
Il caso
La nota di Meloni a FdI per evitare sbandate: "Odio esistenziale dell'Iran contro Israele"
Il dossier dei vertici del partito ai parlamentari, mentre la premier è al G7 alle prese con le bizze di Trump. E in Via della Scrofa c'è chi dice: "E' riuscita a fargli firmare il documento sulla de-escalation"
Una panchina di legno, come in una canzone di Guccini, racconta l’incontro fra Giorgia Meloni e Donald Trump, prima che il presidente Usa lasci anzitempo il G7 canadese, “graffiando” il collega francese Emmanuel Macron. La premier italiana nella complicata gestione del tycoon può forse rivendicare un risultato: la firma a sorpresa di Trump sul comunicato congiunto dei leader nel quale si chiede la “de-escalation Israele-Iran pur riconoscendo il diritto di Israele a difendersi” essendo “costantemente chiari sul fatto che l’Iran non potrà mai possedere un'arma nucleare”. E sperando che la crisi iraniana porti appunto a una “più ampia de-escalation” in medio oriente incluso “un cessate il fuoco a Gaza”. A 8.500 chilometri da Kananaskis, a Roma, rimbalza un documento interno di Fratelli d’Italia.
Il Foglio ha visionato il paper del partito di Meloni sulla crisi di questi ultimi giorni. E’ una sorta di vademecum inviato ai parlamentari per orientarsi in questo scenario così complesso iniziato con l’attacco israeliano in Iran. Si tratta di argomenti da maneggiare con cura, di cui non a caso pochissimi eletti parlano in tv e sui giornali. Il dossier, sfornato dal centro studi di Fratelli d’Italia, assume così un valore più denso del solito. Visto che l’accademia della Fiamma è solita impartire le istruzioni su cosa dire in pubblico su tutti gli argomenti: manuale di conversazione.
In questo caso il silenzio è d’oro, ma se proprio c’è qualcuno deputato a intervenire è meglio che si attenga a questo bignami, nel senso di manuale, non del capogruppo alla Camera Galeazzo. Il cuore della nota, visionata dal Foglio, dice che “siamo preoccupati per l’evoluzione dello scenario mediorientale e per questo il governo italiano è in prima linea per favorire la de-escalation”. Dunque la soluzione della crisi, si legge nel papello meloniano, resta quella “diplomatica”. C’è un passaggio sottolineato in neretto molto forte che fa capire meglio del documento firmato dalla premier in Canada quale atteggiamento avere con il regime iraniano. Perché parla di “odio esistenziale di Teheran nei confronti di Israele”. Un odio che passa, si legge ancora, “dal finanziamento di milizie che hanno ingaggiato una guerra sanguinosa nei confronti dello stato ebraico”. La posizione di Meloni resta complicata: cammina su un filo di equilibri internazionali fra la vecchia Europa e l’uragano trumpiano, capace di fare e disfare accordi e propositi in un situazionismo continuo. Ecco perché dal G7 rivendica di aver fatto inserire nel documento e prima nella discussione la situazione a Gaza, che così tanto colpisce la nostra opinione pubblica da spingere anche il capo dello stato lo scorso 1° giugno davanti agli ambasciatori a un affondo di inisutata durezza. “L’attenzione del governo resta focalizzata anche sul conflitto, pur prendendo atto che secondo le dichiarazioni dell’Idf resta un fronte secondario: Giorgia Meloni ha ribadito al presidente Netanyahu l’urgenza di garantire l’assistenza umanitaria ai civili di Gaza. Un impegno umanitario che non è mai mancato e che anzi si è intensificato a favore di tutte le vittime civili innocenti”, termina il dispaccio interno. Una cartolina da Via della Scrofa che spiega bene il terreno in cui cammina la premier e il partito che guida. Dentro Fratelli d’Italia infatti la linea è chiara: c’è Giorgia, ha fatto post e dichiarazioni Giorgia, andiamo in scia di Giorgia, non usciamo dal seminato di Giorgia. Non solo: in queste ore è consigliato a tutti di non rispondere alle uscite di Matteo Salvini sul ruolo di Vladimir Putin come possibile mediatore in Iran, teoria di Trump, subito sposata dal capo leghista. A fare il controcanto c’è, basta e avanza il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani. Che davanti all’ipotesi di Putin negoziatore risponde con la crisi in Ucraina: “Dovrebbe pensare prima a far finire quella”. Per tutto il resto, così lontano e secondario, ci sarà sempre un vertice dei leader fra domani e giovedì appena Meloni tornerà a Roma dal Canada e convocherà un vertice per informarli sullo stato della riunione coi grandi della Terra. E magari a margine di cose così enormi, ci sarà anche lo spazio per parlare del terzo mandato per i governatori: un gioco di società, ormai, in cui tutti recitano una doppia parte in commedia.