Il caso

C'è Salvini nel famoso pacchetto evocato da Meloni per bloccare la ratifica del Mes

Simone Canettieri

La premier oggi in Parlamento in vista del Consiglio europeo. Sul Meccanismo salva stati continua a prendere tempo per non concedere spazi al leghista. Ma sul Patto di stabilità dice: "Vedo spiragli"

In privato Antonio Tajani dice che il Mes va approvato e che l’Italia non può spararsi sui piedi. In pubblico il vicepremier e leader di Forza Italia afferma che “non c’è fretta”. Il ministro e cofondatore di FdI Guido Crosetto, all’Adnkronos, spiega senza problemi che se fosse per lui il Mes non lo voterebbe perché la sua posizione, da dieci anni a questa parte, non è cambiata.  

Matteo Salvini tace, manda  avanti i colonnelli e, come un esploratore, cerca un pertugio per grattare consensi al primo partito della maggioranza. E’ in questo scenario che si muove Giorgia Meloni attesa oggi alla Camera, e domani in Senato, per le consuete comunicazioni al Parlamento in vista del Consiglio europeo. La premier sul Mes si muove in modalità salario minimo: davanti alle critiche dell’opposizione, e soprattutto del Pd, risponde “perché non lo avete approvato voi quando eravate al governo?” (replica di Schlein: “Fai il gioco delle tre carte”). Una tecnica retorica, quella della premier,  che funziona, ma non risolve il problema sul tabù-feticcio: cosa fare? E soprattutto: quando e come farlo? Meloni in questa fase, a detta di Forza Italia, sembra muoversi più come leader di partito che come premier. Con le europee alle porte  è sicura di un più che buono risultato, ma vuole fare di tutto affinché la Lega non cresca. Anzi, come si sa, sarebbe pronta a una trasfusione di patriottici voti per aiutare FI, ma Salvini no. Giammai.  


Anzi, se  può mandare messaggi di lontananza e distinguo dal Carroccio, Meloni non perde occasione. Lo racconta, ed è un dettaglio non banale, l’invito di Paola Concia ad Atreju, sì proprio la consulente nominata e poi epurata dal ministro Giuseppe Valditara, fervente salviniano. Hai voglia a dire, che l’invito degli organizzatori della festa meloniana era partito prima del caso scoppiato nelle ultime 72 ore.      In Via della Scrofa, sede del partito della nazione,  non temono un exploit leghista perché sono convinti che il popolo del centrodestra al contrario di quello di sinistra non dà mai seconde possibilità. “E’ capitato così con Fini, Berlusconi, Salvini: è una storia destinata a ripetersi”. 


Tuttavia visto che la parola magica a Palazzo Chigi è “non mi fido”, è meglio evitare qualsiasi appiglio al caro avversario interno. Che annaspa, che ogni giorno cerca, com’è normale che sia, un elemento caratterizzante: un colpo alla Vannacci. Sicché palla in tribuna sul Mes, polemica di giornata con il Pd e avanti così: obiettivo 2024, poi si vedrà.  La premier, ospite in videocollegamento con l’Ansa, parla di dibattito ideologico sul meccanismo salva stati omettendo che se solo l’Italia non lo ha ancora ratificato spruzzi di ideologia potrebbero tornarle indietro. Ma si sa il tema è identitario. E dunque va maneggiato con cura. Al contrario, la presidente del Consiglio è tetragona sulla politica estera: Ucraina, medio oriente e collocazione internazionale. Di questi argomenti ha parlato per oltre due ore con il capo dello stato ieri pomeriggio durante il Consiglio supremo di difesa. Oltre che alla sfida che prenderà il via nel secondo semestre del 2024 con la presidenza italiana del G7. Dalle parti del presidente della Repubblica non emergono inviti formali sulla questione Mes. Meloni va dritta e oggi alla Camera parlerà di logica di pacchetto anche perché intanto vede “spiragli sulla trattativa per il Patto di stabilità”. Nel frattempo nel pacchetto c’è anche Salvini. E dunque è meglio aspettare. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.