Un murales di Giorgia Meloni ed Elly Schlein - foto Ansa

L'editoriale del direttore

Schlein e Meloni: storia di una coppia a sorpresa che dialoga più delle attese

Claudio Cerasa

Il voto sul cessate il fuoco umanitario a Gaza, su cui la premier e la segretaria dem hanno unito i cuori, rappresenta una notizia interessante. Cinque elementi che meritano di essere isolati

Elly e Giorgia: che coppia! Sarà che a San Valentino i cuori si vedono ovunque, e si rischia spesso di vederli anche dove in verità non vi sono. Sarà che in Italia la politica ci ha ormai abituato alla formula del “famolo strano”. Sarà per tutto questo ma il fatto resta: l’abbraccio tra la leader del Pd e la presidente del Consiglio, sul voto di martedì pomeriggio in merito al cessate il fuoco umanitario a Gaza, rappresenta una notizia interessante non solo per questioni legate al merito ma anche per questioni legate al metodo. Sul merito, abbiamo scritto ieri e abbiamo segnalato il pericolo che corre una comunità internazionale, compresa l’Italia, che inizia a mettere sullo stesso piano la guerra di Hamas con quella di Israele. Sul metodo, invece, vale la pena fare una riflessione ulteriore, perché nell’abbraccio tra Elly e Giorgia vi sono almeno cinque elementi interessanti che meritano di essere isolati.
 

Il primo elemento riguarda una pulsione che Meloni continua ad alimentare: fare di tutto per trasformare Schlein nel vero capo dell’opposizione (lei, non Conte). La scelta di Meloni non si spiega però solo partendo dall’idea maliziosa che Schlein sia l’assicurazione sulla vita di Meloni. E non si spiega solo con l’idea che le due leader siano due donne costrette a difendersi spesso dai propri alleati maschi. Nel rapporto di simpatia di fondo che esiste tra Meloni e Schlein vi è molto altro. E vi è prima di tutto qualcosa che riguarda un istinto che appartiene sia al capo del governo sia al capo dell’opposizione: l’idea di essere entrambe figlie di una vecchia stagione bipolarista che potrebbe nuovamente avere un futuro. Se si sceglie poi di fare un passo in avanti e di osservare il modo in cui in Parlamento Pd e Fratelli d’Italia si sono confrontati in questi mesi si scoprirà che il dialogo tra le opposizioni avvenuto due giorni fa per la mozione su Gaza è qualcosa che in verità va al di là del singolo episodio ed è qualcosa che domina la vita della legislatura. Il Pd e il M5s accusano spesso la maggioranza di essere un pericolo per la democrazia (il M5s di solito lo fa un secondo prima di spartirsi le poltrone in Rai) ma con gli stessi presunti amici di Acca Larentia il Pd si ritrova poi a raggiungere intese quotidiane in Parlamento.
 

Da dicembre a oggi abbiamo contato, sul sito della Camera, ottantasette occasioni in cui il Partito democratico ha dato il proprio voto favorevole a provvedimenti (mozioni, ordini del giorno, leggi) votati anche dalla maggioranza e quarantasette occasioni in cui il Pd si è astenuto dinnanzi a provvedimenti approvati dalla maggioranza, sempre alla Camera. Centotrentaquattro voti in tre mesi. Più o meno due voti al giorno con la maggioranza: non proprio una dittatura. Ci si potrebbe rallegrare per le ripetute intese larghe trovate dall’opposizione e dalla maggioranza (è successo anche sul disegno di legge del governo contro la violenza sulle donne a novembre) se non fosse che buona parte dei provvedimenti approvati all’unanimità rientrano (Ucraina a parte) nella categoria dei voti ad alto tasso demagogico. La mozione su Gaza ne è un esempio (il Pd ha votato a favore, la maggioranza si è astenuta). Così come un esempio è il voto sulla carne sintetica, quando la maggioranza, ostaggio di Coldiretti, ha introdotto un divieto demagogico su un prodotto al momento già vietato in Europa in quanto non ancora approvato, che il Pd ha sostenuto con un’astensione. Così come un esempio è il voto contro l’introduzione della maggiore tutela nel mercato elettrico (il Pd ha votato contro non come FdI ma come la Lega). Così come un esempio è il voto condiviso sull’inasprimento del reato di omicidio nautico e così come potrebbe esserne un esempio la legge che a breve sarà in Aula sul cyberbullismo (in entrambi i casi intenzioni giuste, ma solito schema: c’è un problema, aumentiamo le pene). Il dialogo c’è, dunque, ma se i cuoricini di Elly e Giorgia fossero messi a disposizione più del pragmatismo che della demagogia ci guadagnerebbero forse non solo i propri partiti ma anche il paese. Pensarci, prima del prossimo abbraccio.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.