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Scacco al Veneto

Salvini: “Zaia? Lo vedo bene in Europa”. Dietro al teatrino tra segretario e governatore si gioca il futuro della Lega

Francesco Gottardi

Il leader leghista liquida il presidente. Poi cita il Ponte sullo Stretto. “Servono investimenti nel rispetto della nostra regione”, replica Zaia. Più lo spingono lontano, più lui pianta radici. E per il Carroccio è un problema

È il teatrino delle circostanze. Pacche, risate, abbracci. Di più. “Luca lo sento più spesso di mia madre. Magari andremo insieme a lezione di inglese”. Sono altre, le parole che pesano. “Zaia lo vedo bene in Europa”. Fine delle cortesie: è la prima volta che Matteo Salvini lo dice fuori dai denti, a furor di microfoni. E in casa del doge, per giunta. Che dalla platea padovana ringrazia alla sua maniera: “Quali altre cariche ci sono al mondo?”. Datemi tutto, ma non Bruxelles. “Voi giornalisti non avete altro sistema per perder tempo?”. È nervoso, il governatore. Non gli piace l’argomento. Non gli piacciono le forze centrifughe che lo spingono lontano dal suo Veneto.

Figurarsi se pure amiche, in teoria. “L’abbiamo votato non so quante volte il terzo mandato”, ribatte Salvini, “ma è sempre stato noi contro tutti: alla fine siamo in una democrazia”. Dal Carroccio bandiera bianca. Bacioni. È da mesi che Via Bellerio sogna Zaia europarlamentare. Farebbe comodissimo: un nome forte in più per una campagna elettorale altrimenti disastrata e uno in meno per una regione altrimentiblindata dalla sua amministrazione. Solo che Zaia, pur corteggiato a lungo, non ne vuole sapere. Ha un impegno nei confronti dei veneti: portare a termine almeno questo mandato. E soprattutto è un vincente di natura. Salire sul deragliante treno leghista, anche no. Spiace, Matteo. E Matteo quasi ci stava. Se non fosse che qualche settimana fa, il presidente l’ha sparata grossa dal palco di Treviso.
“Una volta si chiamava Lega Nord e a me piaceva di più”. Tripudio del pubblico. “Anzi: a dirla tutta, ancora meglio Liga veneta
”. Boato, serenissime allucinazioni.

Salvini gli telefona per accertamenti. Lui dice che no, era una battuta. Idem i militanti presenti. Ma dietro la maschera – “le lezioni d’inglese”, quella giocata oggi dal ministro – il messaggio non è nemmeno tanto in codice. E talmente micidiale che nello stesso giorno Giuseppe Paolin, responsabile organizzativo leale a Salvini, lancia una petizione: Zaia capolista alle europee in tutte le circoscrizioni. Si rivelerà un flop clamoroso, 130 firme in tutto. Perché il diretto interessato fa spallucce. Sta bene attento che nessuno dei suoi uomini sul territorio pubblicizzi l’iniziativa. E aspetta che anzi si affossi da sola. La morale dello sgarro è duplice. Da una parte il doge, che a prescindere dallo sblocco dei mandati non molla: la regione resta cosa sua, in prima o per interposta persona. Dall’altra l’apparato Lega, che appunto vorrebbe “il difensore del Veneto in terra d’Europa”. Cioè allontanare l’ingombro, per spartirsi l’eredità del suo consenso.

Tecnicamente, la tappa di Salvini al centro congressi di Padova faceva parte del tour sulle grandi opere. Sono spuntati però diversi indizi elettorali. Dal potenziamento del pubblico – esteso all’ultim’ora ben oltre gli invitati istituzionali – fino alla presenza di qualche simbolico rappresentante locale. Su tutti l’assessore Marcato, con cui i sorrisi son larghi ma i ferri son corti. Oltre alla politica subliminale, Salvini alla fine parla pure di grandi opere. Strappa qualche applauso con la Pedemontana, l’autostrada di Zaia prossima all’inaugurazione definitiva. Cavalca l’onda con il nuovo tunnel del Brennero. Poi però non resiste. E spiattella ai veneti il Ponte sullo Stretto: “Sarà pronto entro il 2032”. Praticamente una dichiarazione di guerra. Cala il gelo in sala. Pure i dirigenti leghisti sono di stucco per il fuori programma. Così riecheggiano le parole dell’espulso Da Re: “Mona!”. Mentre Zaia, mezzo social, suona le sue campane. “C’è da recuperare un gap che ci vede con un -30 per cento di infrastrutture rispetto alla media nazionale”. E ancora: “Occorre programmare gli investimenti, e farlo in maniera rispettosa dei bisogni del Veneto”. Altro che Sicilia. A mezzo stampa saranno pure sviolinate. Ma tra le righe, tira già aria di resa dei conti.
 

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