
(foto Ansa)
l'analisi
La sinistra, le illusioni su Gaza e i conti che non riesce a fare con Putin
Prendere una guerra brutale per genocidio e ignorarne un’altra. Una spiegazione psicologica, dopo i fischi a Schlein alla festa del Fatto
Alla festa del Fatto quotidiano Elly Schlein non deve essere stata contenta. Fischiata appena ha parlato di Ucraina aggredita (sì, ai lettori del Fatto Putin piace e la sua Russia pure), è stata poi spinta a confessare con parole e concetti confusi che sì, a Gaza c’è il genocidio. Questo un resoconto: “[Schlein]: guardi, lo dicono anche gli esperti di genocidio in tutto il mondo. Io penso che su questo basti guardare le definizioni della convenzione che se ne è occupata e che integra tutte quelle condizioni... [brusio] ... però fatela parlare, non è una battaglia è un’intervista... [Schlein] ... questo per dire che ho letto sui giornali dei giorni scorsi che ci sarebbe stata una divisione su questo termine. ma non è vero, perché nella risoluzione dei socialdemocratici c’era esattamente un passaggio in cui si parlava delle evidenti prove che sia in corso un genocidio. Quindi non c’è stata una divisione su questo termine. Ora, quella definizione cosa dice? che serve l’intenzione di cancellare una intera popolazione, un intero gruppo etnico nazionale, e che si porta avanti con condotte come quella di ucciderne una parte, o come quella di togliere a quella parte le condizioni di vita minime per sopravvivere. Ed è l’Onu che parla di carestia, di nuovo. Quindi su questo contesto anche la lettura giornalistica di questi giorni… non raccontiamo più divisioni di quelle che ci sono [brusio, buuu e applausi] [giornalista] a me pare che tutto sommato... mi sembra che abbia risposto...”. Insomma, hanno spiegato gli intervistatori al loro pubblico, vedete, ha ammesso il peccato e si è pentita.
E magari lo farà anche sull’Ucraina perché – aggiungo – come ha detto Franceschini con Conte al Festival dell’Unità, si vince mobilitando gli estremisti propri, non dal centro – come dire, basta ragionare, andiamo tutti all’assalto, che è del resto la logica di Trump come di Vannacci. La vittoria richiederebbe quindi uno scontro fatto accendendo i propri sostenitori più aggressivi. Purtroppo non è improbabile che questo in una situazione di crisi paghi, ma certo è autodistruttivo. E se Meloni si può permettere Salvini e Vannacci perché ha quasi il 30 per cento, Forza Italia gli stessi voti della Lega e dentro la Lega ci sono anche Giorgetti, Zaia e Fedriga, un blocco di sinistra-sinistra col Pd al 20 per cento è di fatto nelle mani di Cinque stelle e Avs che lo superano.
E quindi è lecito chiedersi che forza di governo sarebbe e che politica potrebbe fare, a partire da una estera pro-putiniana, anti-israeliana e contraria alla “cricca guerrafondaia” europea basata su questi articoli di fede: a Gaza c’è il genocidio di un popolo compiuto da Israele e dai sionisti, cioè dagli ebrei e dall’occidente malvagio che li sostiene; l’Ucraina non è stata aggredita, anzi: Putin ha risposto all’aggressione di questo occidente “collettivo”, come si diceva a Mosca prima di Trump; il modello europeo è in crisi perché non garantisce i diritti per colpa dei malvagi, non per la crisi demografica, la perdita di peso e status nel mondo, il progressivo sfaldamento di quell’occidente (che tanto malvagio non era) ecc., vale a dire i fattori reali che contribuscono a una crisi che polarizza gli accesi che si vorrebbe mobilitare attorno a idee false, imboccando strade pericolose.
Purtroppo è tutto falso: sì, Mosca ha invaso l’Ucraina, e ci sono già più di un milione di morti e feriti, compresi tanti civili e bambini ucraini assegnati a famiglie russe; no, a Gaza non c’è un genocidio, c’è una guerra brutale e diretta da due gruppi politici sterminatori, che tali sono Hamas e Netanyahu e alcuni dei suoi alleati: se fino al 2023 i primi ragionavano apertamente su che fare degli ebrei dopo aver liberato la Palestina dal fiume al mare (e lo hanno lasciato intravedere il 7 ottobre), tra i secondi vi sono gruppi militanti di “aspiranti genocidi”. Si combatte così senza più distinzione tra combattenti e civili in una città dove ci sono già circa 200.000 morti e feriti, come si è fatto durante la Seconda guerra mondiale in tante citta europee e no, a Shanghai come a Stalingrado, Varsavia e Berlino, dove di civili ne sono morti a milioni.
Quello che Schlein chiama “cancellare una intera popolazione, un intero gruppo etnico nazionale” (basta pensare ai cittadini israeliani di origine araba per capire che non è così) è in realtà il ritorno della guerra come è sempre stata fino al 1945 e ha continuato a essere in molte parti allora periferiche del mondo, come dimostrano le città della Siria o dell’Iraq per restare a noi vicino. Una guerra che uccide in massa, bombarda (pensiamo a Dresda o Hiroshima), e poi a volte muove intere popolazioni, come si è fatto a più riprese anche in Europa nel 1918-23 come nel 1943-1947.
Si potrebbe anche dire che questa guerra è sempre “genocidio” per l’enormità delle sofferenze che impone, ma si perde così appunto quell’idea della cancellazione di un popolo (un termine dal significato assai ambiguo, un’incertezza che spiega la crisi della categoria “genocidio” come quella del concetto di “autodeterminazione dei popoli”). Da questo punto di vista era più “genocidaria” l’invasione di Putin, cominciata proclamando che gli ucraini erano russi che non sapevano di esserlo e andavano costretti a capirlo con le buone o le cattive, smettendo così di essere quello che volevano essere. Per fortuna la resistenza ucraina l’ha finora impedito e ci ritroviamo appunto col ritorno della guerra “vera” anche in un continente – che per molti include Israele – che pensava di averla messo al bando e che grazie al diritto internazionale lo si sarebbe poi fatto ovunque.
Ma se è così, se Gaza e Mariupol, e non solo, ricordano appunto le città polacche, ucraine o tedesche della Seconda guerra mondiale e se la prima potrebbe come loro essere alla fine svuotata in parte dei suoi abitanti come già lo è stata la seconda (dove morti e feriti sono stati decine di migliaia), viene da chiedersi perché la sinistra, e specialmente quella italiana, preferisca guardare a Gaza e non voglia saperne di quel che accade in Ucraina e succede a Mosca. Qui, per esempio, i rettori delle università russe sostengono attivamente la guerra e il regime mentre poche settimane fa i rettori di quelle israeliane hanno mandato una dura lettera di critiche a Netanyahu. E’ delle seconde però che si chiede il boicottaggio, mai delle prime.
Ci penso spesso con angoscia e non credo di avere una risposta, ma qualche ipotesi sì, e quella che mi sembra la più convincente è questa: perché se guardo a Gaza posso ancora illudermi di contare qualcosa, di poter aiutare le vittime, di essere bravo, buono e soprattutto superiore, come sono stato (o meglio mi sono sentito) per decenni. Se guardo verso Mosca capisco subito che quel mondo piacevole è finito, che non conto più molto, che la guerra esiste, che pace e diritti possono essere una dolce sicurezza dei periodi buoni ma non sono la normalità della storia. Insomma, con Gaza posso vivere ancora di illusioni, con Putin, che ha dietro la Cina, no, e devo fare i conti con la mia, la nostra crisi, che richiede risposte dolorose.
E’ una spiegazione debole, e psicologica, ma forse nei periodi di grandi e negativi cambiamenti la psicologia diventa davvero importante, come già ci dimostrano – e temo ci dimostreranno ancor più – anche leader che in periodi “normali” non sarebbero probabilmente mai stati tali. Speriamo; e soprattutto chi può non assecondi la deriva in corso sostenendo che è necessario abbandonarvisi per vincere, perché sono vittorie di cui poi ci si pentirebbe.


Il popolo ha sempre ragione
Statista? Mah, Pertini capì solo che per piacere agli italiani basta poco

Maiorino influencer