Consigli alla premier

Fuori Giambruno, ora Meloni capitalizzi sul bonus femminista

Fabiana Giacomotti

Il calcio al Grande Inadeguato resta un bel segnale per le donne nel paese dove l'indipendenza economica è molto lontana e le Hillary Clinton che girano la testa dall'altra parte spopolano. Consigli non richiesti

"Quando penso che se l'e' portato perfino nel palco reale della Scala con Mattarella", osservava desolato ieri sera il grande critico musicale della tv accorso al Teatro dell'opera di Roma per spellarsi le mani al favoloso recital dei "tre controtenori", al secolo Aryeh Nussbaum Cohen, Raffaele Pe e Carlo Vistoli, registro contemporaneo dei castrati dell'epoca haendeliana, insomma figure molto lontane dagli Andrea Giambruno con i suoi raccapriccianti fuorionda a sfondo sessuale e da una certa estetica Mediaset dell'era berlusconiana fondativa che, come pare evidente a tutti da mesi, Giambruno escluso, è molto cambiata. Ma se aver portato alla Prima un tizio così inqualificabile, dal drappello dei melomani viene considerato il grado massimo dell'indecenza - sporcare così due istituzioni di cui andiamo fieri come la Presidenza della Repubblica e il Teatro alla Scala, che orrore - e' evidente che la defenestrazione di Giambruno dal ménage della premier sia, pur nella ovvia e personalissima sofferenza che porta ai suoi protagonisti e di cui è invece decente e pudico non scrivere, un segnale molto importante per la società italiana.

 

Lo è al di là dei retroscena politici che vedrebbero, forse a ragione, un “complotto” ai danni dell’attuale governo e in particolare della premier, sospetti avallati dall’evidenza che quei fuorionda risalissero a giugno e che ai primi di settembre Meloni ne fosse stata messa a conoscenza da parte di Pier Silvio e Marina Berlusconi nel corso di un incontro dove pare si fosse parlato anche di molto altro, come per esempio il taglio agli extraprofitti delle banche, il tax credit e la riduzione del canone Rai. Su questa storia, indecente nel suo complesso, si potranno e si diranno certamente molte cose. Si potrebbe anche dire, e certamente si dirà, che la premier avrebbe potuto affidare al suo ufficio stampa la notizia della rottura, dopotutto lo hanno fatto altri negli ultimi anni, e che forse abbia sbagliato ad esporsi in prima persona. Possiamo fare tutti i distinguo che vogliamo. Ma in ogni caso il dato forte, incontrovertibile, e molto positivo, sulla quale la premier dovrebbe ora capitalizzare, è che per la prima volta nella storia, una politica, una donna, non abbia abbozzato davanti al compagno fedifrago. Non l'abbia addirittura difeso davanti a un tribunale di fronte all'evidenza della sua inadeguatezza e della sua indegnità, come fece Hillary Clinton, certo per calcolo politico ma con toni netti. Forse, senza il movimento me too con tutti i suoi eccessi questo non sarebbe mai avvenuto, e Meloni avrebbe abbozzato come Hillary Clinton, stretto i denti come la regina di Spagna e infinite sovrane prima di lei che a ogni tradimento, a ogni déboire, allungavano la collana di perle di qualche filo. Forse tutto quello che si vuole. Ma il post di Meloni, pur con tutti i suoi errori mediatici e geologici (la goccia sarà pure acqua ma scava la pietra; scava anche i crani come sapevano bene i cinesi che l’avevano trasformata in una delle torture più inumane della storia), è un segnale importante non solo per le donne, ma anche per gli uomini: come cantava Nat King Cole, “the party is over, it's time to call it a day. They've burst your pretty balloons/and taken the moon away”... hanno fatto scoppiare i tuoi bei palloni gonfiati e si sono portati via la luna. Ecco. Il benservito dato a Giambruno e' una soddisfazione,  una clamorosa, esultante ola per tutte quelle che hanno subito per anni, facendo finta di niente, fingendo di non sentire e di non aver inteso come Viviana Guglielmi, le battute a doppio senso dei colleghi, minimizzando perché  "non sai stare al gioco", quando le donne, quei giochi, non li iniziano mai, perché avete mai sentito di una che al lavoro approccia il collega proponendogli una cosetta a tre o a quattro come condizione per "fare parte della squadra"?  Il post di Meloni è una lezione alle mogli e alle madri che girano la testa dall’altra parte, quelle che “l’altra era una poco di buono”, quelle che l’uomo ha comunque ragione perché è cacciatore e perché comunque porta i soldi a casa, e qui arriviamo al punto.

 

Meloni ha fatto di più per le donne con quel post che in tredici mesi di governo. Non ha infatti scritto esplicitamente, ma dimostrato, che - pur senza dover puntare al premierato – l’indipendenza economica, la preparazione professionale, sono la condizione minima necessaria per essere libere. Studiare, lavorare prima e dopo il matrimonio o la convivenza, tenere duro sui diritti e le piccole o grandi posizioni conquistate. Nel Paese dove meno della metà delle donne lavora e quella economica e' la terza causa della violenza familiare - a guardar bene la prima perché senza la possibilità di andarsene o di buttar fuori a calci il cialtrone, si resta e si subisce - la mossa della premier è un faro sotto il quale lei stessa, ora, dovrebbe irradiare nuova luce, con un piano per la natalità più convincente, con nome a favore di tutte le famiglie, con bonus nido più efficaci e aiuti concreti per l’occupazione femminili. Nell’attesa, ci resta comunque la bella soddisfazione che se la festa non sia ancora proprio finita, una di peso si è messa a saltare a piedi uniti sui palloni. 

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