(foto Ansa)

l'intervista

Pera e le riforme: "Tutto congelato. Più che il semipresidenzialismo ora c'è un semifreddo"

Simone Canettieri

L'ex presidente del Senato la prende con filosofia: "Il mio non è pessimismo ma realismo. Non se ne riparlerà a settembre perché saremo in sessione di Bilancio. Poi le Europee. Quindi..."

“Ma quale riforme? Non credo proprio che si faranno ora. Aspetta e spera”. Marcello Pera per deformazione professionale la prende con filosofia. L’ex presidente del Senato, ora tra i banchi di Palazzo Madama per volontà di Giorgia Meloni, da fervente popperiano non vede alcuna teoria cospirativa. “Non se ne riparlerà a settembre perché poi si entrerà nella sessione di bilancio e quindi se ne riparlerà nel 2024, ma prima ci saranno le europee. Dunque...”. Insomma Pera, il semipresidenzialismo meloniano può aspettare? “Al massimo vedo un semifreddo per adesso, nel senso del dolce”.

 

Pera è stato ed è tante cose. Da maledetto toscano, è di Lucca, vede il bello davanti a sé, ma legge anche i fatti per come sono. E dunque la riforma dell’architettura costituzionale, che la premier ha rilanciato subito dopo le elezioni in Spagna, per il momento è destinata, secondo lui, a uno spazioso e comodo congelatore. Anche perché è legata all’Autonomia cara alla Lega: due leggi, seppur con iter diverso, destinate a marciare insieme, e quindi a rallentarsi a vicenda a seconda degli umori e degli equilibri della maggioranza. “Il mio non è pessimismo, ma realismo”, dice ancora il senatore. Non è un mistero che Pera ambisse alla presidenza della Bicamerale sulle riforme: forse gli era stata addirittura promessa al momento della candidatura.

Peccato che la leader di Fratelli d’Italia non voglia battere questa strada. La storia insegna: grandi crostate per sancire patti, ma poi alla fine un bel pugno di mosche come risultati. Pera fa vita autonoma rispetto alla compagnia di FdI, sussurano nei corridoi.  Spesso è avvistato nell’amata biblioteca del Senato di cui presiede, questa sì, la commissione che comprende anche quella dell’Archivio storico. Simpatico e cordiale, viene da chiedergli cosa ne pensa della gestione “Ignazio La Russa” dentro e fuori dall’Aula. Egli potrebbe parlarne, visto il curriculum. Ma subito si ferma e sorride: “Di queste cose qui non parlo, magari fuori, in un bar, davanti a un semifreddo”.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.