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l'accordo

Euro 7 sarà come Euro 6, e il Green deal evapora lentamente

David Carretta

L'intesa raggiunta a Bruxelles svuota la proposta della Commissione sulla riduzione delle emissioni, ma è solo l’ultimo esempio di retromarcia rispetto all’ambizione iniziale delle politiche ambientali europee. Tra i paesi che hanno spinto per il compromesso c'è anche l'Italia

Bruxelles. In una nuova dimostrazione di quanto la voglia di Green deal stia evaporando all’interno dell’Unione europea, i governi dei ventisette stati membri hanno di fatto affossato il regolamento Euro 7, che dovrebbe imporre un nuovo taglio delle emissioni per gli autoveicoli leggeri e pesanti, prima del balzo obbligatorio verso l’elettrico nel 2035. Al Consiglio competitività è stata raggiunta un’intesa tra i ministri sulla posizione in vista dei negoziati con il Parlamento europeo. Ma di fronte all’opposizione di Francia, Italia, Repubblica ceca e altri cinque stati membri la proposta originaria della Commissione è stata praticamente svuotata. Per le emissioni di particolato da motori a combustione di veicoli leggeri, il testo adottato prevede gli stessi valori stabiliti nel regolamento Euro 6. Lo stesso vale per i test di omologazione. Solo per i veicoli pesanti Euro 7 prevede limiti sulle emissioni di poco inferiori a quelli contenuti nel regolamento Euro 6, ma che si applicheranno almeno due anni dopo la data inizialmente prevista del 2025. La presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue ha giustificato la scelta di fare di Euro 7 la fotocopia di Euro 6 con la necessità di trovare “un equilibrio tra requisiti rigorosi” per le ridurre le emissioni e gli “investimenti aggiuntivi” che l’industria dell’auto deve realizzare per lanciarsi nella produzione di massa dell’auto elettrica. L’approccio scelto dai governi è “meno ambizioso” di quello della Commissione, ha dovuto riconoscere il commissario all’Industria, Thierry Breton. Acea, l’associazione che riunisce i costruttori europei di auto, ha salutato l’intesa al Consiglio come un “passo nella giusta direzione”. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, vede già “un vero ribaltamento delle forze in campo, che cambia la maggioranza nell’Ue” e fa prevalere “la ragione sull’ideologia”. 

In realtà, non tutto Euro 7 è stato smantellato dai governi dei ventisette. Il regolamento fissa limiti per le emissioni diverse da quelle di scarico, come il particolato emesso da freni e pneumatici. Con Euro 7 i veicoli dovranno avere a bordo strumenti di monitoraggio delle emissioni. Inoltre, guardando al futuro post 2035, il regolamento introduce prescrizioni di prestazioni minime per la durabilità della batteria nelle auto elettriche e impone prescrizioni più rigorose per la durata di vita dei veicoli. I negoziati tra il Consiglio e il Parlamento europeo potrebbero resuscitare una versione più stringente di Euro 7. Diversi stati membri, pur sostenendo il compromesso della presidenza spagnola, hanno sottolineato che avrebbero voluto un testo più ambizioso. Ma il colpo alla strategia della Commissione nell’ambito del Green deal per migliorare la qualità dell’aria e ridurre l’inquinamento è evidente. Quando aveva presentato la sua proposta, Breton aveva assicurato che, grazie a Euro 7, nel 2035 “le emissioni di Nox dei veicoli leggersi” sarebbero state “il 35 per cento più basse” rispetto a quanto previsto con Euro 6. L’intesa azzera i progressi sui Nox. Ma “dovevamo trovare un compromesso per tenere conto della situazione dell’industria”, ha spiegato il ministro spagnolo, Pascual Navarro Rios.

Euro 7 è solo l’ultimo esempio di retromarcia rispetto all’ambizione iniziale del Green deal, lanciato da Ursula von der Leyen nel 2019. La stessa presidente della Commissione, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione davanti al Parlamento europeo, ha annunciato una “nuova fase” del Green deal, incentrata sul dialogo con l’industria e gli agricoltori, che suona come una “pausa”. A luglio il Parlamento europeo ha approvato un contestato regolamento sul ripristino della natura, ma grazie alla pressione della destra il provvedimento è stato svuotato delle misure più stringenti. Lunedì il presidente francese, Emmanuel Macron, ha fatto marcia indietro sullo stop della vendita di caldaie a gas che, secondo un altro provvedimento del Green deal già approvato dall’Ue, dovrebbe avvenire a partire entro il 2029. “Non vieteremo” l’installazione di nuove caldaie a gas “perché non si possono lasciare i nostri compatrioti, in particolare nelle zone più rurali, senza soluzione”, ha detto Macron. In Germania, dentro la coalizione di Olaf Scholz, cresce l’opposizione del partito liberale alla direttiva dell’Ue sull’efficienza energetica degli immobili (le cosiddette “case green”). La scorsa settimana il Bundestag ha approvato una versione annacquata della nuova legge sull’efficienza energetica, con obiettivi non vincolanti per le imprese.

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