Foto X/ Fabrizio Tatarella

Tra Draghi e Tatarella

“Meloni può realizzare l'alleanza tra popolari e conservatori”. Le mire europee di FdI

Ruggiero Montenegro

"L'ex presidente della Bce ai vertici dell'Ue? Aspettiamo. Non bruciamo nomi prima del tempo", dice il capogruppo Foti. Intanto i meloniani aprono a una maggioranza europea con popolari e liberali. La presentazione del libro di Fabrizio Tatarella a Montecitorio

Un tempo avrebbero smentito seccamente, infastiditi. Oggi invece:  “Draghi in Europa? Vediamo. Non bruciamo nomi prima del tempo”, sorride Tommaso Foti, colonnello di Fratelli d’Italia. Segnali. Alla Camera si presenta il nuovo libro di Fabrizio Tatarella, nipote di Pinuccio. Motivo ricorrente: la destra è da sempre europeista e atlantista. E “Meloni può realizzare l’alleanza strutturale tra conservatori e popolari”. 

Mentre nei conciliaboli privati i conservatori si interrogano sul nome di Mario Draghi per un ruolo di vertice a Bruxelles, nella sala stampa di Montecitorio i meloniani affinano la strategia per le prossime europee. Questa volta, lo dicono chiaramente, vogliono giocare da protagonisti, uscire definitivamente dall’isolamento degli scorsi anni e far valere il nuovo peso elettorale. Anche cercando intese con i liberali. Dal modello Ursula al modello Metsola. Di Matteo Salvini, della Lega e dei suoi alleati di estrema destra, Identità e democrazia, invece non parla nessuno. 

L’occasione è la presentazione di “La destra italiana in Europa. Dall’Europarlamento ai conservatori”, un libro scritto da Fabrizio Tatarella, vicepresidente dell’omonima fondazione, che ripercorre il percorso in Europa dei conservatori. Si parte dall’Msi – dal gruppo dei “non iscritti” –  per arrivare ad Alleanza nazionale, fino a Fratelli d’Italia e a Giorgia Meloni presidente di Ecr. “Per governare l’Europa c’è bisogno di un centro collegato a una destra modernizzatrice, Pinuccio Tatarella lo diceva già nel 1998”, ricorda suo nipote Fabrizio e oggi quell’intuizione può diventare concreta sotto la guida della premier italiana. Con lui, tra i relatori, ci sono anche Francesco Giubilei, presidente della Fondazione intitolata al “ministro dell’armonia”, il parlamentare di FdI Antonio Giordano – che è pure segretario generale dei conservatori europei –  oltre al capogruppo meloniano alla Camera Tommaso Foti. Doveva esserci anche il ministro Raffaele Fitto che però non si fa vedere, era alla festa della Polizia. 

A Giubilei tocca fare gli onori di casa, introduce e modera. D’altra parte è anche l’editore di questo volume che, a sentire gli interventi dei relatori, sarà presto un punto di riferimento per una certa destra italiana. Nel frattempo prende la parola Giordano e rivendica la nuova egemonia meloniana. “Oggi in Italia essere di destra vuol dire essere conservatori”. Ma c’è di più: “Da quando Meloni è presidente di Ecr, i conservatori stanno ridisegnando la politica europea. Ora siamo determinanti”. C’è un senso di rivalsa e di riscatto nelle parole pronunciate da Giordano e dagli altri, come se dopo anni ai margini fosse arrivato il tanto atteso momento della rivincita. I conti li hanno fatti a Fiuggi, è il sotto testo.

Tocca quindi a Foti. “Si sono inventati questa storia secondo cui la destra non dovrebbe parlare d’Europa”, dice il deputato di FdI. “Ma noi abbiamo fatto un percorso all’insegna della coerenza. Sulle scelte strategiche e geopolitiche, siamo sempre stati dalla parte dell’occidente”. E gli altri? “Qualcuno invece s’è iscritto recentemente, ogni allusione alla sinistra italiana è voluta”. Orgoglio e stoccate, sprazzi di campagna elettorale. Il colonnello di FdI rilancia quindi l’Europa delle nazioni, “non un mito, ma una prospettiva politica”. Da continuare a perseguire, come d’altronde la stessa Meloni ripete ormai da anni. Resta da capire se in questo schema a trazione conservatrice possa davvero trovare spazio anche Draghi. Per la premier e il suo governo, dal Pnrr alla politica estera, rappresenterebbe una sorta di polizza, la definitiva legittimazione. Foti che ne pensa? “Aspettiamo, vediamo i risultati delle europee, i seggi. Non conviene bruciare i nomi prima del tempo”, ci dice sornione prima di sparire tra i corridoi di Montecitorio. Proviamo allora a chiederlo anche a Fabio Rampelli, di passaggio in Transatlantico. “Draghi? Io non ne ho parlato con nessuno. Oggi direi che sono speculazioni dei giornali. Ma certo – concede il presidente della Camera – se si scrivono certe cose c’è qualcuno che le racconta”. Qualcosa si muove.

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