Edmondo Cirielli (Ansa)

l'intervista

Il viceministro degli Esteri Cirielli: “Nessuno strappo con la Cina sulla Via della Seta. Ora nuovi accordi”

Ruggiero Montenegro

"Meloni non ha mai pensato di uscire dall'intesa prima di marzo 2024. Troveremo con Pechino strumenti alternativi nel quadro del partenariato strategico", dice l'esponente di Fratelli d'Italia. Ma sui contenuti della nuova collaborazione "non abbiamo ancora idee concrete e chiarissime”

“Nessuno strappo e nessuna forzatura. Perché quello cinese è un popolo amico e la Cina, al di là dei frangenti storici e dei governi, rimane un punto fermo nella politica estera italiana. L'intesa sulla Via della seta scade a marzo 2024 e la premier Giorgia Meloni non ha mai pensato di uscire dall’accordo prima di quella data. I patti nel diritto internazionale si rispettano, le ricostruzioni che sono state fatte in queste settimane sono molto fantasiose”. Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e deputato di Fratelli d’Italia, spiega al Foglio le strategie, e le prospettive, che Palazzo Chigi intende mettere in campo per superare senza incidenti diplomatici la cosiddetta One Belt One Road. “Troveremo strumenti alternativi nel quadro del partenariato strategico che abbiamo sottoscritto già da anni con la Repubblica popolare cinese”.


Andiamo con ordine. Nei mesi scorsi il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha comunicato agli omologhi cinesi l’intenzione di non proseguire con l'accordo sulla Via della seta. Ma prima di passare ai progetti alternativi servirà una comunicazione formale entro il 23 dicembre, come indicato nel memorandum? E quale sarà il meccanismo? “C’è grande confusione su questo tema”, risponde Cirielli. “La questione non riguarda i tecnicismi. I modi li decideremo insieme alla Cina. Non è che non vogliamo rinnovare quell’accordo, semplicemente intendiamo fare altro. Non possiamo abbandonare la cultura che ha ispirato la Via della seta, perché è il frutto di un rapporto millenario tra i popoli italici e quello cinese”, aggiunge il viceministro, fornendo la cornice teorica da cui muoveranno i prossimi passi. Lo strumento individuato dal governo dunque è il partenariato strategico, che dovrà essere implementato. Come? “Si tratterà di una evoluzione delle relazioni con la Cina e non riguarderà prettamente l’aspetto politico, a differenza dell’intesa stipulata in maniera improvvida dal governo Conte. Sarà un rapporto di tipo spirituale, culturale e diplomatico. Di ampio respiro. Vogliamo riavvicinare oriente e occidente, sempre tenendo bene in mente quali sono le nostre alleanze”. 


In questo quadro, su quali materie punterà la nuova collaborazione? “Non abbiamo ancora idee concrete e chiarissime”, ammette il rappresentante della Farnesina. “Aspettiamo di vedere cosa mettono in campo. Noi siamo aperti alla controparte cinese, senza il timore di avere rapporti profondi, perché la nostra lealtà ai valori occidentali non è in discussione. Lo abbiamo dimostrato con l’Ucraina e ora con Israele. Tutto questo è ben chiaro alla Cina e lo è anche alla Casa Bianca”. La premier Meloni però ha rimandato la visita a Xi Jinping a data da destinarsi. Quando si farà? “Sicuramente nei prossimi mesi, quel viaggio ha senso se ci sono nuovi accordi da chiudere. La premier andrà a Pechino quando avremo un quadro completo”, dice ancora Cirielli spiegando che in questa prospettiva si collocano anche le prossime missioni cinesi della ministra dell'Università Anna Maria Bernini e poi, ancor di più, quella del presidente Sergio Mattarella.

Sulla guerra in Ucraina tuttavia, la Cina ha mostrato atteggiamenti quantomeno ambigui. Può essere questo un elemento di frizione per la diplomazia? “Io non la definirei una posizione ambigua, piuttosto è una posizione ancora da definire chiaramente. L’Italia ha da sempre, rispetto ad altri paesi occidentali, un rapporto più forte con Pechino. Noi vogliamo intensificare gli sforzi diplomatici per svolgere un ruolo di mediazione. Lo abbiamo sempre fatto, si pensi a Pratica di Mare. E’ un ruolo che ci riconoscono anche gli Stati Uniti”. Eppure è noto che la Cina aiuti il Cremlino ad aggirare le sanzioni europee. Se l’Unione europea dovesse proporre un pacchetto di sanzioni contro Pechino, l’Italia sarebbe d’accordo? “Innanzitutto queste misure devono essere proposte formalmente e non è ancora il caso. Se poi ci fossero prove evidenti in questo senso, allora le valuteremmo seriamente. Ma questo non vale solo per la Cina, vale anche per gli alleati”. E poi c’è la questione Taiwan, con un’altra crisi che potrebbe scoppiare. Rafforzare i rapporti con Taipei potrebbe essere utile in termini di deterrenza? “Non è in agenda. Per il momento mi sembra un elemento marginale della politica mondiale, grazie a Dio per ora non c’è un’emergenza”.

All’orizzonte c'è invece il G7, la cui presidenza nel 2024 spetta proprio all’Italia. Che cosa possiamo aspettarci? “Sicuramente non sarà un vertice burocratico. Non faremo cose ordinarie”, anticipa Cirielli. “Ci sarà un coinvolgimento e un confronto con molti attori”. Quali? “E’ ancora presto per fare nomi. L’Italia, ripeto, farà da ponte tra occidente e oriente, anche perché siamo contrarissimi alla logica dei blocchi. Siamo invece per una distensione complessiva delle relazioni geopolitiche e – conclude il viceministro – lavoreremo per questo”.

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