Daniele Nahum (foto via danielenahum.it)

guerre lessicali

L'ex pd Daniele Nahum contro il Pd silente sull'uso del termine “genocidio” per Gaza

Marianna Rizzini

"Da ottobre a oggi l’escalation verbale e il clima di montante antisemitismo a sinistra, mascherato da antisionismo, non è stato contrastato da chi avrebbe potuto farlo”, dice l'ex vice presidente della Comunità ebraica e consigliere dem a Milano

Ha detto addio al suo partito, il Pd, al grido di “basta parlare di genocidio per Gaza”, il consigliere comunale milanese Daniele Nahum, noto esponente della Comunità ebraica locale ed ex assistente parlamentare al Parlamento europeo del consigliere regionale dem Pierfrancesco Majorino, già candidato del centrosinistra al governo della Lombardia. Non ci ripensa, Nahum, dice al Foglio, “perché da ottobre a oggi l’escalation verbale e il clima di montante antisemitismo a sinistra, mascherato da antisionismo, non è stato contrastato da chi avrebbe potuto farlo”.

 

Ce l’ha con i vertici del partito? “Nessuno ha detto e fatto nulla di fronte a quel lessico, invece io penso che un partito serio debba e possa quantomeno alzare il telefono e dire a chi parla così: ti rendi conto?”. Da qui l’uscita dalla casa politica in cui Nahum ha militato dal 2013 (in questi giorni, dice, ha però ricevuto varie telefonate e messaggi di sostegno e in direzione del “ripensaci” da parte di alcuni esponenti dem. Tra gli altri, Piero Fassino, Roberta Pinotti, Lia Quartapelle). Nahum dice che continuerà a sostenere la giunta di Beppe Sala e che continuerà a lavorare nel centrosinistra, ma “per rafforzare l’area atlantista, europeista e riformista”. Le parole del consigliere sono risuonate durante una seduta del Consiglio: “Annuncio che la mia esperienza all’interno del Pd è conclusa”, ha detto: “Hanno pesato diverse ambiguità sulla politica estera e il clima che si è prodotto in vari ambienti della sinistra dopo il 7 ottobre”. Tradotto, dice al Foglio Nahum, vuol dire “che è stata sdoganata, soprattutto negli ambienti dei Giovani democratici milanesi del Pd, la parola ‘genocidio’ in riferimento alla grande crisi umanitaria che sta vivendo la popolazione di Gaza. Un termine pericoloso, falso e inadeguato, usato in quel contesto”.

 

Dice Nahum che il termine “non è appropriato perché Israele non ha la volontà di cancellare il popolo palestinese, anche se questo non sminuisce il fatto che si stia consumando una tragedia a Gaza”, e che “l’uso reiterato del termine stesso, senza che nessuno si preoccupi di contrastarlo”, ha fatto sì che si levasse la suddetta ondata di antisemitismo “in cui si è cercato di comparare gli ebrei ai nazisti”. “C’è gente che io conosco”, dice Nahum, “che ha paura a uscire di casa, dopo aver sentito per strada, durante alcuni cortei, frasi come ‘morte agli ebrei’: cori antisemiti che, con Emanuele Fiano, abbiamo denunciato in Questura, perché un conto è protestare per i diritti del popolo palestinese, un conto è riprendere terribili slogan dell’antisemitismo millenario”. Poi, dice Nahum, c’è stato il convegno organizzato in gennaio dai Giovani Democratici del primo Municipio di Milano, con titolo su “colonialismo e apartheid in Palestina” (ospiti, tra gli altri, Francesca Albanese, relatrice all’Onu per il territorio palestinese occupato, e Moni Ovadia, artista e attivista schierato per i diritti dei palestinese). Il convegno è stato spostato in una sede non-Pd anche dopo le pubbliche proteste di Nahum. In quell’occasione c’era stato uno scambio vivace tra Nahum e Lorenzo Pacini, ventottenne assessore al Municipio I che, in difformità rispetto alla decisione del Pd locale, aveva partecipato a una manifestazione pro Palestina vietata dal Questore. “Grave errore politico”, avevano detto Nahum e l capogruppo dem in Comune Filippo Barberis.

 

La tensione interna al partito sul tema traspare a giorni alterni. E ieri l’altro consigliere comunale dem Michele Albiani ha così commentato l’uscita di Nahum: “Dispiace che Nahum abbia scelto di lasciare il Pd e immagino la difficoltà che sta vivendo, ma non accetto che ci vengano mosse accuse di favorire o fiancheggiare qualunque sorta di antisemitismo. Il pogrom del 7 ottobre non giustifica le decine di migliaia di morti per bombe, fame e malattie in una popolazione rinchiusa in un perimetro senza vie d’uscita. Il ‘sospetto’ di genocidio è sotto gli occhi di tutti”. E se si scorrono i post di Nadira Haraigue, membro della segreteria lombarda pd, la parola genocidio ricorre e il suo uso è difeso: “A Gaza è un genocidio e sarà deportazione”, ha scritto Haraigue il 31 dicembre. “E no, non straparlo di genocidio, lo è. Al di là dei tecnicismi disumani”. Nahum ripete che la sua decisione non vuole “sminuire la tragedia umanitaria in atto” e si dice  “favorevole al cessate il fuoco immediato e all’avvio dei negoziati per due popoli e due stati”, ma si dichiara “molto preoccupato: un’ondata di antisemitismo mascherata da antisionismo così non l’avevo mai vissuta in 41 anni di vita”. 
  

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.