Editoriali

Anche le Filippine escono dalla Via della seta

Redazione

Dopo l’Italia, anche Manila ora sceglie di allontanarsi da Pechino: "Abbiamo tre progetti che non saranno più finanziati dal governo cinese. Non possiamo aspettare all’infinito e sembra che la Cina non sia più interessata"

Dopo l’Italia – primo membro del G7 a firmare per l’ingresso nel progetto di Xi Jinping e primo paese a ventilare un’uscita, non ancora formalizzata sebbene il termine per il rinnovo automatico scada tra un mese e mezzo – anche le Filippine escono dalla Via della seta. Come per l’Italia, anche nelle Filippine non c’è stato ancora un annuncio ufficiale, ma un passo ben più concreto: qualche giorno fa il dipartimento dei Trasporti di Manila ha sancito la fine degli accordi con la Cina per il finanziamento della costruzione di tre ferrovie, parte integrante del progetto strategico della Via della seta. “Abbiamo tre progetti che non saranno più finanziati dal governo cinese. Non possiamo aspettare all’infinito e sembra che la Cina non sia più interessata”, ha detto il segretario ai Trasporti Jaime Bautista, aggiungendo che Manila guarderà ad altri finanziatori come Giappone, Corea, Australia, Stati Uniti o Ue, i cui tassi d’interesse proposti per i prestiti erano molto più vantaggiosi.

C’è una questione di opportunità, dunque – l’occidente e i suoi partner, i paesi con uno stato di diritto e che basano le loro regole sulla trasparenza comunque convengono, a livello economico – ma c’è anche una questione politica. Da quando si è insediato, il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos Jr. ha cercato di riportare i rapporti con Pechino alla giusta distanza, dopo gli anni in cui il suo predecessore, il controverso Rodrigo Duterte, l’aveva praticamente azzerata. Durante una visita a Pechino, all’inizio dell’anno, aveva perfino “aggiornato” (vuol dire: depotenziato) il suo accordo sulla Via della seta. Poi però, nel Mar cinese meridionale, l’assertività cinese è diventata aggressività: la questione della territorialità delle isole Spratly, rivendicate dalla Cina, è diventata una delle questioni di sicurezza nazionale più urgenti per il governo Marcos, e questo ha portato a un allontanamento definitivo da Pechino. E dalla sua Via della seta. A differenza dell’Italia, non sarà proposto nessun accordo “alternativo”, ma la tendenza dice molto della postura internazionale della Cina.

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