L'ambiente o il lavoro? Il cortocircuito che imbarazza la sinistra

Claudio Cerasa

Essere ecologisti dogmatici (l’auto elettrica a tutti i costi) e tutelare i lavoratori oggi è una contraddizione in termini. Cercasi leader capace di riconoscere che la transizione non può essere ideologica. Lo sciopero in America e il caso Stellantis-Gedi  

Ambientalismo, sinistra, operai, industrie, grandi brand, gruppi editoriali e paradossi: ma quand’è che diremo le cose come stanno? In Italia, negli ultimi tempi, lo avrete visto, si parla molto degli scioperi che da mesi vi sono in America attorno al mondo del cinema, dove gli attori e gli sceneggiatori, recitando la parte dei soggetti protagonisti di una nuova lotta di classe, chiedono di essere più tutelati. Si parla poco però, forse non casualmente, di un altro sciopero ben più robusto, che è quello che portano avanti da settimane i lavoratori dell’industria automobilistica americana. E la ragione per cui la stampa progressista dedica poco spazio a uno sciopero storico, sciopero che va avanti dal 15 settembre e che è coordinato dalla United auto workers (Uaw), è legata a una forma di imbarazzo niente male. Il primo imbarazzo lo si intuisce facilmente leggendo quali sono le così dette “big three” dell’industria automobilistica maggiormente colpite dagli strike: Ford, General Motors (Gm) e Stellantis. E non sfuggirà che il presidente di Stellantis, John Elkann, è anche editore di alcuni giornali in Italia

 

La seconda ragione è che le motivazioni dello sciopero sono anch’esse particolarmente imbarazzanti e sono ragioni che illuminano clamorosamente un paradosso di cui la sinistra prima o poi dovrà rendersi conto, non solo in Italia. E il paradosso è questo: ciò che l’internazionale progressista ha fatto diventare un totem, un dogma, si tra trasformando in un incubo assoluto per quell’elettorato che la sinistra mondiale vorrebbe rappresentare attraverso la promozione incondizionata di quel dogma. Nel caso specifico, l’elemento di imbarazzo vero, reale, riguarda il futuro dei motori endotermici e lo sciopero dei lavoratori americani in fondo ha come obiettivo proprio le auto elettriche. Il sindacato americano, storicamente, è scettico nei confronti della transizione veloce all’elettrico, dal momento che per costruire un veicolo elettrico a zero emissioni di carbonio sono necessari molti meno lavoratori rispetto a un’auto tradizionale, con motore a combustione interna.

 

Il presidente americano Joe Biden, che ha fatto dell’agenda green uno degli elementi maggiormente identitari della sua presidenza, ha cercato di rassicurare gli operai americani schierandosi dalla loro parte, mostrando sensibilità ma senza rendersi conto che voler combattere la “minaccia esistenziale” del cambiamento climatico con misure strong e, al contempo, voler migliorare le condizioni dei lavoratori che producono tecnologie pulite, come ha detto Biden, è una contraddizione in termini. Perché più le auto elettriche saranno incentivate e meno posti di lavoro vi saranno per gli operai che operano nel settore. Non si tratta di essere luddisti, di non avere fiducia nell’innovazione, di non considerare la distruzione creatrice come un’opportunità di crescita. Ma si tratta di essere realisti e capire che sottoporre le industrie dei paesi che inquinano sempre meno a sforzi titanici nella transizione significa voler mettere la difesa di un’ideologia su un piedistallo più alto rispetto alla difesa del tessuto industriale di un paese. In questo senso, essere sostenitori di un ambientalismo dogmatico ed essere sostenitori dei diritti dei lavoratori è diventato anch’esso un ossimoro clamoroso. E, nell’attesa che lo capiscano anche i gruppi editoriali più legati alla sinistra, deve essersene accorto certamente Joe Biden.

 

Il presidente americano la scorsa settimana è andato in Michigan (uno stato che Biden vorrebbe conquistare nel 2024 per non avere sorprese contro Trump) a dare il suo sostegno ai lavoratori in sciopero della Uaw (e non era mai successo che un presidente americano prendesse parte a un picchetto). E in quell’occasione, pur avendo trovato un modo per rendere più morbide le proteste (Biden ha offerto aumenti dei salari, ma i sindacati chiedono un aumento salariale mostruoso, pari al 40 per cento degli stipendi attuali), Biden si è accorto che le parole dei sindacati erano le stesse utilizzate da Donald Trump, anche lui in campagna elettorale tra gli operai del Michigan. La questione è dunque evidente ed è una questione che riguarda la sinistra del futuro. Chi sarà, a sinistra, il primo grande leader a riconoscere che la transizione non può essere ideologica? Chi sarà, a sinistra, il primo grande leader a riconoscere che la vera spinta all’elettrico dovrà arrivare non a colpi di incentivi di stato ma a colpi di innovazioni tecnologiche che dovranno rendere l’uso dell’elettrico non più giusto ma più conveniente per i cittadini?

 

E chi sarà il primo grande leader, a sinistra, a riconoscere che fino a quando i paesi più industrializzati non avranno a disposizione materie rare senza essere dipendenti da stati canaglia buona parte della transizione ecologica rischia di essere controproducente per gli interessi nazionali? Gli scioperi in America hanno messo di fronte alla sinistra mondiale un paradosso mica da poco. Essere ambientalisti dogmatici ed essere a difesa dei lavoratori oggi è un ossimoro, una contraddizione in termini. Non diremo come sintetizzerebbe il problema Stefano Ricucci, ma ci limiteremo a dire che una sinistra che non sa come difendere i lavoratori è una sinistra che ha scelto di regalare alla destra anche le battaglie di sinistra. Chissà se i giornali del presidente Elkann ci faranno caso.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.