Le arance della segretaria

Schlein teme di restare la sola leader candidata e ha un problema anche in Sicilia

Carmelo Caruso

Attende Giorgia Meloni per decidere se candidarsi, il suo staff fa finta di non conoscere il dem Oddati, arrestato. Franceschini-Renzi-Salvini fanno opposizione al suo posto

Roma. E’ in gabbia e va a Gubbio. Eravamo alla Camera e abbiamo chiesto a Elly Schlein, “segretaria, ma dunque si candida alle europee?” e lei: “Io prendo una spremuta”. Segretaria, ma quanto pensa di tirarla lunga? La risposta: “Se vuole le offro una spremuta”. Segretaria, grazie della spremuta, ma questa storia sta diventando amara. A Gubbio, al seminario del Pd,  ci dirà qualcosa? La segretaria: “Una spremuta? Fa bene”. Il Pd le sta facendo il vuoto e lei fa il pieno di vitamina C. Franceschini tratta con Renzi per Firenze, che è la città di Verdini, suocero di Salvini. Si sta organizzando la rappresaglia contro Meloni e Schlein la attende (teme di restare la sola leader candidata) per andarci a braccetto. La premier la sbrana e Schlein le manda i bacetti.


Ieri pomeriggio era attesa al Senato per una conferenza stampa congiunta dei parlamentari ma la segretaria del Pd ha lasciato la scena a Braga, la capogruppo che oggi porta i parlamentari dai cappuccini, in hotel, a Gubbio, per un seminario. Per evitare la solita domanda sulle europee, sulla sua candidatura, che ormai desidera solo il suo portiere di casa, Schlein ha iniziato a schivare i giornalisti come faceva la premier i primi tempi. Questa è un’affettuosità dei suoi dirigenti locali ed è davvero la frase più sincera di cosa stia diventando il partito di Schlein: “Il Pd? Un partito di graffitari. Manca il vicesegretario, manca il responsabile dei sindaci che Schlein aveva promesso di nominare. Doveva essere Merola, ex sindaco di Bologna, solo che Decaro, di Bari, giustamente, si è lamentato”. Perché? “Merola è bolognese. Tutto lo staff di Schlein è emiliano. Va bene che l’Emilia è il cuore della sinistra ma il Pd non è una piadineria”.

 

C’è infatti il Taruffi, che è il responsabile dell’organizzazione, c’è poi il Baruffi, responsabile degli enti locali, ma c’è anche il Righi, capo segreteria che sembra un personaggio di “Cuore” di De Amicis. Beve pure le spremute. Sono giovani, pelosi, sono tutti un ormone, ma mancano di fosforo. La vicenda di Nicola Oddati, dirigente del Pd arrestato, meriterebbe una di quelle belle lettere introspettive della segretaria a una rivista, una di quelle che spediva Berlinguer a Rinascita e che oggi tutto il popolo della sinistra va ad ammirare al Testaccio, dove c’è la mostra sul caro Enrico. Oddati non è stato soltanto l’uomo macchina di Zingaretti, un dirigente della regione Campania, ma ha contribuito a formare la correntina di Furfaro, che è il Pajetta della segretaria. Sandro Rutolo, oggi responsabile dell’informazione del Pd, deve a Oddati la sua candidatura alla scorse suppletive. Da giorni tutta la squadra di Schlein, quando sente il cognome Oddati, fa finta di non conoscerlo. Per una abbondante mattinata, Schlein si è seduta fianco a fianco a Cuperlo, che sul serio è un uomo d’animo nobile, anche solo per rivolgergli ancora la parola dopo averlo cacciato dalla fondazione del Pd per affidarla a Zingaretti, per inciso, colui che ha profetizzato per Schlein il 17 per cento alle europee. Mancano meno di centocinquanta giorni a queste elezioni e Schlein intende ancora attendere di sapere se si candida Meloni per farlo pure lei. L’ultima che circola è che non si candidi capolista ma seconda. Le circoscrizioni sono cinque e la più pericolosa per il Pd è quella delle isole, Sardegna-Sicilia. L’unico nome forte è quello di  Bartolo, il medico simbolo di Lampedusa, ma il parlamentare del meridione, il più lanciato, responsabile esteri, è Peppe Provenzano. E’ stato eletto deputato perché capolista in ben due collegi. Sapete cosa dicono al sud per farlo correre? “E’ il nostro faro, come lui nessuno”. Se non si candida Provenzano chi trascina le liste nelle isole? Il risultato delle isole può valere fino al due per cento. Prima delle Europee ci sono le regionali, Basilicata, Abruzzo, Sardegna, un probabile 3-0 per il Pd. C’era l’occasione del Veneto, la patria di Alessandro Zan, l’uomo dei diritti civili, si poteva fare asse con Zaia sul fine vita, ma nel Pd c’è vita? La destra di azzuffa per il dopo Zaia, tanto che si conoscono già i pretendenti, ma non si conosce il candidato della sinistra. Dovrebbe essere il segretario regionale Andrea Martella, ma c’è chi propone il senatore Crisanti, uno che a distanza di anni non si è capito come sia passato dalle zanzare, al Covid, al Senato, per di più candidato dalla sezione del Pd di Londra. Sembra un romanzo di Eric Ambler, “Il levantino”. A Firenze, e si dice adesso su richiesta della stessa segretaria, Franceschini e Renzi avrebbero individuato nella figura dell’ex sottosegretario all’Istruzione, Toccafondi, vicino a Cl, un possibile candidato per il dopo Nardella. Il guaio è che Schlein crede ancora che due satanassi come loro parlino solo del comune di Firenze. Se mettesse insieme i pezzi comprenderebbe perché Il Fatto dedica ormai pagine e pagine su questo triangolo Renzi-Franceschini-Salvini che disturba la premier. Ragionano di come contrastare Meloni passando per Salvini, che a Firenze ha il suo “cuore”, Francesca. La cospirazione la organizzano adesso i Gap, i gappisti di professione. Nella storia del Pd ci sono stati segretari deboli, massacrati, ma lei è la prima chiamata “a svolgere gli affari correnti”. Una spremuta?

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio