Il racconto

Tajani-Crosetto-Giuli: "Gaza non è di sinistra". Si spacca l'opposizione e rinasce il Terzo Polo

Carmelo Caruso

Anche la destra si tormenta per Gaza. Il dolore di Tajani, Salvini che tace mentre la sinistra si lacera. A Roma, il 7 giugno manifestano Pd, Avs, M5s ma a Milano si prepara la piazza centrista. Nel governo tensioni sul golden power

Dal singhiozzo alla piazza. Gaza fa piangere anche la destra e rinascere il Terzo polo. Tajani perde le parole in Aula, Salvini se le mangia quando Tajani, dice, sofferente, “siamo di fronte a un dolore immenso”, quei morti “innocenti feriscono i nostri valori, indignano la nostra coscienza”. Il 7 giugno, Conte, Schlein, Fratoianni, Bonelli, gli ingazati, scendono in piazza, ma Calenda e Renzi si ritrovano e manifestano a Milano, il 6. Gaza è di sinistra? Confessa Guido Crosetto, al Foglio: “Vede, anche io parteciperei a una manifestazione non violenta pacifica, tollerante, aperta a chiunque, per dire un severo basta ai massacri indiscriminati a Gaza. Peccato che nel programma, della sinistra, ci sia solo una manifestazione politica, di parte, fatta e organizzata  per motivi elettorali, violenta nei toni e nelle forme”. 

 

Gaza ridisegna i poli. La sinistra di Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli, gli ingazati, trova a Roma, la piazza, San Giovanni, ma Renzi e Calenda fanno la mossa del cavallo, di Renzi, e si ritrovano insieme, dopo il divorzio, perché non accettano la piattaforma di Pd-M5s-Avs. Il governo si trova invece, intero, sui banchi  ad ascoltare l’informativa di Tajani, il ministro lirico, il Montale della Farnesina, che si fa piccolo: “Stiamo mettendo la disponibilità del cuore”. E’ frastornato, più di Peppe Provenzano, che parla per il Pd, e bene, è frastornato perché passa, così come la sinistra che urla lo slogan “dal fiume al mare”, da Gaza al golden power e nel pomeriggio riesce pure ad annunciare che Fedez è stato annesso da Forza Italia, ospite alla festa dei giovani, grazie alla preziosa opera di Gasparri che avrebbe negoziato la pace alla Zanzara, per merito di Cruciani, il Witkoff di Radio 24. E’ da settimane che il lessico su Gaza fa esplodere la vanità dei leader, ma per una volta, sia lodato, parlano le seconde linee. Schlein sceglie Provenzano che rimprovera Tajani (“Ministro, lei non pronuncia il nome di Netanyahu. Lei non è a capo di una piccola organizzazione umanitaria, ma di un governo”) Conte sceglie il suo Riccardo Ricciardi, che, attenti, si sta ritagliando il ruolo di inviato nel Golfo del M5s, il Gazista, il retore ossimoro: “Oggi non urliamo, non gridiamo, oggi sussurriamo due parole: Palestina libera”.

 

Lo scandisce con tono così alto che Lorenzo Guerini si deve tappare le orecchie, un secondo prima di sentirlo inveire contro Tajani: “Voi siete squallidi complici di un genocidio”. Sono presenti tutti i ministri e deve essere stata Meloni a convocare la rosa, a spartirli: Salvini alla Camera, Giorgetti al Senato. Tajani chiede un minuto di silenzio e Salvini tace, Tajani dice: “I bombardamenti devono finire,  il diritto umanitario  ripristinato” e che “Hamas deve liberare tutti gli ostaggi”. Salvini che era volato a stringere la mano a Netanyahu fa smorfie e forse sotto i banchi tira calci, ingazato anche lui, ma per ragioni diverse. Gianni Cuperlo, che passa e che ha sempre la metafora magnifica pensa che “Salvini ricorda ormai il Blob di Enrico Ghezzi. E’ fuori sincrono”.

 

Per la Lega parla Eugenio Zoffili che ha una vocina cosi bassa  che nessuno si accorge della sua frase, incendiaria, del suo verbo, “ripulire”, riferito a Netanyahu, (“ci auguriamo che il suo tentativo di ripulire la Striscia vada a buon fine”). Soffrono tutti per Gaza. Dice il ministro Giuli al Foglio: “Sottoscrivo parola per parola quanto comunicato da Tajani.  Non voglio lasciare la tragedia di Gaza alle opposizioni che ne fanno una manifestazione teatrale. Si gonfia il lessico, la retorica, mentre bisognerebbe fare anziché straparlare. Essere misurati. Scattano tutti in piedi per Liliana Segre, e dico per fortuna, ma non dimentico che la nostra senatrice a vita è aggredita ogni giorno da vigliacchi incappucciati del web, aggredita e solo per aver suggerito di non usare la parola genocidio”. 

 

Si spaccano redazioni, si dimettono cdr, su Gaza, come a Repubblica, dove il “compagno” Matteo Pucciarelli, tiene testa a  Mario Orfeo, il direttore, lo Scalfari del Vomero (si sta facendo crescere il barbone per imitarlo) e che lui combatte (con il Pucciarelli, dalla terra al mare!). Si lacera la sinistra che, ricorda Guerini, non può non inserire “un chiaro riferimento all’antisemitismo” nella piattaforma del 7 giugno, si lacerano fogli, come quelli che strappa, al Senato, Alessandra Maiorino del M5s (il memorandum Italia-Israele).

 

E’ per lo strappo anche  Fratoianni che ha la sintassi, barocca, densa da comunista: “Ministro Tajani, avete scelto l’ignavia del silenzio, la vergogna della vigliaccheria, la tranquillità dell’ipocrisia”. Nessuno si accorge che, a margine, si consuma uno scontro violentissimo fra Tajani e Giorgetti sul golden power. Tajani attacca il dpcm su Unicredit e Giorgetti ne fa, anche lui, una questione di coscienza. Garantisce Giorgetti che questa volta non dice che si dimette,  per dire, ma lo fa e basta perché è sua opinione, e anche di Meloni, che ha condiviso il dpcm, che se si sanziona la Russia si deve essere conseguenti anche con le banche che con la Russia continuano a operare. Non c’è pace. Dice ancora Crosetto che lui  vorrebbe manifestare, ma che purtroppo non può farlo, almeno a Roma, perché “verrebbe usata violenza quantomeno, verbale, verso chiunque non sia dei loro”. A Milano adesso c’è però un’altra piazza, di centro, una nuova utopia: è una piazza che potrebbe un giorno scrostare il verde Lega e sostituirlo con il bianco moderato. Due nuovi poli: Utopisti e ingazati.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio