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l'editoriale del direttore

Il flop di Vox fa bene a Giorgia Meloni

Claudio Cerasa

Non si può governare flirtando con gli estremismi. Vale in Spagna, vale in Europa. Il disastro dei sovranisti spagnoli è un guaio per la premier di lotta ma un’opportunità per quella di governo. Tema: ricalibrare l’asse e sbarazzarsi di altri fantasmi

Ci sono amici che perde perché lo decide lei e ci sono amici che perde invece perché lo decidono gli elettori. La clamorosa sconfitta di Vox alle elezioni spagnole – yo soy partido, yo soy populista, yo soy de derecha, yo soy una sola – al contrario di quanto si potrebbe credere è un’ottima notizia per Giorgia Meloni. La premier italiana, come è noto, aveva puntato forte sul gemellaggio con gli amici estremisti di Vox. Lo ha fatto in passato, partecipando in presenza alle convention di Vox, e lo ha fatto recentemente, partecipando anche, in collegamento, con un video a sorpresa, a una delle ultime manifestazioni elettorali organizzate da Santiago Abascal. “E’ arrivato il tempo dei patrioti: mi auguro che Vox abbia un ruolo importante nel prossimo governo”, ha detto Meloni lo scorso 13 luglio. Le cose sono andate come sapete. Vox ha perso circa 600 mila voti e la bellezza di 19 deputati rispetto alle politiche del 2019. E la possibilità concreta che il Partito popolare spagnolo, guidato da Alberto Nuñez Feijóo, potesse arrivare al potere, a braccetto con gli estremisti di Vox, ha motivato gli elettori del Partito socialista, permettendo a Pedro Sánchez una rimonta niente male (secondo quasi tutti i sondaggi diffusi prima delle elezioni, il Pp avrebbe dovuto vincere agevolmente le elezioni, insieme con Vox). Il disastro ottenuto dai Fratelli di Spagna rappresenta una pessima notizia per la Meloni di lotta (yo soy Giorgia, soy una mujer) ma rappresenta invece un’ottima notizia per la Meloni di governo (yo soy Meloni, soy una premier). La lezione spagnola è ovvia. Allearsi con i partiti estremisti, in Europa, spaventa gli elettori, non porta voti e allontana dal governo. E i partiti che vogliono esercitare con forza le proprie prerogative di governo saranno sempre più obbligati a lasciarsi alle spalle gli estremismi. In questi primi nove mesi di governo, Meloni ha cercato di spingere il proprio partito su una traiettoria meno populista e più moderata anche provando a rinchiudere nell’armadio alcuni scheletri del suo passato.

Nel farlo, Meloni ha stoppato triangolazioni (con la Francia di Le Pen), ha marcato distanze (con l’Ungheria di Orbán), ha tradito amicizie (con il premier polacco Morawiecki, sui migranti), ha rimosso affinità (con l’America di Trump), ha troncato relazioni (con il Brasile di Bolsonaro), ha chiuso rapporti (con l’Inghilterra di Liz Truss), ha allentato alleanze (con la Finlandia dei Veri finlandesi) e nel libro nero dei peccati della premier la storia d’amore con Vox era certamente una di quelle più pesanti. Se usata in modo intelligente, dunque, la marginalizzazione di Vox può togliere a Meloni un imbarazzo ulteriore rispetto alla sua inevitabile traiettoria futura. Sia in vista della partita delle europee (la destra meno estremista che si allea con la destra estremista è una destra che semplicemente sceglie di non governare: meglio dunque Ursula von der Leyen di Santiago Abascal). Sia in vista della partita di governo (la destra di governo che insegue la politica degli estremisti è una destra che semplicemente sceglie di non governare: meglio dunque andare d’accordo con Macron che farsi dettare l’agenda dagli amici dell’AfD. Il complicato percorso seguito in questi mesi dalla Meloni di governo per dissociarsi dalla Giorgia di opposizione è un percorso fatto di piccole rimozioni, incredibili contraddizioni e formidabili incoerenze.

All’interno di questo percorso, finora, i fallimenti dei modelli che Meloni avrebbe potuto ricopiare hanno svolto un ruolo importante, nel processo di riposizionamento meloniano, “non vorrete mica che segua quelli che hanno perso”, e hanno permesso alla premier italiana di cercare una via nuova da seguire, diversa da quelle disastrose imboccate dai suoi vecchi estremisti di riferimento. Il percorso è complicato, arduo, difficile da governare ma la lenta rimozione degli estremismi dal cuore pulsante dell’Europa è lì a ricordarci due verità. Rincorrere i populisti non è solo sbagliato ma non porta consensi e per poter governare l’Italia e avere un ruolo in Europa avvicinarsi ai partiti più europeisti resta l’unica alternativa possibile. Allontanarsi dai vecchi amici e avvicinarsi ai vecchi nemici. Il flop di Vox è un problema per la Meloni d’opposizione ma è una grande opportunità per la Meloni di governo. Farsi scappare questa chance significherebbe portare il proprio partito a seguire un’agenda fallimentare: yo soy populista, yo soy de derecha, yo soy una sola. Viva la Spagna.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.