Alberto Villanova - foto Facebook

Il ritratto

Chi è Alberto Villanova, il delfino indicato da Zaia per il futuro del Veneto

Francesco Gottardi

Nel privato odontoiatra. Nel pubblico governista, progressista, venetista. E leale al presidente senza esserne il burattino: è il simbolo della nuova Liga che piace a Zaia. Se salta il terzo mandato c’è già il piano V

Il vero erede al trono è chi si dice “pronto a tutto per Zaia presidente”. E colui che al trono non ci pensa affatto: “La partita per il terzo mandato non è finita qui”, promette Alberto Villanova dal Consiglio regionale. “La guida del Veneto è la linea del Piave per la Lega”. E la guida del Veneto, alla fine, potrebbe spettare a lui. Come rivelato dal Foglio, in questi giorni tribolati sul taccuino del doge c’è un solo cognome: quello del suo capogruppo a Palazzo Ferro Fini. Villanova il dentista: esercita la professione nel trevigiano. Villanova il paesano: è nato a Conegliano come Luca. E si sa, moglie e buoi – ma pure i delfini – meglio che parlino la stessa lingua. Magari quella veneta. “La melodia più bella”, cinguetta il consigliere, facendo il paio con Zaia dal lunedì alla domenica.

 

 

Ma perché, fra tutti i quotatissimi amministratori locali della Liga, proprio Villanova? È giovane – 43 anni da compiere – ma non inesperto. Dal 2009 ha svolto tutte le tappe della gavetta: assessore comunale, Consiglio provinciale, regione. È zaiano convinto, ma non è un burattino in mano a Zaia. È un leghista che mette “il Veneto sopra a tutto”, soprattutto sopra a Roma. Monitora il territorio e il malcontento della base. Ma non si scaglia contro i vertici come un treno – o un Marcato. Sa aspettare e conciliare. L’immagine da Pontida, ultimo raduno del Carroccio: “Mi avevano riferito che qualche collega – gli assessori dissidenti, ndr – avrebbe scelto di non salire sul palco”, spiegava Villanova. “Ne parleremo insieme con grande tranquillità: il mio lavoro è anche risolvere queste cose”. Il Mastro Lindo dei panni sporchi in casa Liga. Ma pure il megafono della sua gente: “Quando Zaia ha detto che il Leon si sta incazzando ha espresso tutta la nostra rabbia: sull’autonomia non si scherza”. Villanova è un pragmatico equilibrista, non un cerchiobottista con paura di fare.
 

E a Zaia, per un dopo Zaia sempre meno eventuale, questo serve. Il rampante consigliere è apprezzato dai militanti – 8.351 preferenze nel 2020 – per le sue iniziative civiche, dalla sicurezza alla sostenibilità ambientale. Si batte contro il prosek, ascolta gli agricoltori. E piace ai piani alti perché sa stare al suo posto. Nonostante le scottanti battaglie politiche: green pass, vaccini, fine vita, lotta al patriarcato. Villanova è un leghista progressista, perfetto esponente di quella nuova generazione auspicata da Zaia e in totale discontinuità coi Borghi, Vannacci, Salvini – ma di nuovo: senza lasciar tracce mediatiche contro il segretario. Persegue un filo conduttore che abbraccia il grande nord di padana memoria, dal Friuli-Venezia Giulia alla Lombardia. Noti i reciproci apprezzamenti con Massimiliano Fedriga, che nel 2019 lo premiò a Trieste per il suo impegno in ricordo delle foibe e dell’esodo istriano. Salda nel curriculum la sua parentesi alla Bocconi, dove Villanova – quand’era assessore all’Ambiente nella provincia di Treviso – conseguì una specializzazione in Management della pubblica amministrazione. Dalla teoria alla pratica, adesso.
 

È abbastanza lungimirante da fare spallucce, quando gli chiedono del suo futuro. Del gran salto a Palazzo Balbi. “Ci continueremo a battere in regione con la Lista Zaia”, la prima promessa. L’altra si intravede su Instagram. È scritta in greco antico, tradisce un po’ di vetero-leghismo ma suvvia, i social son social: “Molon labe”, Villanova alla Leonida e il Veneto come Sparta. Venite a prenderci. Lui e Zaia non si fan certo pregare.

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