Ansa

Nomi e confini

“Cura i bordi della coalizione”. Il dc storico Rotondi dà un consiglio post-Cagliari a Meloni

Marianna Rizzini

"Cara Giorgia, convoca subito un vertice con Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa, me e Cuffaro. Facciamo sì che questa nostra area di confine sia ricondotta a una sintesi unitaria, in coordinazione con FdI”. Il voto sardo, l'esperienza centrista, le scelte. Intervista

E’ il giorno dopo la sconfitta sarda, e nel centrodestra dovrebbe essere momento di bilanci e di lezioni. Nel senso del domandarsi: c’è per caso un problema di classe dirigente? Perché anche se Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari e candidato meloniano sconfitto da Alessandra Todde, si è caricato l’intero fardello delle colpe, assolvendo la leader di FdI e presidente del Consiglio (“è tutta mia la responsabilità, non c’entrano i fattori nazionali”, ha detto), l’idea che qualcosa nel centrodestra non funzioni a livello di profilo dei prescelti c’è. 

Che qualche problema di selezione ci sia, è evidente a partire dall’imbarazzo recente attorno a qualche esponente del governo o del parco parlamentari (dal caso Pozzolo in su e in giù). E’ una questione di appartenenza, di riconoscenza rispetto a chi c’è stato in passato, in FdI, a ostacolare il processo di scelta? O è una questione di sottovaluzione del pericolo e sopravvalutazione delle proprie forze? Gianfranco Rotondi, democristiano storico, ministro per l’Attuazione del programma nel governo Berlusconi IV, ora deputato del centrodestra meloniano, è uomo di lunga esperienza parlamentare in un partito, la Dc, che della selezione della classe dirigente faceva un perno della propria azione politica. Riflessioni? “Evitiamo intanto di mettere pezze a colori”, dice Rotondi, “visto che noi ex democristiani non siamo estranei alla sconfitta in Sardegna, con i nostri pasticci. Sarebbe presuntuoso”. I pasticci, cioè la lite con Totò Cuffaro sull’uso del simbolo della Balena Bianca. Con Rotondi che diceva a Cuffaro di aver ricevuto a suo tempo l’autorizzazione all’uso del simbolo dai rappresentanti legali della fu Dc, e Cuffaro che rispondeva no, caro Rotondi, la Dc non l’hai ricevuta in eredità. Non ci fossero stati quei pasticci, sospira Rotondi, oggi non si sarebbe qui a piangere. Ma che c’entra la Dc con il candidato perdente di FdI, il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu? “Beh, quella della classe dirigente può anche essere una chiave di lettura, ma in questo caso, dopo aver conosciuto Truzzu, dico che invece forse ha fatto troppo, il candidato: ha girato ovunque e ha disturbato molti, a partire dal cambio dei sensi di marcia a Cagliari. Come dicono i tassisti cagliaritani: buon amministratore, ma ci ha messo i bastoni tra le ruote”.

I voti sono mancati. “Intanto ognuno deve rispondere di se stesso, e lo dico io che da vent’anni ci tengo a ripresentare il simbolo della Dc, fin da quando Silvio Berlusconi mi impose di rifarla, e beh, io la rifeci, perché è nella mia natura”, dice Rotondi. “E insomma, sono affezionato a quello 0,6 per cento che la mia formazione raccoglie puntualmente. Non sono uno statista, ma un manovale della politica, e quello 0,6 io lo garantisco, lo sposto dove dico io. E stavolta da un lato faccio mea culpa perché, a forza di litigarci il simbolo, motivo per cui sono arrabbiato con Cuffaro, e anche se ho sempre detto di volergli bene, guarda che cosa è successo: con quello 0,6 per cento, in Sardegna, avrebbe vinto il centrodestra”. Dall’altro lato però al governo non c’è Rotondi e non c’è Cuffaro. Gli uomini li ha scelti FdI. “A questo punto il problema poniamolo a partire da un punto: bisogna curare i bordi della coalizione, se non si vuole trasformare un danno contingente in danno sistemico per il centrodestra. Ricordiamocelo: in una dinamica bipolare, a mio avviso oggi irreversibile, i bordi non possono essere taroccati. I bordi sono decisivi, perché sono la parte più vicina all’altra coalizione. E allora, posto che tutti dobbiamo imparare ad ascoltarci e, vista la sconfitta, fare esercizio di umiltà, senza che nessuno si comporti da incompetente, un consiglio per Meloni ce l’ho: cara Giorgia, cura i bordi, convoca subito un vertice con Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa, me e Cuffaro. Ci puoi pure prima schiaffeggiare, ci puoi fare il classico ‘paliatone’ napoletano, vista la lite sul simbolo, ma poi facciamo sì che questa nostra area di confine sia ricondotta a una sintesi unitaria, in coordinazione con FdI”. Torniamo ai nomi: il centrodestra ha un problema? “Beh, la selezione della classe politica è cosa difficile, ma cominciamo dal curare bene i bordi”. 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.