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Circondati

Il Pd ha un problema: gli amici della sinistra non così ostili a Meloni

Claudio Cerasa

Gli abbracci con il Papa. La mano di Biden. L’apprezzamento di alcuni dirigenti del Pd. Le continue tresche del M5s. Più Schlein accusa il governo di essere irresponsabile più le icone della sinistra dicono l’opposto. Indagine su un corto circuito

La sinistra italiana ha un problema: è circondata. Circondata da cosa? Da soggetti considerati da tempo patrimonio inalienabile della sinistra divenuti ora soggetti non ostili al nemico di turno. Di chi parliamo? Ma di lei ovviamente: di Giorgia Meloni. Il tema è ricorrente. Lo è ormai da tempo. Ed è un tema che riguarda un disallineamento evidente tra ciò che il centrosinistra, o meglio il Pd, dice di Giorgia Meloni e ciò che molti paladini delle battaglie progressiste, idolatrati dal Pd, fanno con Giorgia Meloni.

L’ultimo caso, in ordine di tempo, è stato un tweet di Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia, che venerdì scorso, creando svenimenti nel Pd, si è complimentato per quel che ha fatto il governo sul dossier Ita. “Sono testimone di vent’anni di tentativi di dare un futuro all’ex Alitalia. Degli ostacoli incontrati, e di chi ne è responsabile. Per questo plaudo all’intesa raggiunta. Non mancheranno discussioni in Italia e in Europa. Intanto lunga vita a Ita”. 
 

Prima del tweet di Gentiloni, il mondo progressista non può non essersi trovato disorientato quando uno degli amministratori più importanti del Pd, Stefano Bonaccini, ha riempito di complimenti Giorgia Meloni, per la sensibilità mostrata nei confronti delle tragedie successive alle alluvioni in Emilia-Romagna e chissà cosa dirà la segretaria del Pd, Elly Schlein, se Giorgia Meloni, sfidando il suo vice Matteo Salvini, nominerà davvero Stefano Bonaccini commissario per l’alluvione.

 

Due scene a loro modo evocative che si sommano ad altre dichiarazioni lasciate sul terreno di gioco negli ultimi mesi da alcuni importanti dirigenti del Pd. Enrico Letta, mesi fa, fece discutere dicendo che “Meloni non è fascista, è una persona certamente capace”. Paolo Gentiloni, ancora, prima di iniziare giustamente a borbottare sull’attuazione del Pnrr, mesi fa fece discutere anche lui quando disse, a tre mesi dalla nascita dell’esecutivo Meloni, che “il governo ha preso decisioni molto importanti e utili”. Stefano Bonaccini, già prima degli apprezzamenti rivolti alla premier dopo l’alluvione, disse che “Meloni non è fascista, è una persona certamente capace che ha sorpreso molti mostrando una vena pragmatica da quando è salita al potere”.

 

Eugenio Giani, mesi fa, è arrivato addirittura a sostenere che Matteo Salvini è un ministro con cui si lavora bene: “Ho grande rispetto perché io di lui in questi sei mesi condivido e apprezzo quella logica del fare, in cui io mi ritrovo”. Più Elly Schlein alza l’asticella dell’impresentabilità di Meloni – fassisti! – più intorno a Schlein aumentano le figure di centrosinistra che l’asticella tendono ad abbassarla.

Prendete per esempio Giuseppe Conte che nel giro di pochi mesi ha realizzato i seguenti colpi. Prima, il 25 aprile, ha elogiato Meloni per aver preso con chiarezza le distanze dal fascismo: “E’ apprezzabile lo sforzo, se il leader si esprime e cerca di fissare alcuni punti fermi va apprezzato perché è il leader che parla, poi non significa che riesca a portarsi tutti dietro”. Poi, proprio mentre il Pd denunciava Meloni per aver vergognosamente invaso la Rai (quando la Rai è occupata dalla sinistra, lo spoils system si chiama ricambio; quando la Rai è occupata dalla destra, lo spoils system si chiama occupazione), il M5s, scegliendo di astenersi in consiglio d’amministrazione della Rai, ha reso possibile la conferma del pacchetto di nomine dei direttori delle testate proposte dal governo.

 

E lo stesso intreccio si era verificato qualche giorno prima, quando il centrodestra, ad aprile, dopo aver votato alla presidenza della Vigilanza Rai un esponente del M5s (Floridi) e non uno del Pd, ha scelto di appoggiare il M5s premiando l’ex ministro Alfonso Bonafede come componente del consiglio della giustizia tributaria. Un approccio così collaborativo da parte del M5s da rendere credibile il pettegolezzo secondo il quale a ottobre fu proprio il M5s a salvare con i suoi voti la candidatura di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato (non a caso oggi il M5s, pur avendo meno parlamentari del Pd, alle Camere ha, tra vicepresidenze, questori e segretari d’Aula sette posti, contro i cinque del Pd).

 

Potrebbe bastare questo, a inquadrare il senso di assedio del Pd, ma accanto a queste immagini ce ne sono delle altre che non possono non essere aggiunte. Immagini come quelle, clamorose, diffuse la scorsa settimana dopo il G7 in Giappone, con la mano di Joe Biden stretta affettuosamente a quella di Giorgia Meloni, nelle stesse ore in cui l’Elly Schlein canadese, Justin Trudeau, accusava il governo italiano di ogni sconceria politica. Immagini come quelle, significative, diffuse qualche giorno prima dal Vaticano, con uno dei simboli del progressismo italiano, Papa Francesco, immortalato accanto a Giorgia Meloni, con uno sguardo complice, frutto non solo di una foto ben riuscita ma di un rapporto ormai consolidato, forse persino di una simpatia, che ha portato negli ultimi tempi Papa Francesco a essere, dinanzi al governo italiano, meno severo di quanto non lo sia stata la Cei. Si potrebbe dire lo stesso del rapporto costruito in questi mesi da Meloni con un altro faro del pensiero progressista,

Sergio Mattarella, che in sette mesi di governo ha trovato poche ragioni per criticare l’operato di Meloni, anche se le difficoltà mostrate dal governo sul Pnrr suggeriscono la presenza al Quirinale di un livello di guardia molto alto e di una certa apprensione per l’operato del governo. E si potrebbe dire lo stesso per quanto riguarda un altro soggetto individuato nel passato dalla sinistra come argine al populismo della destra, i mercati, che, con grande delusione dei progressisti, offrono invece da mesi segnali molto diversi da quelli auspicati dal mondo progressista, certificando la presenza di un governo tutto sommato affidabile.

 

Più Elly Schlein alza l’asticella dell’impresentabilità di Meloni – fassisti! – più intorno a Schlein aumentano le figure di centrosinistra che l’asticella tendono ad abbassarla. E chissà cosa penseranno i dirigenti del Pd più intransigenti con Meloni quando guardandosi attorno in Europa si renderanno conto che per cercare esponenti politici particolarmente tosti nei confronti di Meloni è necessario fare un salto dalle parti degli odiatissimi macroniani. La sinistra italiana è circondata da amici che con i fatti dimostrano ogni giorno che il governo che il Pd considera pericoloso, irresponsabile, estremista è un po’ meno pericoloso, irresponsabile ed estremista di come lo descrive il Pd. Coraggio: fra 332 giorni è di nuovo 25 aprile.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.