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Media e politica

Rai 2030, Google vuole pesarsi con Auditel. E' l'incubo delle tv tradizionali

Carmelo Caruso

Dopo il canone incerto, altra minaccia per il futuro Rai. Il colosso del web vuole misurare i suoi video e punta a togliere pubblicità. Questa ulteriore minaccia salda l'asse Meloni-Berlusconi

Roma. Se la Rai dovesse spegnersi, chi piangerebbe la sua scomparsa? Senza canone è finita, ma senza canone e senza pubblicità la sua chiusura è accelerata. La gaffe del Tg1 e gli addii di Fazio, Annunziata e Gramellini sono  problemi editoriali. Sono problemi notevoli, ma  meno rilevanti rispetto a quanto si racconta. La Rai è minacciata. E’ una minaccia bianca. E’ la minaccia del progresso e della concorrenza. La Rai, e Mediaset e La7, in gergo, sono definiti broadcaster tradizionali. Sono televisioni che hanno la possibilità di misurare i loro programmi in termini di ascolti. Cosa si diceva quando Fazio veniva attaccato per i costi delle sue puntate? Si rispondeva, a ragione, che Fazio ripagava i costi e che faceva guadagnare l’azienda grazie ai suoi  ascolti. Ineccepibile. Fazio, Annunziata e perfino Sanremo, il programma più visto della Rai, sono briciole se confrontati ai video di YouTube. Cosa accadrebbe se una piattaforma digitale come Google TV, la piattaforma dove con un clic si passa dal Tgr Rai a Netflix, Amazon Prime, fino a YouTube, chiedesse di misurare la fruizione? Cosa accadrebbe se i canali degli youtuber venissero misurati con le stesse metriche delle televisioni? Google ora lo pretende ufficialmente. Il 24 maggio, presso la Stampa estera, è stato organizzato da Elisa Giomi, commissario Agcom, un convegno a cui ha preso parte, tra gli altri, Diego Ciulli, capo delle relazioni istituzionali di Google Italia. In quella sede Google ha dichiarato di volersi “pesare” come si pesa Rai 3 o Rete 4.


La Rai è pronta? Accogliendo il suggerimento del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari (“cercate le notizie vere”), sarebbe interessante comprendere quanto si elenca. Primo. Il governo, che è azionista della Rai attraverso il Mef, è consapevole che la tv di stato potrebbe essere sfidata da colossi come Google? Secondo. Il governo ha intenzione di duellare con la modernità televisiva come ha fatto con le concessioni balneari? Terzo. Il governo intende chiudere gli occhi di fronte alla richiesta di concorrenza di società che hanno ormai la stessa forza degli stati nazione? Quarto. Il governo sa che il suo ministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso, membro di FdI, in quel convegno del 24 maggio ha di fatto riconosciuto che il sistema di misurazione dell’Auditel è “opaco”? Cosa ne pensa Giorgia Meloni? Cosa ne pensa lei che ha stretto un patto di ferro con Forza Italia di Silvio Berlusconi, proprietario di Mediaset, tanto da averne piegato la linea politica? Forza Italia è oggi il partito più leale a Meloni dopo mesi di scontro diretto. Secondo quanto confidato dagli stessi parlamentari di Forza Italia, la svolta si giustifica con la necessità di tutelare il patrimonio e l’azienda della famiglia Berlusconi. Quanto richiesto da Google provocherebbe una perdita economica per la Rai, ma sarebbe fatale per Mediaset che vive esclusivamente di pubblicità. Il capo delle relazioni esterne di Google, proprietaria di YouTube, in un suo post LinkedIn, ha annunciato che “gli youtuber sono lavoratori che guadagnano grazie alla pubblicità che YouTube mette sui loro contenuti e che il Senato sta facendo un’indagine sui compensi degli streamer. YouTube è pronta a farsi misurare come e insieme alle tv”.

 

Lo ha ripetuto il 30 maggio, in sede istituzionale, presso la commissione Cultura del Senato. La Rai ha finora potuto contare sul sostegno pubblico. Il canone Rai è una voce inserita nelle bollette elettriche. Il ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, ha già fatto sapere che il sistema va rivisto, tanto che la commissione di Vigilanza Rai vuole audirlo. Vuole capire le reali intenzioni del Mef sulla Rai. La Lega non ha mai nascosto quale sia la sua idea. Malgrado stia occupando caselle, programmi e direzioni, il segretario, Matteo Salvini, ha promesso ai suoi elettori che si deve arrivare al superamento del canone. Il suo vicesegretario, Andrea Crippa, in un’intervista al Foglio, era dell’opinione che la Rai andasse messa sul mercato. Il 25 maggio, il Sole 24 Ore ha pubblicato un’analisi accurata a firma di Andrea Biondi. In quell’analisi si parlava dell’ascolto “non riconosciuto” (quello che Google chiede venga misurato). E’ un ascolto che vale in prime time più di quattro milioni di spettatori. Il tema che riguarda le nuove piattaforme è un tema che il dg della Rai, Giampaolo Rossi, ha sempre citato come vera grande sfida. Il racconto Rai è stato finora dominato dal “colore”, e si intende l’ironia. L’ironia sta diventando, e purtroppo, una chiave per aprire la serratura del governo, una finestra di libertà. Fazzolari, e lo si cita ancora, perché è la punta di questo esecutivo, la sua testa, ritiene che molti giornalisti siano “novellieri”. Ha ragione.

 

Se i giornalisti dovessero andare davvero in profondità, il governo dovrebbe spiegare, e nel merito, come mai la struttura nuova di Fitto non abbia ancora ricevuto il denaro da parte del Mef, dovrebbe spiegare per quale ragione i commissari Inps e Inail non sono stati nominati, dovrebbe spiegare come intenda, e se intenda, finanziare la Rai. La cessione delle torri Rai Way è stata sospesa ed è un’operazione che per il Mef è indispensabile, come altrettanto indispensabile sarà contenere i costi. La Rai è l’unica televisione che, per raccogliere una battuta di un ministro, stipendia, con appalti esterni, carovane di operatori. La stessa dichiarazione del ministro viene presa dal cronista del Tg1, del Tg2 e del Tg3 che hanno, a loro volta, operatore 1, operatore 2 e operatore 3. In quale azienda privata sarebbe sostenibile questo modello economico? L’8 giugno la commissione di Vigilanza Rai audirà l’ad Sergio e il direttore generale Rossi. Chi si occupa di televisione, e di media, dice che quanto pretende Google abbia già fatto saltare sulla sedia i dirigenti di Mediaset ed è probabile che difficilmente si arriverà a misurare questi contenuti. E’ altamente probabile, così come è probabile che nei prossimi mesi comincerà una di quelle battaglie, in nome della concorrenza, che vedrà duellare governi, Autorità, Antitrust e Commissione europea. La Rai rischia di fare la fine delle auto diesel. Ci sarà ancora la Rai nel 2030?
 

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio