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la riforma

I dem Tonini e Morando: ecco perché aderiamo alla proposta bipartisan sul premierato

Luca Roberto

Le associazioni Libertà Eguale, Io Cambio e la Fondazione Magna Carta hanno dato vita a un documento per cercare un compromesso sulla proposta del governo. L'ex senatore del Pd Tonini: "Rifugiarsi sull'Aventino per le opposizioni non ha senso". Morando: "Una riforma serve, è necessario trovare un accordo cercando di evitare il referendum"

La notizia: un fronte bipartisan, che comprende esponenti di centrodestra e di centrosinistra, vuole provare a trovare una quadra alla riforma del premierato presentata dal governo. Le associazioni Libertà Eguale, Io Cambio e la Fondazione Magna Carta il 19 febbraio presenteranno la loro iniziativa direttamente in Senato. Tra i nomi dei firmatari del documento svettano quelli di esponenti e fondatori del Partito democratico: Michele Salvati, Enrico Morando, Giorgio Tonini, Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo. Ma ci sono anche personalità come Gaetano Quagliariello, Marco Bentivogli, Peppino Calderisi, Antonio Polito, Angelo Panebianco, Natale D’Amico e Nicola Drago. “Questo appello bipartisan cerca di convincere le forze politiche a sedersi attorno a un tavolo”, spiega al Foglio l’ex senatore del Pd Tonini. “E’ chiaro che così com’è la riforma è pasticciata, fa acqua da tutte le parti. Il primo testo non avrebbe superato l’esame di diritto costituzionale all’Università. Ma il centrodestra abbandonando il presidenzialismo e convergendo verso il premierato ha fatto un passo verso le nostre richieste. E questo non possiamo non riconoscerlo. Ecco perché bisogna rispondere a una domanda: sul punto vogliamo solo fare propaganda? Perché non ha senso rifugiarsi sull’Aventino”. Secondo Tonini, “dovremmo affrontare questo passaggio con il classico spirito costituente, e cioè quello che ricerca l’intesa”. Per questo le tre associazioni nel loro documento, a proposito della volontà di raggiungere un accordo condiviso, scrivono: “Intendiamo lavorare per costruirne le condizioni politiche, superando le già incombenti promesse di sfide referendarie, che rischierebbero di essere attratte nella contrapposizione tra governo e opposizione pro-tempore, rendendo del tutto marginale il contenuto effettivo della riforma e i suoi riflessi sul paese”.

 

L’ex viceministro Morando condivide la lettura del collega di partito Tonini: “La discussione sulla forma di governo è iniziata a metà degli anni 90. La prima iniziativa venne assunta proprio dal centrosinistra, con la tesi numero uno dell’Ulivo nel 1996. Per questo credo che per prima cosa dovremmo tornare ai fondamentali. Questa riforma è davvero necessaria? Noi crediamo di sì, che sia indispensabile per affrontare i problemi del paese. Avere un sistema di democrazia decidente è fondamentale. E i fallimenti del passato, in ultimo quello del 2016, devono indurci a tentare di trovare un’intesa. Il governo, ma anche le forze di opposizione, non possono credere che il referendum sia l’unico sbocco possibile”. Anzi, secondo l’esponente dem sono proprio le esperienze del passato a dover insegnare come “le regole debbano essere condivise, sottratte alla lotta tra maggioranza e opposizione”. In quale solco bisognerebbe lavorare? “Il terreno comune è proprio nel riconoscimento della possibile convergenza sul concetto di governo del primo ministro. Le differenze con la proposta del governo ci sono, è inutile negarlo”, aggiunge Morando. “Ma oltre a lavorare su tutto il corredo di poteri del primo ministro, correggendo storture come l’incarico al premier defunto, prevista negli emendamenti del governo, se si riconosce che invece dell’elezione diretta viene prevista un’indicazione vincolante del corpo elettorale, io credo che le due posizioni si possano avvicinare”.

Forse che il Pd, anche nella presentazione degli emendamenti alla riforma, non ha lavorato a dei veri correttivi preferendo fare ostruzione? “Ma su alcuni punti le proposte hanno segnato un avvicinamento. E credo che se si manifesta una disponibilità al dialogo le posizioni si possano avvicinare ancor di più”, dice ancora Morando. Sono state figure tecniche come Carlo Fusaro e Stefano Ceccanti a fare le pulci agli emendamenti presentati dal Pd, sostenendo che fossero “meno coerenti” di quelli del M5s nell’indicare la via tedesca. Forse il documento sottoscritto da alcuni esponenti del suo partito convincerà davvero la segretaria Schlein a sedersi al tavolo. E cercare di trovare un compromesso che sia coerente con la storia della forza politica che guida.


Qui di seguito tutte le firme dei primi sottoscrittori del documento sul premierato:

Pialuisa Bianco, Marco Bentivogli, Salvatore Bonfiglio, Giuseppe Calderisi, Corrado Caruso, Elisabetta Catelani, Stefano Ceccanti, Ludovica Chiussi Curzi, Francesco Clementi, Giovanni Cominelli, Salvatore Curreri, Natale D’Amico, Franco Debenedetti, Giuseppe de Vergottini, Giuseppe De Mita, Luca Diotallevi, Nicola Drago, Mario Esposito, Carlo Fusaro, Maurizio Griffo, Pietro Ichino, Claudia Mancina, Mario Mauro, Alberto Mingardi, Enrico Morando, Andrea Morrone, Magda Negri, Giovanni Orsina, Angelo Panebianco, Annamaria Parente, Pasquale Pasquino, Claudio Petruccioli, Antonio Polito, Francesco Posteraro, Gaetano Quagliariello, Umberto Ranieri, Michele Salvati, Mario Segni, Serena Sileoni, Giorgio Spangher, Andrea Spiri, Alessandro Sterpa, Diletta Tega, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo, Giulio Vigevani.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.