Il caso

Meloni e la manovra: "Eredito la gestione allegra di Conte". E a Salvini: "No a inseguire il consenso"

Simone Canettieri

L'intervento della premier durante il Consiglio dei ministri. L'avviso agli alleati: "In vista di una finanziaria difficile dovremo fare delle scelte". L'asse con il ministro Giorgetti

"Ognuno di noi vorrebbe mettere in atto tutto quello che ha in mente di fare per l’Italia, ma governare vuol dire fare delle scelte e darsi priorità". Giorgia Meloni durante il Consiglio dei ministri che vara la Nadef manda un messaggio chiaro agli alleati. Il primo è Matteo Salvini che tra Ponte sullo stretto e condoni vorrebbe piantare più bandierine possibili sulla manovra. La versione della premier però lascia poco spazio ai sogni del vicepremier leghista. In questa sfida per una legge di bilancio che si muove in un "quadro difficile" ecco spuntare l'asse fra Meloni e Giancarlo Giorgetti, vicesegretario leghista ma soprattutto ministro dell'Economia.

Il bagno di realismo passa da via XX Settembre. "I nostri margini sono ristretti ma dobbiamo saper dimostrare di essere, ancora una volta, una Nazione credibile e solida, facendo scelte serie e di buon senso. Scelte diverse da quelle che abbiamo visto in passato. Dobbiamo concentrare le risorse sulle misure che garantiscono un moltiplicatore maggiore di crescita e che incarnano di più la nostra visione del mondo: investimenti e infrastrutture, anche attraverso la leva del Pnrr, aumento dei redditi e delle pensioni più basse, sostegno alla natalità e alla famiglia, rafforzamento della sanità e rinnovo dei contratti del pubblico impiego".

Meloni nel cercare di mettere le mani avanti indica anche il responsabile dei conti allegri che avrebbe trovato. E cita soprattutto "l'eredità di Giuseppe Conte". E quindi del superbonus.  Ma al di là delle accuse al passato le parole della premier sembrano guardare alla sua maggioranza alle prese con la prima vera legge di bilancio da quando governa, ma soprattutto con le europee sullo sfondo. Ecco la stoccata: "Il nostro scopo non deve essere quello di inseguire il consenso, ma raggiungere risultati concreti, facendo ciò che è utile e giusto e cadenzando i provvedimenti nell’arco della legislatura"

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.