(foto Ansa)

Verso le Europee

Alleati “unfit” anche per il Pse. Parla Brando Benifei, capodelegazione dem a Strasburgo

Marianna Rizzini

L'eurodeputato del Pd: "Troppi ritardi nel distanziarsi da Robert Fico. Ora è il caso di passare alle soluzioni: compresa l'espulsione dai socialisti europei"

Come si sta e come si deve stare in Europa, nei panni di un’Italia governata da Giorgia Meloni, nell’anno in cui i nodi del Pnrr si presentano in sequenza e le prossime elezioni per il parlamento di Strasburgo incombono sugli equilibri dei partiti di opposizione e maggioranza? L’argomento non è nuovo a coloro che, nei Palazzi, temono un fantomatico futuro “complotto”, una sorta di prova generale di cordone sanitario che, attraverso l’opera congiunta di alcune cancellerie, coadiuvate da alcuni giornali internazionali (FT?) e da alcune illustri personalità, tecniche e non, possa in futuro, dopo le elezioni Europee, circondare in un certo senso il governo di centrodestra meloniano fino a forzarne la metamorfosi più temuta da Fratelli d’Italia e dalla Lega, quella in un mezzo governo tecnico. Fantapolitica? Spettro animato da qualcosa di reale? La domanda rimbalza da giorni tra le forze governative.

Visto dall’opposizione, il quadro, dice Brando Benifei, europarlamentare e capodelegazione dem a Strasburgo, è quello “di un’Italia che si trova di fronte ad alcune priorità evidenti di interesse nazionale: la riforma del Patto di stabilità, il completamento del percorso di messa a terra del Pnrr, il tema immigrazione. Mi pare che il governo non sia adeguato nel momento in cui si tratta di uscire dalla campagna elettorale e affrontare davvero i problemi, come si è visto riguardo al Patto di Stabilità, quando, per ragioni di bassa cucina interna, ci si è messi ad attaccare Paolo Gentiloni nella veste di commissario Ue. Si dovrebbe invece valorizzare il suo ruolo: il fatto che Gentiloni sieda nella Commissione Ue non può che giovare al paese, tanto più davanti ai ritardi sul Pnrr e al rischio di perdere fondi necessari su vari fronti: sociale, economico, della transizione digitale”.

Nei primi mesi a capo del suo governo, Giorgia Meloni era parsa più moderata della sua constituency tradizionale su un tema caro all’Europa, l’aiuto all’Ucraina. Qualche giorno fa, però, il capodelegazione di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, intervistato dal Corriere, ha usato parole che potrebbero far intravedere un cambio di atteggiamento. A proposito di Zelenski, infatti, Fidanza ha parlato di necessità, per il presidente ucraino, di “rimodulare alcune durezze verso l’Europa”. A Benifei “sembrano parole che guardano molto alla campagna elettorale europea imminente, rispetto ai rispettivi elettorati di FdI e Lega. Per quanto riguarda invece la preoccupazione comune sul protrarsi della guerra e sull’incertezza che ne deriva, la risposta a questi timori risiede, a mio avviso, in una maggiore unità e integrazione comunitaria e in una voce autorevole dell’Italia in Europa. Purtroppo Fratelli d’Italia, in Europa, ha come famiglia di riferimento quella dei conservatori europei, fatta di gruppi nazionalisti che frenano sulla maggiore integrazione, anche se non parlano più di uscita dal quadro Ue come alcuni anni fa”.

 

Anche la sinistra si trova però ora con qualche parente scomodo di troppo in casa, dopo la vittoria in Slovacchia del partito populista di ispirazione socialista Smer, al cui vertice siede Robert Fico. Una vittoria, quella di Fico, che ha destato preoccupazione in Europa in riferimento alla posizione critica di Smer sull’invio di armi all’Ucraina (oltre che per alcuni casi di corruzione). Quanto il Pse si è posto a monte il problema di arginare Fico? “Purtroppo c’è stato un ritardo nel distanziarsi. Il tema di Fico era stato posto dal nostro gruppo nel 2015 e sarebbe infatti ora il caso di attivare procedure che portino ad affrontare il leader slovacco e prendere le giuste misure compresa l’espulsione.” Intanto in Italia si è sottotraccia aperta la campagna elettorale, anche nel Pd, dove però ci si è già arenati sulle candidature. “Pensiamo prima alla proposta politica, proposta che dovrebbe esprimere chiaramente, io credo, la volontà di andare verso un’integrazione politica europea di tipo federale, per poter agire insieme su lavoro, economia e sociale, come è stato fatto a livello sanitario nell’emergenza pandemica. I nomi e le liste vengono dopo”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.