Il caso

"Ci manca un Giavazzi". Meloni cerca un consigliere economico per grane, nomine e visione

Simone Canettieri

Le spinte e i dubbi per rafforzare la squadra di governo. E intanto scoppia la grana Terna finita sotto il faro della Consob.

A Giorgia Meloni manca un Giavazzi. Sia per l’agenda materiale – in termini di contatti e autorevolezza nelle relazioni con il mondo economico-finanziario – sia come visione. La sineddoche Giavazzi, dal cognome dell’economista Francesco che è stato il braccio destro di Mario Draghi a Palazzo Chigi, è un argomento  dalle parti della premier ormai da mesi. Il pensiero  si è riproposto anche ieri quando è stato ricevuto Bill Gates, mister Microsoft.  

Anche Meloni si è persuasa e c’è chi assicura che stia cercando menti per consigliarla, affiancarla, metterla in guardia con mondi che vogliono e devono parlare con il governo. Al momento il consigliere economico della premier è Renato Loiero, pescato dal servizio Bilancio del Senato. Su tutte le palle, o quasi, c’è il capo di gabinetto Gaetano Caputi e alla regia,  Giovanbattista Fazzolari, cervello meloniano, in grado di spaziare dagli extraprofitti alla comunicazione (con tanto di lista di giornali a cui non si rilasciano interviste, per dire). 

Dopo oltre un anno e due mesi di governo i dossier iniziano a essere tanti, così come gli interlocutori, per non parlare del risiko delle scadenze, quello delle nomine, tema succulento. Non mancano, nemmeno i guai da andare a parare. Uno per tutti: Terna, la società operatrice delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, quotata in Borsa. Alla guida dell’azienda di stato è stata nominata lo scorso maggio Giuseppina Di Foggia, già ad e vicepresidente di Nokia, in virtù, fra l’altro, di un rapporto con l’altra Meloni, Arianna, sorella della premier (circostanza smentita a questo giornale, a suo tempo, dalla numero due di Fratelli d’Italia: “Mai conosciuta prima”).

Il partito non è contento dell’andamento di Terna. Che ora sarebbe finita al centro di un’inchiesta della Consob per una serie di mosse abbastanza azzardate messe in campo da Di Foggia. Lo scorso 3 agosto l’ad ha rimosso il cfo Agostino Scornajenchi e il direttore corporate affairs Giuseppe Del Villano. Senza comunicare niente al mercato, malgrado la società sia quotata. Una scelta che ha mandato in ansia il governo, non solo per i modi, ma anche per il merito visto che poi è partita la corsa per “riassumere” gli epurati: Scornajenchi, dopo due mesi, è diventato ad di Cdp venture Capital. Invece Del Villano, molto stimato negli ambienti  finanziari, è tornato in Acea come general counsel e responsabile affari legali. Questa faccenda, grande o piccola che sia, è considerata dalle parti del governo la spia di qualcosa che serve, e che manca, per ampliare la squadra con innesti di qualità. Un suggerimento che giunge a Palazzo Chigi anche dai vertici delle istituzioni bancarie del paese. Possono Loiero, Caputi e  Fazzolari gestire il quotidiano, non semplicissimo, e allo stesso tempo alzare lo sguardo e dialogare con portatori d’interessi e mondi economici? Caputi, elemento di spicco della macchina meloniana, è sollecitato praticamente su tutto. Fazzolari è considerato il genio della lampada della premier. “Ma manca un Giavazzi”, si inizia a dire  anche   al ministero dell’Economia. 

La ricerca di una figura simile, certo, non è semplice. E Meloni non ha fretta: non perché non le manchino i pretendenti o una rete di persone interessate, ma alla base di tutto ci deve essere la “fiducia”. Argomento molto caro alla “Fiamma magica”, nucleo di comando dell’Italia. E fra un mesetto ci sarà un altro test interessante. Ci sono da rinnovare i vertici di Cassa depositi e prestiti. Fonti molto vicine alla premier, contattate dal Foglio, dicono che Dario Scannapieco “sarà sostituito”. Venne scelto da Draghi nel maggio del 2021, planato  dalla vicepresidenza della Bei di Lussemburgo alla cruciale poltrona di amministratore delegato della cassaforte di Via Goito. Venne scelto dall’ex banchiere e ovviamente da Giavazzi, chiamato ai tempi di Palazzo Chigi, Gandalf Il bianco, eroe tolkieniano in grado di scomparire per poi tornare e risolvere le situazioni con il suo bastone: puff, magia! Il dopo Scannapieco porta a due suggestioni: Antonino Turicchi, presidente di Ita, e Matteo Del Fante di Poste, che aprirebbe un effetto domino nella società gialla e blu. A Ferrovie Luigi Ferraris potrebbe essere confermato per Meloni, ma per Salvini non si sa. E’ data in uscita, invece, la presidente Nicoletta Giadrossi. E poi certo c’è Anas, al centro dell’inchiesta sui Verdini.

Nel ginepraio delle future nomine entrano   Sogei e Sose, ma anche Cinecittà, il Gse e Invimit. Si concluderà con la Rai tra nuovo cda, presidenza e dg. I ragionamenti, nelle stanze che contano del governo, sono già partiti. Così come la riflessione su ciò che manca per fare un salto di qualità con il solito dubbio amletico che in romanesco suona così: allargamo, se fidamo?

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.