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Editoriali
L'Ilva tra farsa e realtà
Piano vago, soldi che non ci sono, firme che saltano. In attesa di risposte vere. Cronaca di un flop
Il comune di Taranto non firmerà l’accordo proposto dal ministro delle Imprese Adolfo Urso sul nuovo, ipotetico piano di rilancio dell’ex Ilva. Lo ha deciso il sindaco Piero Bitetti, prendendo le distanze dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che invece spingeva per la firma fin dal primo giorno. Emiliano, dopo anni passati a raccontare che Ilva doveva essere chiusa e che solo lo Stato glielo impediva, ha cambiato linea. Ora si dice pronto a sostenere un piano di rilancio, pur in assenza di certezze concrete. Ma la verità è che Ilva è morta, definitivamente, nel momento in cui il governo Meloni ha deciso di sottrarla ad ArcelorMittal, rinunciando anche al riavvio dell’altoforno 5. Oggi, secondo il piano Urso, i tre altoforni ancora parzialmente attivi dovrebbero tornare a pieno regime a partire dal 2026, rimanendo operativi fino al 2032. Peccato che quegli impianti siano a fine vita: non reggono senza causare emissioni, incidenti, fermi, e soprattutto senza drenare miliardi di risorse pubbliche, sotto forma di prestiti ponte mai restituiti, cassa integrazione per oltre 4.000 lavoratori e continui interventi tampone.
Nel frattempo, la gara di vendita è fallita e si procede ora verso un aggiornamento senza base d’asta. Il piano presentato dal governo – tecnicamente inattuabile – è privo di dettagli credibili su investimenti, sostenibilità ambientale e garanzie occupazionali. Persino Elly Schlein ha chiesto in una riunione con il Pd locale di firmare comunque l’intesa, “per non lasciare soli i lavoratori”. L’unico a porre una domanda sensata è stato Andrea Orlando: “Finché il ministro non dice quanti soldi mette lo stato, chi li mette, e quando arrivano, siamo nella fantaindustria”. Il governo pensava che bastasse l’accordo con la regione per piegare il comune. Ma Bitetti – sviluppista sì, ma non ingenuo – ha ritenuto inutile firmare un’intesa senza contenuti e senza impegni vincolanti. Lo stato resta muto, la regione ondeggia, il comune si sfila. Il ministro può cercare pure un investitore disposto a mettere 10 miliardi su Taranto. Ma finché non ci saranno risposte vere, Ilva resterà sospesa tra la farsa e il fantasma.
