Matteo Renzi ed Emma Bonino (Ansa)

Marciare divisi, colpire uniti

Il vecchio Terzo polo sta finalmente facendo i conti con la realtà

Claudio Cerasa

I partiti di centro sono di fronte a un bivio: continuare a considerare l’affermazione della propria identità più importante del proprio progetto politico o mostrare flessibilità e unire le forze per provare a offrire al panorama politico una piccola novità. In ogni caso sarà una buona notizia
 

Ci piacerebbe molto scaldarci per i movimenti creativi dei nostri amici del cosiddetto Terzo polo ma confessiamo che al momento non riusciamo a eccitarci troppo di fronte al dolce balletto che anima il pollaio delle alleanze creative del centro. La notizia di ieri probabilmente la conoscete. Il partito guidato da Matteo Renzi (Italia viva) ha annunciato di aver trovato un accordo con il partito guidato da Emma Bonino e Riccardo Magi (+Europa) per formare insieme con una serie di partiti più piccoli una lista per far rinascere dalle ceneri dei capricci centristi il vecchio Terzo polo (v’o ricordate?) che qualche soddisfazione in fondo la regalò alle elezioni politiche del 2022 (otto per cento). Nel corso del tempo, la storia è nota, i due formidabili ragazzacci del Terzo polo hanno trovato molte occasioni per bisticciare (pur avendo sui grandi temi quasi sempre le stesse idee) e a un certo punto, dopo un amore iniziale, i due si sono divisi arrivando a separarsi anche in Parlamento (al Senato, il partito di Renzi è riuscito a formare un gruppo, il partito di Calenda si trova all’interno del Gruppo misto, gruppo guidato da un esponente dello stesso partito, Alleanza Verdi e Sinistra, a causa del quale il partito di Calenda aveva scelto di non allearsi con il Pd nel 2022).

Oggi però c’è improvvisamente un simpatico bivio con cui fare i conti. Due opzioni: continuare a considerare l’affermazione della propria identità più importante dell’affermazione del proprio progetto politico o mostrare flessibilità e unire le forze per provare a offrire al panorama politico una piccola novità. Il bivio è dunque chiaro: Renzi, con abilità, ha convinto il partito di Bonino e Magi a non andare con il Pd, che fino all’ultimo ha provato a portare a casa +Europa, e nel compiere questa operazione ha messo di fronte al partito di Calenda un problema mica da poco: restare fedele al Calenda che un tempo tifava per la creazione di un Terzo polo allargato o restare fedele al Calenda che più recentemente ha detto che mai e poi mai avrebbe voluto fare una lista insieme con Renzi? Panico e sorrisi (e una speranza: rimettere insieme i vecchi amori).

Ma nel caos del vecchio Terzo polo qualche buona notizia c’è. La prima: sempre più partiti capiscono che quando non si vota si può marciare uniti mentre quando si vota occorre colpire uniti. La seconda: sempre più partiti capiscono che unire le forze è cruciale non solo quando tocca misurarsi in un contesto proporzionale ma anche quando il bipolarismo impone di scegliere da che parte stare. Le regionali di ieri e di domani da questo punto di vista sono incoraggianti: tranne il caso della Sardegna, i partiti cosiddetti centristi hanno capito che stare al centro presentando un candidato di disturbo è controproducente e  autolesionista, e così quando ne hanno avuto l’occasione Renzi e Calenda, saggiamente, hanno scelto da che parte stare In Abruzzo, con il centrosinistra. In Basilicata, con il centrodestra. In Calabria, con il centrodestra. In Piemonte è probabile ancora con il centrodestra (quando c’è un candidato di Forza Italia, il campo largo si forma a destra non a sinistra). 

 

Dunque, per noi eroi dell’ottimismo forzato, tre buone notizie ci sono, nel mondo del cosiddetto centrismo: consapevolezza che da soli non si va lontano, consapevolezza che il bipolarismo continua a essere imperante, consapevolezza che senza schierarsi non si fa altro che essere irrilevanti. La piccola speranza che coltiviamo è che alla fine, alle europee, tutti i partiti alternativi ai blocchi di centrodestra e centrosinistra, partiti che in Parlamento votano quasi sempre gli stessi provvedimenti (tranne sul salario minimo), combattono quasi sempre le stesse battaglie (vedi la giustizia), mostrano la giusta distanza dal Pd quando sbanda sul grillismo (occhio all’Ucraina) e dal centrodestra quando sbanda sul sovranismo (occhio all’Ucraina), trovino un modo per mettere da parte i capricci e mettere insieme le proprie idee. Non perché, come si dice, vi sia una prateria al centro (nella stagione del post populismo, essere antipopulisti non è più una rendita di posizione semplice da maneggiare) ma perché avere un insieme di forze politiche votate al bilanciamento degli estremismi delle due coalizioni è un bene non solo per gli elettori che potrebbero votare quei partiti ma anche per gli elettori moderati che sognano di avere un centrosinistra non schiacciato sul modello Conte e un centrodestra non schiacciato sul modello Salvini.

I dettagli dell’operazione sono importanti (e l’accozzaglia che sta nascendo dietro al nuovo embrione di Terzo polo esiste: ma come direbbe Michele Masneri, vabbè). Ma la ciccia è più interessante dei dettagli. E la ciccia ci mostra questo. Se i partiti di centro troveranno un modo per unire le energie già da oggi, sarà una buona notizia. Se non troveranno un modo per farlo, sarà ugualmente una buona notizia mettere alla prova la forza elettorale delle identità dei galli per mostrare loro con la cruda realtà cosa vuol dire marciare divisi e non colpire uniti.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.