L'editoriale dell'elefantino

Schlein, De Luca e il peso necessario dell'essere in politica

Giuliano Ferrara

Vaga, reticente, adolescenziale, sarà lei a giudicare del terzo mandato del governatore della Campania. Ma alla fine può darsi che sia il vecchio capo nazionalpopolare, tosto e solido, a pesare sui destini di quel che resta della sinistra italiana

Elly Schlein è vaga, reticente, adolescenziale, sembra uscita dalla foto di gruppo di una scolaresca, e parla una lingua da ginnasiale di un liceo bene di città, il suo gergo dei diritti e del sociale è imparaticcio, si mescola a termini gregari, formule lessicali ingarbugliate, non ha alcuna propensione a mostrarsi adulta, posto che lo sia, la sua è una leggerezza modaiola in cui la sinistra diventa un colore ben scelto, però non è affatto antipatica, ha un’aria fresca e figura benone anche nel confronto con le volpi rissose dei media che la incalzano, sebbene perda ai punti nella classifica tradizionale della performance politica, l’immagine in qualche senso passa. D’altra parte il suo peccato originale, ma anche la sua unica chance e forza, è di essere arrivata al vertice di un partito costituzionale erede di notevoli e solide tradizioni politiche eletta da un’assemblea di istituto festante in opposizione a un personale politico considerato vecchio e burocratico.

 

Inutile fare previsioni politologiche sulle elezioni europee, questo traguardo politico distante molti mesi che l’estate ciarliera del bla bla italiano ha anticipato in modo inverosimile. Può essere che attiri i disillusi del grigio lettismo, dei governi franceschiniani, delle logiche di apparato e di classe dirigente governativista, delle alleanze forzate. Può essere che questo generico spostamento a sinistra non compensi una perdita di peso, di chiarezza, di raccordo con le tendenze profonde del paese o addirittura della nazione, travolta dal successo delle destre della gavetta e del duro tirocinio, che hanno i loro problemi ma si prospettano senza alternative perché anche le loro risse ideologiche e posizionamenti elettorali alla fine sono percepite come convergenza di potere efficace. Si vedrà. 
Certo più di tanto a Schlein non si può chiedere.

 

E’ proprio fatta in quel modo, è la contraddizione patente di ogni serietà e analisi politica e sociale, la sua fuffaggine ha qualcosa di irrimediabile o irredimibile, il suo relativo successo è da botteghino ma è da dimostrare che la politica sia diventata un film o una pièce. Berlusconi, e nel genere horror anche Trump, sono stati e sono scrittori di romanzi popolari, che afferiscono come tipi culturali e politici all’anima di un paese, e su tempi lunghi, qui siamo nella stagionalità, nel film cosiddetto di genere.

Sarà la giovane star dell’armocromismo a giudicare del terzo mandato del governatore della Campania De Luca, pare, ma alla fine può essere che sia proprio un vecchio capo nazionalpopolare, e tosto e solido e espressivo, certo non grigio e burocratico, a scatenare la necessaria pesantezza dell’essere sull’arena della politica nazionale e sui destini di quel che resta della sinistra italiana. Sono ragionamenti vecchiotti, legati a un’esperienza desueta, i miei, ma a vedere come si dislocano le leadership ultravecchiotte della destra turbolenta e vincente, la competizione forse, dopo la sbornia a colori, si orienterà su quell’area tradizionale di pensiero forte e di pratica realista. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.