(foto Ansa)

l'asse con mosca

Lega e Russia unite. L'imbarazzo nel partito per il patto del 2017 mai sciolto con Putin. “Ma è carta straccia”

Luca Roberto

Nel Carroccio minimizzano l'accordo sottoscritto con Russia unita. "Non è mai stato implementato". Eppure nel 2022 i leghisti scelsero di non stracciare il documento. Quand'è che lo farà il vicepremier?

E’ cambiato tutto ma per la Lega nei rapporti con la Russia di fatto non è ancora cambiato nulla. Dal Carroccio continuano a ribadire come con “Putin non ci sono rapporti da anni”. Quanto qualsiasi patto stipulato in passato sia oramai “da considerare carta straccia”. Ma quando li si porta a parlare dell’accordo sottoscritto nel 2017 con Russia unita, dal partito glissano, passano oltre con un certo imbarazzo: “Non ne sappiamo nulla”. Così che quasi sembrano acquistare nuovo senso le dichiarazioni di Andrea Crippa, il numero due di Salvini, che dopo la morte di Alexei Navalny predicava calma, dicendo che “è presto per additare colpevoli”, perché “non ci sono prove”. Anche perché secondo quanto risulta al Foglio all’interruzione delle relazioni con Mosca manca la pistola fumante: l’accordo con Russia Unita, firmato nel marzo 2017 da Matteo Salvini e dal vicesegretario generale del Consiglio per le relazioni internazionali del partito di Vladimir Putin, Sergei Zheleznyak, non è mai stato sciolto. E insomma nessuno ha pensato bene di interrompere formalmente il rapporto tra i due diversi soggetti politici.

 

“Storico accordo questa mattina a Mosca fra Lega e Russia unita di Putin, rappresentato dal responsabile esteri, Sergei Zheleznyak”, aveva festeggiato sui suoi social Matteo Salvini subito dopo la firma, il 6 marzo 2017. Ed è vero che dalla Lega dicono adesso che “quell’accordo è stato stipulato in tutt’altra fase. Nel frattempo è cambiato il mondo”. E però un certo qual imbarazzo aleggia dalle parti di Via Bellerio quando si fa notare come nel frattempo nulla sia stato fatto per stoppare il tacito rinnovo del patto, che le due parti avrebbero dovuto comunicarsi entro settembre del 2021, cioè circa sei mesi prima dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Vladimir Putin. Ci si aggrappa, nella Lega, al fatto che “quel testo non è mai stato implementato. Non è mai entrato in vigore, neanche prima della guerra in Ucraina”. Eppure formalmente Lega e Russia unita, come recita il punto uno dell’accordo, ancora per i prossimi tre anni sarebbero tenute a consultarsi e scambiarsi “informazioni su temi di attualità della situazione nella Federazione Russa e nella Repubblica Italiana, sulle relazioni bilaterali e internazionali, sullo scambio di esperienze nella sfera della struttura del partito, del lavoro organizzato, delle politiche per i giovani, dello sviluppo economico, così come in altri campi di interesse reciproco”. Si capisce perché nel partito anche solo pensare che quest’accordo sia tuttora in essere sia una fonte d’imbarazzo. Soprattutto dopo la morte di Alexei Navalny. “La sua morte ci dice chiaramente che la scelta è tra libertà e gulag. E’ la mia posizione ma sono convinto che sia la posizione del partito”, dice al Foglio il deputato leghista Antonino Minardo, presidente della commissione Difesa. Il quale, quando chiediamo conto dell’accordo con Russia unita, risponde: “Non ne so veramente nulla, scusate”. 

 

Sulla natura del patto e sull’opportunità che sia tuttora in vigore abbiamo chiesto spiegazioni anche a Claudio D’Amico, ex deputato leghista, colui che per primo, insieme a Gianluca Savoini, avvicinò Matteo Salvini al presidente Putin, nei viaggi con l’associazione culturale Lombardia-Russia: “Di questo non parlo. Chiedete a Crippa”. Solo che il vicesegretario Andrea Crippa è lo stesso che, un anno dopo la stipula dell’accordo sotto la lente d’ingrandimento, ne sottoscrisse un altro molto simile tra la Lega giovani e la Giovane guardia di Russia unita. Obiettivi? “Lotta all’immigrazione clandestina, lotta al terrorismo islamico, difesa della nostra storia e identità, riconoscimento della Russia come partner imprescindibile del sistema di sicurezza internazionale e fine delle sanzioni contro la Russia”. Si capisce perché ora non sia granché propenso a prendere una netta posizione di condanna verso Mosca.

 

Ancora ieri, per aggiungere un pizzico di ambivalenza, la Lega aveva annunciato al Campidoglio, alla manifestazione per commemorare la morte di Navalny, la presenza del senatore Andrea Paganella,  fedelissimo di Salvini. Ma soprattutto uno degli emissari che lo hanno accompagnato in uno dei suoi viaggi a Mosca, nel 2018, per incontrare i rappresentanti della Confindustria russa. Anche se sul passato di Salvini s’è voluto smarcare il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo, che sempre ieri è stato contestato da alcuni manifestanti al grido di: “Vergogna”: “Il passato è passato. Quello russo è un regime autoritario”, ha detto Romeo. E pensare che per sancirlo ufficialmente, a Salvini e ai suoi basterebbe semplicemente fare un comunicato e dire: “Noi con Putin non vogliamo avere più niente a che fare”. E stracciare il patto del 2017, archiviando definitivamente certe ambiguità che si sono viste anche con i tentativi del vicepremier di volare a Mosca nel 2022. Avranno finalmente il coraggio di farlo?

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.