Alberto Stefani con Luca Zaia - foto Facebook

l'intervista

"Non esiste un piano B in Veneto: c'è solo Zaia". Parla Alberto Stefani

Francesco Gottardi

"La legge sul limite dei mandati degli amministratori locali esiste dal 2004 e nessuno vuole abolirla. Il mio intervento modificherebbe soltanto una parolina: secondo con terzo" dice il commissario regionale della Lega nel Veneto

VeneziaNon toglieteci Zaia, insiste la Liga. E pazienza se la proposta di legge più cara al governatore è stata stroncata dai suoi stessi consiglieri. Tanto il Carroccio ne ha già pronta un’altra. Più grande e più bella, direbbe un papà al figliolo cui si rompe un giocattolo pericoloso – e Salvini infatti lo dice: “Bene che sul fine vita sia andata così, ora lotteremo insieme per il terzo mandato”. Dalla regione a Montecitorio. Lasciando l’iniziativa al suo leale segretario veneto: Alberto Stefani, che nel frattempo ha appena annunciato alla Camera la sua idea. “Niente di stravolgente”, assicura quest’ultimo al Foglio, dopo lo spavento di meloniani e forzisti di fronte alla micidiale prospettiva: Zaia governatore a vita. “Ripeto, niente di tutto ciò”, dice Alberto Stefani. “La legge sul limite dei mandati degli amministratori locali esiste dal 2004 e nessuno vuole abolirla. Il mio intervento modificherebbe soltanto una parolina: secondo con terzo”. E tanto basta per il 2025, poi domani chissà.

 

 

“È una proposta di legge semplice” continua Stefani, “che rimuovendo un precedente vincolo normativo dà la possibilità a un governatore di ricandidarsi: chiaro che in Veneto la cosa è particolarmente sentita, visto il consenso di Zaia e le speranze della Lega. Ma non è un provvedimento ad personam. Vale anche per le altre regioni”. Allora si fa interessante l’ulteriore postilla inserita dal deputato: le disposizioni del suddetto Pdl si applicano con riferimento ai mandati successivi alle elezioni effettuate dopo la data di entrata in vigore delle leggi regionali di attuazione. “In Veneto questa legge risale al 2012. In Campania, per esempio, non mi pare ci sia”. L’assist arriva da Stefani stesso. Perché se Zaia oltre il 2030 non potrebbe arrivare – quattro mandati effettivi, tre a rigor di conteggio –, un Vincenzo De Luca convolerebbe a palazzo fino al 2040. A Crozza brillano gli occhi. E pure a certi pezzi di Pd. “Molti parlamentari dem, soprattutto da qualche regione in particolare, si dimostrano favorevoli alla mia proposta”, conferma Stefani. Ma il resto del centrodestra? “Vedo degli spiragli. Certi colleghi ne riconoscono il buonsenso, al di là delle posizioni prestabilite”.
 

E a questo punto il povero Zaia sembra perseguitato. Sul fine vita dipendeva dall’appoggio del Pd (gli sarebbe bastato, senza l’immancabile sabotaggio interno). Sul terzo mandato ancora di più. Con il sindaco di Padova Giordani ad augurargli cento di questi giorni. E Attilio Fontana dalla Lombardia – tra bioetica e Olimpiadi, i ferri son corti – magari no. Siamo sicuri che il governatore più amato d’Italia sia ancora il campione della Lega? “Noi lavoriamo per lui e per il suo futuro a Palazzo Balbi: un presidente così bravo va tutelato”. Si vocifera che in caso di fumata nera, il nome indicato da Via Bellerio per il dopo-Zaia sia proprio quello di Stefani. “No. Altre opzioni sul tavolo non le consideriamo”.
 

È per questo che Stefani piace tanto a Salvini. 32 anni, già deputato da sei, eletto segretario regionale lo scorso giugno – in piena tempesta congressuale – dietro la sponsorizzazione del grande leader. E di Zaia, alla fine. “Guardiamo al risultato, ai progetti, al confronto: al di là delle sfide interne al centrodestra, noi facciamo la nostra strada uniti”. Al consiglio federale della Lega, in settimana, sono state scintille: sullo sfondo lo spauracchio delle europee. “Macché. C’ero anch’io: atmosfera distesa, contenuti generici. Abbiamo fatto il punto della situazione anche sull’autonomia differenziata”. A posto così, allora. “Il 2024 sarà l’anno buono. E ci tengo a ribadire che questo percorso federalista è partito dalla Lega e dal Veneto: siamo orgogliosi di essere gli apripista”. Eppure i veneti hanno preso a votare in blocco per Fratelli d’Italia. La base del partito ribolle. “Soltanto qualche dichiarazione a titolo personale. Il clima è buono”. È un parafulmine, Stefani. Inscalfibile, pacato e col sorriso. Anche davanti alla penuria sotto i gazebo lamentata dai militanti. “Siamo la regione con più tessere e gazebo”.

 

 

Delle due l’una. Per rimettersi a un terzo, inappellabile giudizio di fronte agli opposti, da queste parti vige un proverbio: San Piero dise el vero. E i santi della politica sono le urne. “Noi vogliamo affrontarle con Zaia al timone. È una scelta di coerenza che portiamo avanti da tempo”. Stavolta basteranno i numeri per la proposta di legge? “Non trattandosi di temi ideologici ma ordinamentali, possono convivere visioni diverse all’interno della stessa coalizione e viceversa. Per la Lega non c’è problema”. Di ottimismo mica si campa, ma il nuovo corso del Carroccio fa storia a sé. E Stefani l’ha capito bene.

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