
Ansa
il colloquio
Zanda (Pd) : “I referendum? Sconfitta netta. I no sulla cittadinanza? Un errore lasciare la sicurezza alla destra”
"La sinistra deve riscoprire il tema della sicurezza.", dice l'ex tesoriere dem ancora convinto che "al Pd serva un congresso sulla politica estera". Mentre sul lavoro dice: "Una discussione che va collegata alla crescita e alla visione industriale del paese. Qual è l'idea del partito?"
Niente acrobazie aritmetiche. “I referendum erano sbagliati. L’esito è stato netto e non è un risultato su cui si può discutere troppo”, dice Luigi Zanda. L’ex senatore e tesoriere del Pd commenta con il Foglio la sconfitta referendaria della Cgil e delle opposizioni. Non condivide le interpretazione secondo cui il “sì” di 13 milioni di elettori rappresenterebbe “un messaggio al governo”, come sostenuto dai leader di Pd, M5s e Avs. “Di solito – dice Zanda – chi perde i referendum fa questo conto, trasforma il voto sul quesito in un voto politico. Lo fece anche Matteo Renzi quando perse, quando perdemmo, la consultazione sulla riforma costituzionale. Renzi immaginò che quel 40 per cento fosse il consenso per il suo governo, ma non era così. Non bisogna fare nemmeno adesso lo stesso errore e pensare che quei 13 milioni siano tutti elettori che alle politiche voteranno l’opposizione”. Piuttosto, prosegue nella sua analisi l’ex senatore dem, “mi sembra che gli italiani vadano a votare sulle grandi questioni politiche di carattere generale”. Il riferimento è al 2011, quando su acqua pubblica e nucleare il quorum fu raggiunto. “Si trattava di temi chiave per il futuro, con quesiti molto chiari”. Questa volta, pur trattandosi di un aspetto fondamentale come il lavoro, gli interrogativi erano molto tecnici. “Non adatti al meccanismo referendario. Il lavoro è una materia sulla quale è più importante l’iniziativa parlamentare. E poi questi referendum a grappolo sono più difficili da spiegare e certo non facilitano gli elettori”.
E tuttavia il quesito sulla cittadinanza era invece diretto. E secondo le attese di chi l’ha sostenuto avrebbe dovuto intercettare una sensibilità molto diffusa nel centrosinistra. Ma alla fine i “no” sono stati il 34,5 per cento, una quota rilevante. “Francamente è il risultato che capisco meno”, ammette Zanda. Che la spiega così: “Veniamo da campagne d’informazione molto sbagliate, che mettono in relazione l’immigrazione con la sicurezza. Questo è l’elemento che ha determinato un dato non coerente con gli altri quattro”. La propaganda della destra ha ormai fatto breccia negli italiani e anche in un parte dell’area progressista? “La questione di fondo è che la sinistra deve riscoprire il tema della sicurezza, che dovrebbe diventare una voce primaria. E invece è stata lasciata alla destra: un errore politico gravissimo. La sicurezza – ribadisce Zanda – è essenzialmente di sinistra, perché la vittime dell’insicurezza diffusa sono soprattutto i più deboli, quelli che il nostro campo dovrebbe proteggere”.
In molti ritengono che il Pd si sia schiacciato troppo sulle posizioni barricadere della Cgil, finendo per inseguire il sindacato in questi referendum. “Che sia stata Schlein a inseguire Landini o viceversa, non è un dibattito che mi appassiona molto. Penso piuttosto che i quesiti fossero sbagliati sin dall’inizio. Anche perché, quando si perde in questo modo, è evidente che la sensibilità degli elettori non sia stata adeguatamente valutata”. Zanda sottolinea poi un altro aspetto critico emerso nel corso della campagna referendaria e confermato dalle urne. “Leggendo i giornali ho avuto la sensazione che nessuno tra i promotori credeva veramente che il quorum sarebbe stato raggiunto. In questo modo però il referendum non viene più utilizzato per abrogare una legge, ma come una prova di forza politica, a uso interno ed esterno. Così viene meno la stessa ragione costituzionale del voto”. E’ una tesi che hanno sostenuto anche i cosiddetti riformisti dem, chiedendo inoltre maggior ascolto e confronto.
A marzo Zanda aveva sollevato l’esigenza di un congresso straordinario sulla politica estera del Pd. E’ ancora convinto di questa necessità? “Continuo a pensare che ci sia bisogno di una discussione larga, approfondita e seria, sui grandi problemi internazionali. E’ la questione principale su cui la politica deve riflettere e credo anche che sia fondamentale per un partito come il Pd che ha, o almeno dovrebbe avere, l’ambizione di guidare l’alleanza di centrosinistra”. Dopo il referendum toccherà forse fare il punto anche sul lavoro. “E’ un altro aspetto ovviamente decisivo per le persone, ma da solo non basta”. Che intende? “Va collegato al tema della crescita e a quello della struttura industriale del paese. Le ultime imprese rilevanti sono per la maggior parte pubbliche. Mentre abbiamo fatto scomparire la grande industria privata. E allora – conclude Zanda – la domanda è una sola: qual è l’idea di politica economica e industriale del Pd?”.
