La figuraccia

Il pastrocchio del governo su Santanchè spiegato dai cinque deputati di destra che non sono caduti nell'imboscata

Su 277 presenti, in 257 hanno espresso sostegno all'ordine del giorno presentato dal Pd che impegna a sanzionare la società della ministra del Turismo. Il capogruppo FdI Foti prova a sminuire. In venti, tra i banchi della maggioranza, si erano accorti del pasticcio

Evidentemente accorgersi che si stava per combinare un pastrocchio non era così difficile. In venti, ad esempio, tra i banchi della maggioranza, se ne sono resi conto per tempo. In cinque hanno addirittura avuto la prontezza di votare contro il parere reso dallo stesso governo. E del resto, nel presentare l'ordine del giorno incriminato, quello che ha messo sulla graticola Daniela Santanchè e la sua Visibilia, lo stesso Arturo Scotto, deputato del Pd, aveva fugato ogni dubbio: “Se è chiaro a tutti cosa stiamo votando in questo momento – ha scandito – non appena le accuse dovessero corrispondere a verità, la ministra Santanchè dovrebbe dimettersi. Dunque ringrazio il governo per avere annunciato che la ministra Santanchè si dimetterà”. Più chiaro di così. Eppure.

  

Al momento del voto, su 277 presenti, in 257 hanno espresso sostegno all'odg. Proposta passata, imboscata riuscita.

 

E certo il giorno dopo Tommaso Foti, capogruppo di FdI a Montecitorio, prova a sminuire la portata dell'incidente. “Un ordine del giorno è come un cavalierato, non si nega a nessuno. Nella storia, un solo odg fu davvero importante: quello di Dino Grandi”. Era il 25 luglio del 1943: ma qui non siamo, pare evidente, nell'imminenza di un tracollo. Il nervosismo, invece, quello sì che c'è. Basta osservare la concitazione con cui Maria Teresa Bellucci, viceministra meloniana al Lavoro, si giustifica con fare concitato davanti ai suoi colleghi: “Me ne sono arrivati centinaia, di ordini del giorno, è stato un atto sleale delle opposizioni”, dice. A fornire parere favorevole a nome del governo è stata lei. Lo aveva ricevuto, quell'odg, da Chiara Gribaudo, vicepresidente dem.

    

Nessun imbroglio, nessuna furbizia. “È che, presa dall'ansia di smistare quella mole enorme di atti, Maria Teresa ha letto solo il dispositivo, e non le premesse”, la giustificano i colleghi. Le premesse, appunto, quelle che citano esplicitamente la società "Visibilia Editore, a suo tempo controllata con il 48,6 per cento delle azioni dalla senatrice" Santanchè.

  

Non tutti, però, hanno sbandato. Cristina Almici e Fabrizio Comba, di FdI, hanno votato contro. E come loro, pure i forzisti Mauro D'Attis, Paolo Russo e Flavio Tosi. Altri 15 hanno preferito la via dell'astensione: Bicchielli, Cavo, Pisano, Semenzato e Tirelli di Noi Moderati, la leghista Comaroli, i meloniani Ambrosi, Cangiano, Ciocchetti, Lampis, Longi, Marchetto, Rotondi, Vietri e Vinci.

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