Il caso

La piazza di Salvini a difesa dell'Occidente fa infuriare il governo: "Non si gioca col fuoco"

Simone Canettieri

L'iniziativa del 4 novembre nel giorno della festa delle forze armate ridotta per motivi di sicurezza. Crosetto: "No allo scontro ideologico". Meloni teme l'allarme terroristi dalla rotta balcanica: vertice con gli 007

E’ tutto un cortocircuito. Mentre Guido Crosetto, ministro della Difesa, è rassegnato ormai  a una festa del 4 novembre in tono minore per motivi di sicurezza; il vicepremier Matteo Salvini, per lo stesso giorno, a Milano, lancia una manifestazione “a difesa dell’occidente nel nome di Oriana”. Mentre  Giorgia Meloni  sull’attentato all’ospedale di Gaza si dice “in  attesa di disporre di conferme definitive sulla dinamica dei fatti”; sempre, lui, il capo della Lega, sul massacro si sbilancia per “evidenziare il ruolo Hamas”.   Antonio Tajani, ministro degli Esteri  è più cauto. Lo iato è evidente, così come la situazione: ripristinati i controlli alla frontiera con la Slovenia, allarme terroristi dalla rotta balcanica.  


Alle ultime europee, quelle del 2019 con la Lega al 34 per cento e rotti, Salvini dal palco baciò crocifissi e rosari. Chissà che non lo faccia ancora, in questa nuova fase, quella della disperata rimonta, complice anche il clima internazionale che si respira. Il 4 novembre non sarà in Duomo, ma salvo sorprese in largo Cairoli.  

L’iniziativa non è andata giù al resto del governo. E lo si capisce anche dalle dichiarazioni e dai mezzi sussurri. Crosetto, che alla festa del Foglio sabato scorso aveva annunciato la scelta di non eccedere in manifestazioni, rompe il silenzio. Le sue parole vanno lette alla luce della scelta di Salvini di cavalcare, sprezzante dei rischi e della fase contingente, la crisi internazionale. “Ci sono alcuni paesi che vorrebbero lo scontro ideologico tra occidente e islam, ma noi dobbiamo fermare questa cosa, e ci sono molti paesi invece che rappresentano l’islam moderato con cui dobbiamo allearci perché questa cosa non degeneri e non ci porti ad avere nei prossimi anni problemi incontenibili”.  

La Festa delle Forze armate si celebrerà in tono minore evitando raduni ed eventi dal forte richiamo: niente iniziative alla Nuvola e al Circo Massimo. Crosetto con i vertici dello stato, a partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sarà presente la mattina all’Altare della patria, poi volerà con il capo dello stato a Cagliari. Ci saranno, sparse in una trentina di capoluoghi iniziative simboliche del nostro esercito, e poi una cerimonia al sacrario di Redipuglia.

“Di solito vado lì – dice il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani di FdI – quanto a Salvini se avrà le autorizzazioni, come immagino, faccia ciò che crede. Le regole di sicurezza devono valere per tutti”. Forza Italia il 4 novembre non organizzerà iniziative di partito, specifica Tajani, soffice e sorridente, ma abbastanza esaustivo. “Siamo un partito di governo”. Le parole del titolare della Farnesina vengono raccolte, mentre in Transatlantico  piomba Andrea Crippa, vicesegretario di Salvini, già passato alle cronache delle scorse settimane per aver detto che la Germania ottanta anni fa invadeva gli stati e ora finanzia le ong per invaderci con i migranti. Un tipo che avrebbe difficoltà a superare un concorso per diplomatici. “E allora qual è il problema sulla nostra manifestazione”. L’allarme sicurezza per esempio. “Eh, no. Così dimostriamo proprio che non abbiamo paura”. Non è un giorno qualsiasi. Per la prima volta la crisi in medio oriente va a braccetto con la campagna elettorale.

A Palazzo Chigi se ne accorgono e non fanno salti di gioia. “Fratelli d’Italia non parteciperà ad alcuna manifestazione il 4 novembre”, spiegano appunto da Via della Scrofa, infastiditi ma abituati all’andazzo. E allora vengono ancora in soccorso le parole di Crosetto, che in privato e in pubblico da  giorni spiega quanto il conflitto palestinese-israeliano sia ben più pericoloso di quello in Ucraina. Il ministro della Difesa non cita Salvini, ma mette a verbale pensieri di questo tipo: “Se l'ideologia riparte poi basta una persona che si indottrina sulla rete ed esce per strada con un coltello o un’altra che decide di farsi esplodere, dobbiamo evitare questa cosa e circoscrivere quello che sta succedendo”.

La polemica monta, mentre Palazzo Chigi sembra trasformarsi in un gabinetto di crisi. Stando ai dispacci del governo solo nella giornata di ieri la premier Meloni ha deciso il  ripristino dei controlli alle frontiere interne per la Slovenia d’accordo con i vertici dell’Unione europea. Poi la presidente del Consiglio sente al telefono   il presidente della repubblica algerina   Abdelmadjid Tebboune e infine fa il punto con i nostri apparati di sicurezza. Nelle stanze di Meloni si palesano Elisabetta Belloni, a capo del Dis, il sottosegretario con la delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, i ministri Matteo Piantedosi (Interno), Antonio Tajani (Esteri) e Carlo Nordio (Giustizia). Si parla del pericolo di infiltrazioni terroristiche a 48 ore dalla uccisione di due svedesi  a Bruxelles.   Salvini non c’è, è a Trento per la campagna elettorale.  A Palazzo Chigi monta la rabbia perché il leghista sembra giocare con il fuoco e intanto si studiano proposte da  presentare al prossimo Consiglio europeo di fine mese. La premier sabato potrebbe andare in Egitto per un vertice sulla pace.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.