando si parla di Palestina, quando si parla di pace, la parola Hamas sia così difficile da pronunciare, anche ora che il mondo chiede a Hamas di accettare il piano di pace proposto da Trump, e anche qui la risposta è scontata: nella logica della criminalizzazione assoluta di Israele, nella logica della nazificazione del popolo ebraico, nella logica della trasformazione delle vittime dell’Olocausto nelle promotrici di un nuovo olocausto, il pacifismo, quello facilone, funziona solo se il nemico della pace è un simbolo dell’occidente e funziona meno, fa meno clic, se invece il vero nemico della pace diventa chi la pace l’ha violata e chi la pace la rimanda non volendo offrire alla Palestina di avere uno stato senza terrore, senza terroristi, senza Hamas.

 

Il pacifismo facile, e molto facilone, si attiva solo se può trovare una giusta causa per demonizzare l’occidente. Il pacifismo difficile, e poco virale, si attiva quando si riconosce che in una guerra gli aggrediti non vanno confusi con gli aggressori, quando si capisce che i terroristi non vanno confusi con i partigiani, quando si ammette che l’unico modo per non perdere la bussola quando si sogna la pace è aiutare a combattere il terrore anche quando il terrore non fa necessariamente rima con occidente. Vale in Ucraina, vale a Gaza. Pacifisti di tutto il mondo: disarmate le vostre scemenze e se ne avete il coraggio scendete in piazza, occupate le scuole, scioperate, andate in barca per smascherare, una volta per tutte, i veri nemici della pace. Più Hamas, meno pace. Più Putin, più guerre. Più occidente, più libertà.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.