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le missioni della premier

Meloni e l'allarme sbarchi: la triangolazione (con blitz) fra Tunisia, Turchia e Libia

Redazione

L'incremento delle partenze dei migranti agita la premier, che nel giorno della sentenza sui paesi sicuri è a Istanbul a incontrare Erdogan e Dabaiba. Si cercano contatti anche con Haftar

Mercoledì sera una riunione a Palazzo Chigi con il ministro dell’Interno. Il giorno dopo – ieri – il blitz a sorpresa in Tunisia. Oggi la visita in Turchia e la settimana prossima, pare, un’altra missione più delicata, questa volta in Libia. Giorgia Meloni teme un’ondata di sbarchi sulle coste italiane. Per il momento, secondo i dati del Viminale, i numeri sono sotto controllo: più nove per cento rispetto allo scorso anno, ma meno sessanta per cento in confronto con il 2023.  E però le informazioni della nostra intelligence arrivate sulla scrivania della premier non sono così confortanti. Da qui la decisione del tour.  

La visita di ieri, secondo la nota ufficiale del governo, è servita alla premier per fare il punto  con il presidente tunisino Kais Saied sul Piano Mattei per l’Africa. L’incontro ha avuto anche un altro risvolto: parlare della “cooperazione in materia migratoria” e sull’impegno comune, di Roma e Tunisi, “nel contrastare le reti criminali di trafficanti di esseri umani e allo stesso tempo promuovere vie legali di migrazione anche nel contesto del Processo di Roma”. 

Si cercano “approcci regionali” regionali per stabilizzare territori destabilizzati al loro interno. Con questa chiave oggi Meloni è stata a Istanbul per un vertice un vertice trilaterale tra il primo ministro del  governo di unità nazionale libico (Gun) con sede a Tripoli, Abdulhamid Dabaiba, e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. L’incontro ha affrontato un ampio ventaglio di dossier strategici, tra  cui le principali questioni regionali, appunto, la cooperazione economica, lo sfruttamento delle risorse energetiche nel  Mediterraneo e i flussi migratori. "Il presidente Meloni ha discusso con i suoi interlocutori una serie di linee d’azione per combattere le reti criminali internazionali di trafficanti di esseri umani, migliorare la prevenzione dei movimenti irregolari e sostenere la Libia nella gestione della pressione migratoria cui è sottoposta", si legge in una nota di Palazzo Chigi. 

La Libia si conferma il vero fronte fuori controllo: con 32.690 persone salpate fino a ieri, un aumento del 67 per cento rispetto alle 19.580 dello stesso periodo del 2024. In poche parole, secondo i numeri in possesso del Viminale, circa il 90 per cento dei migranti che sbarcano nelle nostre coste è partito da quelle libiche. A riguardo, il governo ha ribadito "l’impegno dell’Italia per la stabilità, l’unità e l’indipendenza della Libia e il sostegno a un processo politico, a guida libica e con la facilitazione delle Nazioni Unite, che conduca ad elezioni".

Al contrario non desta preoccupazione la Tunisia: i numeri parlano di una drastica riduzione delle partenze passate da 12.052 a 2.393 in un anno. In questo scenario la premier lavora da giorni a una trasferta in Libia, molto complicata per motivi di sicurezza. Soprattutto se la meta dovesse essere l’area cirenaica guidata da Haftar. Al centro dell’incidente diplomatico che ha visto il respingimento della delegazione italiana ed europea, di cui faceva parte anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. E intanto è arrivata oggi la sentenza della corte di giustizia europea sui paesi sicuri che boccia la linea del governo per il progetto migranti in Albania.

 

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