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da bruxelles

Meloni la mediatrice. Accelera sull'Ucraina e tiene a bada Orbán

Pietro Guastamacchia

Sbarcata al Consiglio europeo, la premier è subito costretta a gestire i complimenti dell'ungherese a Putin. Poi il rilancio sui defence bond e l'incontro con Guterres. E con von der Leyen l'atteggiamento si fa guardingo

Bruxelles. Sbarcata al Consiglio europeo, un vertice che si profila senza grandi traguardi, Giorgia Meloni toglie la testa dalla giacca e naviga a vista. Sul tavolo dei 27 leader Ue giovedì pomeriggio infatti i temi più caldi sono stati l’Ucraina e il conflitto in medio oriente e la premier è stata costretta a viaggiare ad alleanze variabili. A inizio vertice infatti Meloni sceglie di stare due passi lontano dall’amico Orbán che gela la sala congratulandosi via X con Vladimir Putin per la sua vittoria elettorale mentre i leader europei stanno ancora cercando il loro posto per sedersi a pranzo con il numero uno delle Nazioni unite Antonio Guterres

 

Seduta poco lontano dal segretario dell’Onu, Meloni sottolinea poi la necessità di “un’immediata pausa umanitaria a Gaza” che porti “a un cessate il fuoco sostenibile”. In un vertice che promette di incepparsi sulla dichiarazione comune sul medio oriente, stretto tra le posizioni fortemente a favore della causa palestinese di  Belgio e Spagna e il freno invece di Praga e Budapest, Meloni dunque sceglie ancora una volta la via dell’equilibrio e evidenzia come l’Ue “possa giocare un ruolo di primo piano nella soluzione della crisi”, sottolineando le sue preoccupazioni “per le prospettive di un’operazione di terra di Israele a Rafah”. Sull’Ucraina invece la premier spinge sull’acceleratore e conferma la sua apertura al tema dei defence bond, ovvero la possibilità di emettere debito comune europeo per finanziare la difesa Ue e il supporto militare a Kyiv. E sull’argomento Meloni trova un inaspettato asse con Paolo Gentiloni. Il commissario Ue infatti proprio giovedì mattina, dal pre-vertice dei socialisti, ha confermato il suo avallo all’idea della spesa comune per la difesa, lanciata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, definendolo un “passo nella direzione giusta”. Dichiarazioni in controtendenza con le posizioni espresse  dalla segretaria del Pd, Elly Schlein. Intesa con Gentiloni che si estende, per altro, anche alla riforma del Patto di stabilità, ovvero la riforma della governance economica dell’Ue che porta la firma del Commissario europeo e che è attesa al voto finale della plenaria dell’Eurocamera in aprile e potrebbe incassare il sostegno dei partiti di governo a Roma e subire invece il fuoco amico degli eurodeputati del Pd.

 

Sul tavolo del vertice Ue rimangono inoltre caldi anche i temi dell’agricoltura, soprattutto della liberalizzazione dei dazi sull’import di grano e prodotti agricoli ucraini, su cui Orbán ancora una volta promette barricate che possono estendersi fino a tarda notte. “Il dumping ucraino sta lentamente distruggendo gli agricoltori europei e ungheresi. La posizione ungherese è chiara: dobbiamo proteggere i nostri agricoltori” attacca Orbán. Parole a cui risponde piccato il presidente ucraino Zelensky, collegato in videoconferenza: “Vediamo che, purtroppo, l’accesso russo al mercato agricolo europeo è ancora libero, quando invece il grano ucraino viene gettato sulle strade o sui binari ferroviari”. Sul muro contro muro dell’ungherese con Kyiv torna di moda la Meloni mediatrice vista all’ultimo vertice a Bruxelles, con uno sforzo della premier per portare Orbán all’accordo finale. Spinta sostenuta dalla volontà di riportare a casa un risultato politico su un tema, come quello agricolo, che sta a cuore anche al dibattito italiano.

 

Da Meloni infine è emerso anche un atteggiamento guardingo nei confronti della quasi amica von der Leyen. La corsa della presidente della Commissione Ue verso un secondo mandato appare sempre più affaticata e nonostante le frequenti gite insieme in Nord-Africa, Meloni inizia a considerare di mantenere dalla tedesca una distanza di sicurezza. Se von der Leyen si aggiudica infatti un lungo bilaterale, di oltre mezz’ora, con Tajani a margine del pre-vertice del Ppe, con Meloni al Consiglio i rapporti appaiono più freddi. A Bruxelles d’altronde da mesi si rincorrono voci di scenari alternativi e la premier, nella sua navigazione a vista, si tiene le tutte le opzioni aperte.