Viale Mazzini

Petrecca, il direttore "celtico" di Meloni

Carmelo Caruso

Direttore di Rai news grazie alla sinistra, danneggia la destra e la premier a colpi di tifo. Ha perso il controllo della redazione, parla di giornalisti "pennivendoli". È il “meloniano zero”

Parla peggio di come dirige Rai news. I giornalisti ostili sono “pennivendoli”, le polemiche “strumentali”, il pensiero di sinistra è sempre “dominante”. Paolo Petrecca si è fermato agli anni ‘70. E’ il direttore celtico FdI, ed è stato nominato dall’ex ad Rai, Carlo Fuortes. E’ un caso scuola: Petrecca è la destra che il vecchio blocco di sinistra Rai ha pensato di intortare: “Lo conosciamo”.  Chiamarlo censore, come in questi giorni, lo nobilita perfino.


Se non si fosse presentato in commissione di Vigilanza Rai, brandendo articoli, e minacciato querele contro giornalisti, se non avesse fatto il “PataPetrecca”, andava perfino difeso. Petrecca dice una verità quando dichiara: “Credo che sia una prerogativa di un direttore decidere”. E lo è. Nessun quotidiano è un centro sociale di scrittura e nessuno giornale uscirebbe più in edicola se si divulgassero le comunicazioni tra colleghi. In Rai si vive purtroppo di estremi. Esiste il direttore che non vale nulla, che viene irriso (Bianca Berlinguer buttava giù il telefono al suo direttore di rete, Franco Di Mare) e c’è poi il PataPetrecca, il direttore che scambia Rai news per la sua rivista di riferimento, Cultura e Identità. Quando era utile a lui, Petrecca, era il perseguitato dalla storia, il minacciato fin dal liceo (“Sono cresciuto in scuole di sinistra. Venivo fermato solo perché dissentivo dalla maggioranza”) ora che è invece direttore, le sue intimazioni alla redazione sono solo prove di giornalismo pluralista, prerogative. Il guaio di Petrecca è che è modesto pure nell’arte della censura. Ci sono direttori capaci di censurare facendo sentire intelligente il censurato. La questione Petrecca è banale.

 

Petrecca ha perso il controllo della redazione, una redazione che dovrebbe essere la super redazione Rai; più di 200 giornalisti (Rai news 24, Televideo e il sito d’informazione Rai). Il giorno in cui Petrecca ha stabilito che la notizia su Filippo Facci non era una notizia, da quando ha sbianchettato con i suoi modi, spicci e rozzi, l’articolo di una sua redattrice, non ha fatto altro che sobillare una redazione che vive come Cenerentola in Rai: ascolti bassi, gratifiche professionali poche. Circolano ormai audio interni di Rai news come fossero i video di You Tube, pacchi di insulti tra colleghi, e c’è chi adesso si ricorda tutti i vecchi torti. C’è il caso del vicedirettore, Diego Antonelli, che pochi mesi fa, per errore, durante una riunione, ha postato, sulla schermata comune, uno scambio di messaggi privato, con una collega, dove si parlava male, a sua volta, di una terza. Accade che la terza vede la frase e manda la mail all’ufficio del personale. Scatta il procedimento. Antonelli viene sospeso per un giorno dallo stipendio e la redattrice offesa, per essere tutelata, spostata da Petrecca dalla redazione web a quella di società. In redazione si chiedono: è stata tutelata lei o Antonelli, il vicedirettore che ha dietro il sindacato Usigrai, oggi schierato contro Petrecca? Ecco. Questo è un altro episodio come ne accadano, e ne accadranno, in tanti altri giornali. Una redazione è come una cucina: volano piatti, ci si scotta, fino a quando, esasperato, qualcuno lascia i fornelli. Il più delle volte, passata la serata, ci si dimentica e si ritorna a sbucciare cipolle, impaginare articoli, come se non fosse accaduto nulla. Petrecca è un personaggio così minore che rischia di diventare metafora proprio per questa sua minorità.

 

E’ l’homo melonianus per eccellenza, la prova del tontolame che non permette alla premier, ancora, di fare il salto di qualità al governo. Inizia a lavorare, nel 1990, nelle radio, nelle televisioni private laziali (T9).  Entra in Rai nel 2001, lavora al Televideo, fa le notti al desk del politico, ma anche Tg2. La fortuna, nel 2021. FdI viene esclusa dal Cda Rai. A Meloni viene offerta la direzione di Rai news. Il nome della Meloni è quello di Nicola Rao, un giornalista di destra silenzioso. Sa di essere di destra ma non mette gli striscioni sul tram. Ha scritto dei libri che hanno nel titolo la parola “celtica”. Gli costeranno la direzione di Rai news. A Fuortes, tutto un blocco di Pd romano, e non era certo Elly Schlein, viene consigliato di non nominarlo. Il nome di Petrecca viene suggerito da Antonio Di Bella, ex direttore di Rai news, e da Stefano Marroni, portavoce di Fuortes, allora nella comunicazione dell’ad. Petrecca è il direttore “compensazione” di Meloni. E lo è in tutti i sensi. Meloni voleva Rao ma ha ottenuto Petrecca, ha dovuto fare eleggere, per gratitudine, Ignazio La Russa, presidente del Senato, e oggi ne deve prendere le distanze. Non è Petrecca che è cambiato. Lui è rimasto uguale, un giornalista di destra che vuole dare calci al mondo di sinistra, a cui deve dire grazie indirettamente. Andava alle serenate culturali della destra e ci va ancora per raccontare i suoi incubi da egemonizzato. Ora che a Meloni non è più utile come direttore compensazione, Petrecca cerca di compensare aggiungendo ancora più ideologia, come fanno gli innamorati inguaribili, quelli che dopo l’addio dicono: “Ma io ti amo, ti amo”. La stringe d’abbracci fino a soffocarla.  
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio