Il dibattito sul lavoro

Brunetta “re” del Cnel fa impazzire Pd e M5s sul salario minimo

Gianluca De Rosa

Il documento dell'istituto boccia il salario minimo per legge, le opposizioni insorgono, ma il presidente si difende: "Landini ha cambiato idea, noi no, per salari dignitosi la strada è la contrattazione". La nuova e impensabile centralità del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro

"Cultura Cnel: contrattare, contrattare, contrattare!”. Renato Brunetta si riprende la scena. L’ex ministro berlusconiano e draghiano oggi presidente del Cnel non ci sta. Le opposizioni lo accusano:  Meloni e  Brunetta usano il Cnel per affossare il salario minimo. “E’ ridicolo”, sbotta lui. “Forse non conoscono la Costituzione, secondo loro  il governo si nasconde dietro l’articolo 99 che prevede il Cnel come organismo di consulenza del governo e del Parlamento ?”, domanda ai giornalisti. Tutto si svolge al secondo piano della mitologica sede del Cnel, Villa Lubin. Nel bel mezzo di villa Borghese, l’ex dependance della famiglia romana fu trasformata a inizio novecento nella sede dell’istituto internazionale di agricoltura. “Qui – ricorda un dipendente – Mussolini ha firmato l’accordo per la bonifica dell’agro pontino, dentro il cortile aveva piantato un ulivo con le sue mani, era un luogo di contrattazioni vere!”. Brunetta ora sogna di ridargli quella centralità. L’ex ministro non avrà ancora contrattato una bonifica, ma intanto ha partorito un documento importante, un testo denso di considerazioni, con una sintesi chiarissima: non serve una legge sul salario minimo. Una tesi da difendere in conferenza stampa, visto che intanto le opposizioni sono andate su tutte le furie.

 

La legge di Pd, M5s e Azione sul salario minimo sarebbe dovuta arrivare nell’Aula di Montecitorio martedì, ma adesso si teme un rinvio in commissione. “Maledetto Brunetta”. Beninteso, il travaglio è stato difficile. Quindici dei 62 consiglieri del Cnel presenti ieri hanno votato contro il documento, evento raro da queste parti. “Ma non è il Cnel che si è spaccato, è il sindacato che si è spaccato”, dice Brunetta. “Landini ha cambiato idea, è legittimo, noi invece pensiamo ancora che come dice la Costituzione la via maestra per il salario minimo sia la contrattazione”. E però non ci sono solo i sei consiglieri dell Cgil, i due della Uil e il consigliere dell’unione sindacale di base ad aver votato contro il documento, ma anche i cinque esperti di nomina quirinalizia – Marcella Mallen, Enrica Morlicchio, Ivana Pais, Alessandro Rosina e Valeria Termini –  che avevano presentato degli emendamenti che sono stati bocciati. E a questo si sono aggrappate ieri le opposizioni. Dice Elly Schlein: “Una divisione così forte all’interno del Cnel da far si che le conclusioni offerte al governo ne risultino fortemente indebolite”. Rintuzza Carlo Calenda: “Il Cnel si è spaccato sul salario minimo. Ora tocca a Giorgia Meloni dire una parola sulla posizione del governo”. 


Ma qui siamo nel regno di Brunetta. Il professore-presidente non  accetta certe critiche. Le considerazioni sulla “complessità del mercato del lavoro” le ha lasciate a un pezzo da novanta, un tecnico inattaccabile che ha fatto da relatore del documento, il professore di diritto del lavoro all’università di Modena e Reggio Emilia  Michele Tirboschi, allievo  di quel Marco Biagi ucciso dalle nuove Br che dà il nome all’aula dell’Assemblea generale del Cnel. Che gli volete dire? Eppure la polemica è già cominciata. Brunetta si sente, e forse è, sotto attacco, e difende quello che oggi è il suo regno. “La sinistra – dice durante la conferenza stampa – prima voleva cancellare il Cnel, ora vuole demonizzarlo, ma sapete quanto costa? Sette milioni l’anno, luce, gas, stipendi e quant’altro, tutto compreso! La verità è che  hanno paura dei nostri interventi”. Chissà.


Di certo Brunetta vuole rinnovare il brand Cnel. Altro che nullafacenti! Ha cambiato tutto. Fino a giugno l’assemblea generale si riuniva una volta al mese, erano i tempi del professor Tiziano Treu, da queste parti conosciuto come “il furetto” per l’abilità a svicolare. Da quando c’è Brunetta  il regime è cambiato: ci si vede una volta alla settimana. Poco importa che i consiglieri  siano volontari. I dipendenti, anche loro precettati  al cambiamento, esultano: “Il guaio è che finora la politica  ci ha usati, ci ha offerto in pasto all’opinione pubblica,  ma a noi lavorare qui o in un’altra amministrazione non cambia niente”. Brunetta punta su metodo e disciplina per ristabilire non solo la “cultura”, ma anche l’ “orgoglio Cnel”. Alle nove del mattino tutti i dipendenti sono convocati per il meeting. “Guai a venire senza cravatta, il presidente ci tiene!”, spiegano. Questione di forma. Per le scale e i corridoi dei tre piani di villa Lubin  ha fatto stendere un infinito tappeto rosso. Mentre la biblioteca al piano terra è stata dedicata a David Sassoli. Altro che politica di parte. L’ex ministro ha anche fatto rimuovere un murale che non lo convinceva, sostituito da alcune opere  avanguardiste. Fuori invece, basta fumatori! Rimossi i grossi posacenere che campeggiavano all’esterno di villa Lubin a loro posto piante e fioriere. Una fissa romantica del presidente, dicono malelingue del palazzo, ché ha conosciuto la moglie in un vivaio.