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La stravagante proposta di riforma dei referendum di Conte. Il solito populismo

Maurizio Crippa

Il leader del Movimento 5 stelle rilancia i referendum con soglie improbabili e senza garanzie, evocando la vecchia retorica grillina. La riforma della democrazia diretta richiede rigore costituzionale, non numeri a effetto

A essere precisi, la soglia esatta sarebbe al 33,33333 periodico. Nel caso, almeno, che Giuseppe Conte abbia preso in mano il pallottoliere per determinare con aritmetica potenza quel numero dei due terzi del 50 per cento (più uno, il diavolo è sempre nel “più uno”) degli aventi diritto cui dovrebbe essere ridotto il quorum dei referendum: “Dobbiamo abbattere il quorum a un terzo (sic), portandolo al 33 per cento”. Il 33 virgola 3 periodico. E a meno che, invece, quel 33 per cento non fosse una reminiscenza dei bei tempi andati in cui il MoVimento, allora “grillino” senza divisioni decimali, con il 33 per cento si prese il Parlamento. Anche il 33 per cento in base al quale si intendevano sventrare le istituzioni  (l’apriscatole), imporre un sistema di voto basato sul modello della piattaforma Rousseau e persino di abolire la povertà era una forzatura populista. Il presidente della Corte costituzionale Giovanni Amoroso, non sfavorevole all’ipotesi di una modifica dell’inceppato istituto ha ammonito sulla delicatezza dei meccanismi.

Con saggezza, il presidente Amoroso ha spiegato al Corriere: “Si potrebbe abbassare il quorum, ma ci vorrebbe una legge costituzionale che, per bilanciare ciò, dovrebbe anche innalzare il numero di firme necessarie per proporre il quesito referendario. Si tratta di uno strumento di democrazia diretta molto delicato, sul quale eventuali interventi andrebbero ben ponderati”. Ma ieri, sempre sul Corriere, Giuseppe Conte se n’è uscito invece con la sua proposta tranchant: ridurre di un terzo il quorum, 33 virgola 3 periodico. Con quali bilanciamenti, nel momento della proposta e della raccolta delle firme dei proponenti, non è specificato. Come si intenda mantenere una regola che ha una sua ragion d’essere costituzionale – il quorum è stato considerato necessario per evitare che una minoranza cancelli leggi votate dalla maggioranza del Parlamento, in rappresentanza di tutti gli italiani – non è spiegato. Sono problemi che con la consueta faciloneria i Cinque stelle non si pongono. Anzi: “Così anche chi è contrario, sarà motivato ad andare a votare”. Che, se pure può essere una manovra ottativa, non è certo una base costituzionale adatta per tirare una soglia. E conferma invece il sospetto, di cui ha scritto Antonio Polito, che senza quorum o con un quorum ridotto a ostacolo minimale “diventiamo la Svizzera o la piattaforma Rousseau”.


Ma non è l’unico aspetto di dubbia solidità che l’approccio populista del leader Cinque stelle mette in campo. Dice infatti Conte nell’intervista: “Chiameremo tutte le forze politiche al confronto su un nuovo modello di referendum propositivo, con cui i cittadini potranno contribuire a introdurre nuove leggi”. Il che è certo una buona idea, che inoltre potrebbe forse rivitalizzare lo spirito di un istituto già esistente, sulla carta, le proposte di legge di iniziativa popolare, che però vengono regolarmente e malamente ignorate una volta giunte in Parlamento. Il problema è come sempre il metodo. Per Conte può andare bene quello “che abbiamo già sperimentato all’interno del M5s, con un risultato sorprendente”. E cioè, spiega: “Chiamare gli iscritti solo a votare con un click, con la democrazia diretta, rischiava di non farli sentire protagonisti. Per cui lo scorso anno abbiamo sperimentato con Nova un processo di democrazia partecipativa, sollecitando i nostri elettori ad avanzare proposte. E’ stato un successo. Abbiamo ricevuto 22 mila contributi e da allora il M5s ha incrementato gli iscritti del 15 per cento”. Messa così sembra una riffa, come certe petizioni senza destino o esito che appaiono a schiovere su certe piattaforme del web. Come si selezioneranno i referendum propositivi da sottoporre agli elettori? Quante firme, o “click”, saranno necessarie per non ingolfare le urne? Il referendum propositivo è un’idea interessante anche per ridare fiducia agli elettori nel proprio ruolo all’interno del processo democratico.

Ma richiede una riforma costituzionale, non basta certo una sperimentazione interna degli ex adepti di Rousseau. Una proposta di legge costituzionale “Disposizioni in materia di iniziativa legislativa popolare e di referendum” per introdurre quello propositivo è stata elaborata nel 2019, prevede ad esempio (modifica l’articolo 71 della Costituzione) che l’iniziativa legislativa popolare, supportata da almeno 500 mila elettori, sia sottoposta a referendum popolare se entro diciotto mesi le Camere non la approvano. La proposta è stata approvata dal Parlamento, ma non è stata finora promulgata. Il che non depone a favore dell’efficienza del nostro sistema legislativo. Ma certamente nemmeno a favore delle riforme fatte con la tavola dei numeri periodici.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"