Il caso

"La Ue ci stupra legalmente sui migranti". L'affondo di Orbán diventa un caso anche per Meloni

Simone Canettieri

Ungheria e Polonia attaccano sul patto che sta a cuore all'Italia. La premier di nuovo fra due fuochi

Granada, dal nostro inviato. Meloni sull' otto volante. La premier non ha nemmeno il tempo di terminare il "lungo e cordiale" bilaterale con il cancelliere tedesco Olaf Scholz che si trova alle prese con un'affermazione che rischia di segnare l'esito di questo consiglio informale Ue qui a Granada. "Polonia e Ungheria sono state stuprate legalmente dall'Ue", è la provocazione lanciata dal premier ungherese, Viktor Orbán, in merito al Patto sulla migrazione che Budapest e Varsavia, secondo il primo ministro magiaro, sarebbero state costrette a digerire. "Se sei legalmente stuprato, costretto ad accettare qualcosa che non ti piace, come pensi di raggiungere un compromesso? È impossibile", ha detto Orbán escludendo ogni possibilità di accordo "non solo ora ma anche negli anni a venire". 

  

L'immagine è violentissima, gli effetti del veto di Polonia e Ungheria saranno fattuali, la polemica per Meloni è dietro l'angolo: vedi i tuoi amici sovranisti come bloccano gli accordi? 

  

Proprio questa mattina Meloni in apertura dei lavori, fiutata la puzza di bruciato, ha incontrato il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki che la prossima settimana andrà al voto: è un amico della premier italiana visto che fa parte anche del gruppo dei Conservatori. Dove dovrebbe approdare anche Orbán, legato "all'amica Giorgia" da ormai una lunga consuetudine: lei due settimane fa è andata anche omaggiarlo a Budapest, al vertice sulla natalità, quella da cui si è detta "pronta a combattere per difendere Dio e la famiglia".

   

Adesso però si ripete una dinamica già vista a Bruxelles lo scorso fine giugno, quando proprio Polonia e Ungheria bloccarono il patto sull'immigrazione, sostenuto a gran voce da Meloni. La storia si ripete con una sostanziale differenza che sa di aggravante e comunque fa titolo: la metafora "sullo strupro legale".

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.