ritorno alle origini

“Colle Oppio? A noi!”. Riapre la storica sede della destra, palestra di Meloni

Simone Canettieri

La prima sezione italiana del Msi, poi garage politico del melonismo tornerà a nuova vita. Dopo l'intesa tra Fabio Rampelli e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il Comune concederà l’immobile a Fratelli d’Italia per una mostra permanente sugli esuli di Istria e Dalmazia

Roma. Colle Oppio riaprirà. La prima sezione italiana del Msi, poi garage politico del melonismo (“sì, è stata la nostra Silycon Valley”, dicono i nostalgici di quelle fatali mura) tornerà a nuova vita. Il nucleo romano di Fratelli d’Italia, anche se commissariato con simpatia dalla leader lo scorso gennaio, sta stringendo un accordo con il Campidoglio, proprietario di questi settanta metri interrati dalle parti del quartiere Esquilino (un salone, un ufficio, un altro salone e un piccolo bagnetto). La settimana scorsa si sono incontrati Fabio Rampelli e il sindaco Roberto Gualtieri per chiudere l’intesa. Da qualche settimana, il Comune ha dato ordine alla società in house Zètema di liberare il magazzino-icona della destra romana, sopravvissuta a un attentato esplosivo  negli anni ‘90, ma non all’antipolitica dei grillini.

Fu la sindaca del M5s Virginia Raggi a decidere lo sfratto nel 2017. Una cacciata bipartisan perché in contemporanea con quello della storica sede del Pci-Pds-Ds-Pd di via dei Giubbonari. Un po’ per canoni di locazione mai adeguati e un po’ per morosità, anche se i debiti vennero saldati da Fratelli d’Italia. Sta di fatto che Raggi, una volta liberata, decise di adibire la sezione  a rimessa  per gli scavi archeologici d’accordo con la sovrintendenza capitolina. La trattativa intavolata da un anno adesso sta portando i frutti desiderati: il Comune concederà l’immobile a Fratelli d’Italia per una mostra permanente sugli esuli di Istria e Dalmazia (nome originario della sede del Msi) che usarono questa piccola grotta come rifugio notturno e punto di ritrovo. A Colle Oppio è nato tutto: la destra diversa dell’architetto-gabbiano Rampelli, gli scontri per l’elezione del segretario del Fronte della gioventù, l’ossessione per Tolkien (con il rito del richiamo del corno  per salutare il solstizio d’estate), le presentazioni dei libri (come l’immortale biografia di Putin scritta da Gennaro Sangiuliano), le discussioni sulla cultura e la tv (ecco Giampaolo Rossi), i nomi degli scrittori avventurieri sulle pareti (Evola, Papini, Degrelle).  E’ stato il laboratorio di Giorgia Meloni da cui poi si è emancipata. Chissà se la premier andrà alla mostra di riapertura. Intanto, la notizia c’è tutta.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.