
(Ansa)
il voto in puglia
L'ira di Decaro. Tiene il punto contro Schlein e fa asse con Bettini e Conte. Resta il veto su Vendola
L'Iliade dell'ex sindaco di Bari è iniziata quest'estate quando chiamava la segretaria del Pd, ma nessuno gli rispondeva al telefono. "Non è una questione di veti. Non mi sentirei libero di lavorare", dice
E’ un’Iliade con i taralli. Antonio Decaro resiste. Ancora veto su Vendola. Cantami, o Conte, l’ira del Pelide Antonio. Dice l’ex premier al Foglio: “Se Decaro non si candida in Puglia è un guaio”. E’ iniziata così: Decaro si infuria con Schlein e sapete perché? Per mezza estate non gli risponde al telefono (“Io che ho preso mezzo milione di voti?”) e lo dice a mezzo Pd, a Conte, a Bettini. I due prendono in mano la situazione e mediano come Aiace e Ulisse con Achille: “Ti aiutiamo noi”. Michele Emiliano si fa da parte, ma resta Vendola, che è ora l’ostaggio della storia. Attenti, non è più il tormento di una candidatura, sono prove di Decaro leader. E’ la sua tenda e ci stanno entrando Gori, Conte, Bettini, Guerini: gli umiliati e offesi (da Schlein). Il cavallo di Troia si è spostato a Bari.
Ricordatelo: nel Pd tutto ciò che è semplice va reso difficile e tutto ciò che viene definito chiuso è aperto. Decaro non vuole Vendola e Schlein dice alla festa di Avs che “le liste di Avs le fa Avs”. Manicomio. Chiamiamo la Flotilla della segretaria, i suoi marinai, che ci spiegano: “La Puglia? Ma per noi è fatta. Il candidato è Decaro, se lui non vuole la candidatura di Vendola, dispiace, ma non è un problema nostro”. Alla Camera (forse costruiremo il Ponte sullo Stretto, ma da un mese qui si riparano i bagni degli uomini) Marco Grimaldi, il fedayyin di Avs tuona: “Decaro deve smetterla di fare il bullo”. Un futuro governo “testardamente unitario”, promette bene. Benissimo. Insieme all’acheo Augusto Minzolini fermiamo Angelo Bonelli, l’Ettore dei Verdi, e sentite cosa pensa: “Ma non scherziamo. Il veto a Vendola è ai limiti della Costituzione. Oggi Vendola e domani io. Si creerebbe un precedente. Avs finirebbe a sovranità limitata. La domanda che mi faccio è un’altra: vorrei sapere chi muove Decaro. Chi è il suo consigliere. Deve essere uno molto in alto, ma molto. Vorrei sapere chi lo consiglia”. E qui lo volevamo. Da Bari, chiediamo novità sull’ira funesta del Pelide Antonio, e i decariani rispondono: “Primo. In questo momento Antonio si trova a Bruxelles. Secondo. Antonio ha un filo diretto con Conte. I rapporti con l’ex premier sono ottimi”. Dall’altra parte del mondo chi si occupa di questo piccolo mondo antico, e guasto? Ovvio, se ne occupa la Croce Rossa internazionale del Pd, lui, l’Henry Dunant Goffredo Bettini, il primo a capire che il Pelide Decaro era offeso come il figlio di Teti.
E qui occorre tornare al 14 giugno. Decaro anticipa: sono pronto a correre per la Puglia, ma senza tutori (Emiliano, Vendola). Del sensale Ciccio Boccia, e della sua trattativa con Emiliano (doveva farlo ritirare, ma gli ripeteva: “Siamo tutti figli tuoi” che è come dire: fatti da parte ma resta qui) si è già scritto, quello che non si è scritto è “l’offesa”, queste telefonate fra Decaro a Schlein. Lei? Non risponde. Lui? Si intestardisce: io non cedo. Cosa accade in Puglia? Accade che Emiliano scatena la sua macchina del consenso e ordina ai suoi: preparate le liste come se io fossi candidato. Decaro telefona, telefona, a Roma, ma nulla. Ecco perché Andrea Orlando e perfino Stefano Bonaccini rilasciano interviste, dichiarazioni a favore di Decaro. Pensano: forse la segretaria, non risponde al telefono, ma legge le agenzie. Conte? Un Ulisse. Astuto. Da almeno un anno si è avvicinato a Decaro e il sigillo d’amore è stata la nomina dell’assessore alla legalità (Nicola Grasso, un’icona del M5s al comune di Bari). L’ha firmata il sindaco Vito Leccese, ma è come se l’avesse firmata Decaro. E’ la Puglia la Yale della sinistra italiana. Conte capisce immediatamente che la situazione nel Pd pugliese è eccellente. Un manicomio (Attenti! Vendola potrebbe perfino candidarsi e sfidare Decaro per la presidenza). Conte accarezza Decaro, anche perché l’ira del Pelide contro chi si ritorcerà quando ci saranno le eventuali primarie di coalizione? Certamente non sul M5s o su di lui. Con chi parla Conte? Con Bettini, che a sua volta dialoga con Decaro. Bettini, pochi giorni fa, lancia l’appello, accorato: “Decaro è figlio della Puglia migliore, ma con lui si volta pagina. Ora il tempo scorre. Decaro da mesi ha dato al Pd la disponibilità a lasciare l’Europa” e aggiunge: “Tra ritardi, dilazioni, voci contrastanti (anche nel Pd) si è creato uno stato di confusione e si è prodotto un logoramento dello stesso candidato”.
Si dirà, Emiliano si è fatto da parte, ma Vendola, il Pasolini di Terlizzi, che c’entra? I decariani: “Passerebbe l’idea che la nostra richiesta fosse contro Emiliano e non lo è”. Tradotto. Gli amministratori vicini a Emiliano (parliamo di voti, consiglieri regionali) temono che Decaro “voglia azzerarci”, ma mantenere il veto su Vendola (spiegano gli amici di Decaro) risulterebbe incomprensibile. A Bari chiamano il Pelide Antonio “Decaro capaquadrata” per il taglio dei suoi capelli e perché ripete: “Io ho una faccia, solo quella”. Questa è la sua ultima nota. Non molla: “Non è una questione di veti. Non mi sentirei libero di lavorare. Ho detto fin dall’inizio che non sono né indispensabile, né tantomeno insostituibile. Non posso cominciare questa avventura senza essere chiaro”. E’ l’Iliade con i taralli. Da oggi si dirà: il tallone di Decaro.