Lega

Salvini contro Meloni: "Regionali sono un casino. FdI ci picchia ovunque". I governatori lo rimbalzano

Carmelo Caruso

Al federale chiede alla presidente del Consiglio di non allearsi con i popolari e ai sindaci di candidarsi. Zaia dice "no" alle Europee e litiga sul fine vita con Lorenzo Fontana

Cede una regione ma chiede un continente. Salvini propone a Meloni lo “scambio” pecorino sardo-cavoletti di Bruxelles. In Sardegna, lui è pronto a sostenere l’amico di Meloni, Truzzu, ma lei, in Europa, deve fare altrettanto con Le Pen. Nell’isola si va verso una candidatura “unitaria”, e si fa per dire. Al federale della Lega, convocato a Milano, Salvini ha ammesso che “sulle regionali è un casino”. Ha elogiato i suoi amministratori, diversi dai minchioni sparatori di FdI: “Non c’è paragone tra i nostri e i loro”, salvo aggiungere che “FdI ci sta picchiando ovunque”. La frase che tutti si attendevano, “Solinas si ritira”, non l’ha pronunciata. Ci sta pensando Solinas a risolvere la questione sarda: tratta per allearsi con  Soru. La “compensazione” del leader della Lega sarebbe dunque questa: la promessa che Meloni non faccia l’accordo con Von der Leyen. Uniti in Italia ma anche in Europa. Meloni neppure la prende in esame. Per le europee Salvini ha confermato che intende candidare il generale Vannacci in tutte le circoscrizioni. I governatori gli hanno invece confermato nuovamente che loro “no”. Luca Zaia ha fatto di più. Si è infuriato con la Lega “bigotta” che in Veneto si oppone a una legge sul fine vita. Litigano ora su cosa devono essere. Salvini è tornato ai classici. Ha attaccato  Bce e fisco.  Altri leghisti dicono che bisognerebbe farlo con Meloni: “Non basta il piagnisteo servono ritorsioni vere”. Stivali, grasso sulle guance, schiaffi. La Lega ora sembra FdI: marcia per non marcire.


Le regionali? “Un casino”. I candidati della Lega? “I nostri sono  credibili”. Sono i “fuori onda” di Salvini che ancora non ce la fa a dire “in Sardegna ci ritiriamo”. I leghisti, ieri, sono saliti tutto su un treno e sono arrivati a Milano a via Bellerio. Chi è uscito dice che “sulla Sardegna non ci sono scenari conclusivi”, che ai governatori non è stato ordinato “candidatevi!”. Del resto, Salvini come avrebbe potuto insistere? Non ci sarà neppure lui ed è la sola cosa che ha in comune con Tajani. Anche l’altro vicepremier non vuole correre  e pure Tajani teme che Meloni, nel gioco della sedia, finisca per toglierli quella del suo Bardi, che deve essere  una specie di compare, anche solo per la battaglia che Tajani  sta portando avanti: “Bardi non si tocca”. Raccontano che Tajani si sia messo a contrattualizzare sondaggisti che sono maghi: basta pagarli e ti dicono quello che vuoi sentire. Salvini ha Vannacci, Tajani i maghi … che grande dispiacere deve essere trovarsi accanto a Meloni, la “premiera”, 47 anni, ieri, buon compleanno!, la donna che ripete la parola “riequilibrio”. Quando FdI viene chiesto cosa accade in Sardegna, alle prossime regionali, la risposta che viene data è “che ci sarà ovviamente un riequilibrio”. Non serve neppure togliere la fiamma; il vero simbolo di Meloni adesso è la bilancia, solo che è quella che usa Lollobrigida per pesare le zucchine italiane. Ma Lega cos’è? Salvini chi ha ancora dalla sua? Al federale c’era il governtaore del Veneto  Zaia che sta inseguendo una destra libertaria, sui diritti, e che ha messo di credere sul terzo mandato. E’ stato lui a rispondere al segretario “che i governatori non si possono candidare e che il consenso di un governatore non si trasferisce in automatico”. In Cdm, oggi, dovrebbe passare sì il terzo mandato, ma solo quello dei sindaci fino a 15 mila abitanti, poi, dice un leghista, “se solo volesse il cielo e Meloni fare la grazia…”. La premier come ha detto in conferenza è però “laica”. Stando a quanto anticipato da Salvini, al federale, saranno candidati, oltre ai deputati, anche gli amministratori locali che dopo essere stati per anni il rifugio della sinistra, del Pd, si accingono a esserlo per la Lega. I nomi che si fanno sono quelli della sindaca di Monfalcone, Cisint, del sindaco di Sesto San Giovanni, Di Stefano. C’è pure chi dice Conte di Treviso, che ha un suo gradimento importante. Il resto del federale, da quanto confidato, sembrava una “seduta”, la prima scena di “Enea”, il nuovo film di Pietro Catsellitto: mancava solo la canzone “Spiagge” di Renato Zero. C’era Zaia, che è maestro nell’arte della metafora, che ha parlato contro una destra che non sa stare al passo con la modernità, quella Lega “che in Veneto fa delle telefonate ai consiglieri regionali e gli chiede di non votare la legge sul fine vita”. Sottovoce i leghisti dicevano: “Ce l’ha con Lorenzo Fontana”. E’ il presidente della Camera, cattolico, conservatore, che non ha mai nascosto le sue posizioni sulla famiglia, la morte.  Senza accorgersene la Lega sta dando vita a un congresso che va ben oltre Salvini. E’ su cosa resta da fare alla destra dopo la destra di Meloni. I leghisti di oggi non si dividono più tra salviniani o anti salviniani, ma tra chi vuole morire con il crocifisso al collo e chi  in silenzio, nella sua stanza, con la penna sul tavolo.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio