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L'inchiesta urbanistica e la città
Linus in difesa di Milano: “Città migliore della sua narrazione”
"Milano ha le difficoltà che incontrano altre grandi città nella gestione dell’immigrazione, delle periferie, delle diseguaglianze, ma sui social tutto viene amplificato", dice il conduttore. "Questa indagine, probabilmente, non porterà da nessuna parte. Ma una riflessione si impone, a tutti i livelli"
C’è uno strano silenzio nella Milano colpita dall’inchiesta urbanistica. “E’ come se la gente avesse paura di prendere posizione”, dice Linus, conduttore radiofonico e televisivo e pilastro alla direzione artistica di Radio Deejay. Milanese d’adozione, Linus ha conosciuto la città del grande fermento negli anni Ottanta, attorno al gruppo dei dj e musicisti di Claudio Cecchetto, ma conosce bene anche la città di oggi, sotto accusa nella sua espansione. “L’altro giorno, girando per le strade con la mia Vespa”, racconta, “provavo una bella sensazione di appartenenza nei confronti di una città a cui sono affezionato, ma al tempo stesso mi rendevo conto che è una cosa che quasi non si può dire. Si può essere orgogliosi di essere fiorentini o napoletani, non di essere milanesi: si viene subito incasellati in una posizione, uno schieramento, una fazione”. Da lì, forse, visto il momento, nasce il silenzio. “Io invece vorrei fare a voce alta un ragionamento da cittadino che ama la sua città. Ma perché Milano deve per forza diventare, nella narrazione odierna, la città degli arroganti e dei soldi, quando in realtà è e può essere molto altro? La faziosità degli ultimi anni – in politica e non solo, complici i social – ha trasformato Milano nel peggior Bronx anni Settanta. Ma la violenza che c’è a Milano è identica a quella presente in qualsiasi città europea”. Forse risalta perché Milano è l’unica città europea d’Italia.
“Milano ha le difficoltà che incontrano altre grandi città nella gestione dell’immigrazione, della periferie, delle diseguglianze, ma sui social tutto viene amplificato, e non soltanto per le vicende politico-giudiziarie di oggi. Basta che un cittadino comune veda in un tentato scippo l’occasione per postare un contenuto su Instagram per scatenare un polverone e un coro che distorcono il vissuto di Milano”. Dopodiché, dice Linus, “ci sono aspetti da migliorare, anche in campo edilizio, argomento da sempre delicato. Senza entrare nel merito dell’inchiesta, da cittadino posso dire che forse c’è stata una grande spinta nella direzione del costruire e non su altro, e che servirebbe per il futuro più attenzione al verde. Ma la città è cresciuta così velocemente, negli ultimi dieci anni, e dopo un periodo di implosione, che la materia per forza di cose era e resta difficile da maneggiare. E credo che questa indagine, probabilmente, non porterà da nessuna parte. Ma una riflessione si impone, a tutti i livelli: abbiamo sbagliato qualcosa? Come possiamo ripartire al meglio? Si imporrebbe, la riflessione, anche rispetto a chi ha dato il là all’indagine e a chi, a destra, ci è saltato sopra. Ora però i toni mi paiono più interlocutori. Forse si è capito che si stava facendo male alla città. Questa crisi è, come tutte le crisi, anche una grande opportunità”.
Milano si è risollevata dopo la guerra, dopo i bombardamenti, dopo Tangentopoli. Negli ultimi venticinque anni, sotto giunte di destra e di sinistra che hanno lavorato in continuità, ha fatto un grande balzo in avanti. Ora rischia di bloccarsi? “Milano non ha ancora assorbito il passaggio dall’economia alla finanza”, dice Linus: “E’ sempre stata una città molto operosa, la citta della Falk, della Pirelli, di Magneti Marelli, dell’Alfa Romeo. Aziende che mettevano insieme quella che una volta veniva chiamata la borghesia illuminata e la classe operaia. Ma oggi questo tipo di economia non esiste più. Non esistono più gli operai e non esistono più i ricchi illuminati. Esiste soltanto la finanza. Ma il fare soldi con i soldi, tradotto in azione, è un qualcosa che viene percepito come lontano e impalpabile da molti cittadini, come se si stesse ancora metabolizzando il cambiamento”. Negli anni Settanta e Ottanta Linus ha conosciuto una Milano piena di energie creative: “Le difficoltà erano tante, per i giovani, ma anche le occasioni e la voglia di fare. Oggi invece i ragazzi mi sembrano un po’ tagliati fuori, spettatori di scelte altrui. Peccato. Milano è migliore di come viene descritta. E non è soltanto moda e turisti che si precipitano in Corso Vittorio Emanuele, tra russi che spendono miliardi e poveracci che ciabattano davanti a negozi in cui non possono neanche entrare. E’ altro, molto altro”.
