(foto EPA)

La grande fuga

In Veneto la Lega perde pezzi e Tosi li raccoglie. “Lo Zaia IV non si farà”

Francesco Gottardi

Mentre Salvini da Pontida straparla di iscritti in aumento, i militanti gli scappano sotto il naso. “Premiata la nostra coerenza”, spiega il nuovo coordinatore regionale di Forza Italia che arruola i vecchi compagni. E il meloniano De Carlo gli fa eco: “Sì allo sblocco dei mandati, ma non è una priorità del governo”. Fine di un monopolio?

Salire sul carro, saltar via dal Carroccio. Il mantra di Salvini, a Pontida, è che “nella Lega tutto va bene, alla faccia dei gufi”. La realtà dei fatti, in Veneto, è che “il fu partito del 50 per cento – parola degli alleati – sta perdendo pezzi”. E pregiati, anche. Prima in direzione FdI. Ora verso Forza Italia, in modalità avanti popolo. “D’altronde”, gongola Flavio Tosi, deputato e ultimo delfino designato dal Cav. in regione, “la casa del centrodestra una volta era qui”. E oggi fa le prove per il gran ritorno. Testa a testa coi meloniani. Le europee alle porte, la gran successione nel mirino: tra due anni scadrà il tempo di Luca Zaia. Lui, l’aveva ribadito al Foglio, continua a confidare nello sblocco dei mandati. Cosa che gli augurano tutti. “Sarebbe stupido rinunciare a un profilo di così largo consenso”, riconosce Tosi. “Nessuna norma giuridica deve impedire di correre alle elezioni”, gli fa eco Luca De Carlo, senatore e coordinatore regionale di FdI. Ma c’è un però. “Diciamo che non è un tema prioritario nell’agenda di governo”. Traduce il collega da Montecitorio. “Vista l’aria che tira a Roma, lo sblocco non si farà. Per nessun governatore”.

E allora? “In quel caso, ognuno dirà la sua. Poi la coalizione riunita valuterà con maturità la scelta del candidato: la partita è aperta. Che vinca il migliore”. E che perda la Lega, dunque. Perché senza Zaia, che fa reparto da solo – e cioè ingombra, si vocifera attorno a Meloni –, il Carroccio è nudo. Perché tramutarsi da aspirapolvere in colabrodo, nel giro di quattro anni, è un suicidio politico da antologia. Tosi e De Carlo non infieriscono, anzi. “Il vero avversario rimane la sinistra, una sana competizione interna è normale, la cosa pubblica è fatta a cicli”. Bonjour diplomatie.

 

Salvini invece sragiona, raccontando di una cuccagna “dove i nostri iscritti in Veneto superano di gran lunga quelli dell’anno scorso”. E pazienza per le purghe, le lotte intestine, la nuova e fedelissima segreteria Stefani che per la vecchia guardia – quella che porta voti – ha avuto l’effetto del liberi tutti. L’ultimo mese è stato uno schiaffo dopo l’altro: via Boron, Vallardi, Forcolin, Luciani, Da Villa. Tutti consiglieri regionali, ex parlamentari, esperti amministratori locali. Tutti dalla Lega a Forza Italia. Non erano stati loro a dire goodbye Bossi, ma chi domenica è salito sul palco di Pontida. E infatti se ne son ben guardati – “meglio star sul prato coi militanti” – gli assessori Caner, Marcato e Bottacin: le quote verdi della giunta Zaia, pure in bilico verso Tosi. Che a sua volta fu espulso da Via Bellerio in tempi non sospetti. Gli davano del traditore, lo riscoprono pioniere. Ora si limita ad aprire la porta. “Percepisco una presa di coscienza” dice, “nei confronti dell’unico partito sempre coerente e liberale. Il leone di San Marco può convivere col tricolore forzista: oggi noi ci stiamo radicando sul territorio, gli altri fanno un percorso inverso. Romanocentrico”.

Eppure il centralismo non tarpa le ali a FdI. “Se saremo chiamati a governare la nostra prima regione al nord” promette De Carlo, “dovremo farci trovare pronti con una classe dirigente territoriale. La stagione dei congressi è alle porte, le europee ci danno l’occasione di far drizzare la barra a Bruxelles e tutelare le Pmi fulcro di queste terre. Ecco cosa interessa alla gente”. Tosi intercetta il resto. “Forza Italia mi ha accolto un anno fa, voglio ripagare il mio debito. Cosa mi chiese Berlusconi? Di essere presente con un circolo in ogni comune del Veneto. Un’impresa ardua, come piacevano a lui”. E già a buon punto. “No: siamo appena all’inizio. Non posso fare nomi, ma presto arriveranno altri rinforzi. Dalla Lega e non solo”. Bacioni a chi se ne va, insiste Salvini. A furia di salutare gli verranno i crampi alle mani.

Di più su questi argomenti: